Ricordo un pomeriggio d’estate. Era l’estate del 2016 e io ero sdraiato sul lettino di una piscina in collina, nel mio paesino d’infanzia, con gli occhiali da sole a sonnecchiare. Al bar, molto vicino al lettino dove oziavo piacevolmente, un gruppo di ragazzini giocava a carte, Briscola o Pinnacolo,
suppongo, mentre si dilettava a mettere un po’ di musica dalle casse (nonostante la piscina mettesse musica di per sé, e questo contrasto fosse alquanto dissonante). A un tratto, parte un ritornello: “Stai cercando di fottere Tedua”. Io penso: ecco, ci risiamo. I soliti regazzini rincoglioniti
che ascoltano la trap. Tra l’altro Tedua manco va a tempo…(lo conoscevo di nome appunto perché in quel momento godeva della malevola fama del rapper fuori-tempo, e io, ai tempi fissato col rap classico, condannavo tale nomea). Poi però mi colpisce una frase: “Lei mi pensava, il cuore le
batteva”. Cacchio, interessante, penso. Allora non scrive solo cagate…
Questa è la breve storia di come io sia entrato nel mondo di Tedua, un mondo dal quale, dal momento in cui ci entri, rimani coinvolto, come se lo conoscessi da sempre. La passione, il cuore che avevo sentito in quella semplice barra sono la chiave del successo di Mario: non si può non volergli bene, perché non ha riserve, dona tutto sé stesso alla musica e ai suoi ascoltatori. La sua è una poetica tangibile, ad immagini: quando senti “Sul divano c’era spazio per non toccarci, ma volevamo toccarci”, la tua mente viene catapultata all’improvviso sul divanetto di una discoteca, abbracciato a una ragazza conosciuta 5 minuti prima e che probabilmente scorderai la mattina successiva. E neanche il tempo di finire la strofa che ti senti un randagio, ma tuttavia “non dimentichi la strada di casa”. Poi ti senti Superman e dici agli ostacoli della vita “Kryptonite nelle rime, o non mi sconfiggi”. Perché Tedua è così, quando l’ascolti non puoi fare a meno di sentire tuo quello che sta cantando, anche se magari sono esperienze che non hai mai vissuto; anche se non hai nemmeno mai fumato ti vedi “fuggire di corsa, di forza spingendo lo sbirro”.
Altro aspetto fondamentale della musica di Tedua tendente alla poesia, già accennato, è l’attaccamento ai luoghi che sono stati fondamentali per la sua crescita personale e artistica: come un moderno Ungaretti, Tedua non manca di citare spesso i “fiumi” che l’hanno formato, non smette mai di ringraziare
Cogoleto, Calvairate, QT8 né Cornigliano, né rinnega mai le sue origini, ritenendole tuttora fondamentali per la sua persona.
Se Marra avesse deciso di inserire Tedua nel suo album “Persona”, si sarebbe trovato di fronte a una scelta ardua: farlo cantare in “Madame” o in “G.O.A.T.”? Considerando l’anima e il cuore di Mario, l’unica soluzione, presumibilmente gradita a molti, sarebbe stata farlo partecipare a
entrambe.
Ed è così che le scale diventano un semaforo, darsi il braccio diventa incrociare gli sguardi, e la poesia moderna prende forma in Tedua.
Nessun commento!