Non è la battaglia il momento cruciale; è il lento accumularsi delle scelte che portano al primo sparo. La rivoluzione è guerra, sì, ma è anche una tempesta che nasce nelle anime prima di riversarsi nelle strade.
“È FINITA LA PACE” infatti presuppone l’inizio di una guerra, un conflitto per cui Marracash è pronto fin dall’outro del disco precedente, che non a caso chiuse con un banger rabbioso (“CLIFFANGHER”, anch’esso un riferimento ad una battaglia, come nel film con Sylvester Stallone del 1993) ripreso all’inizio di questo nuovo album.
Mi sono ripreso
Marracash – CLIFFHANGER (Noi, Loro, Gli Altri, 2022)
Okay, sono pronto
Mi sono ripreso
Marracash – POWER SLAP (È FINITA LA PACE, 2024)
Okay
Sono Pronto
La semantica su cui si struttura tutto il progetto è quella dello scontro, l’attitude belligerante infatti si palesa con l’eufemistica litote del titolo e scorre lungo le tracce dell’album. Teniamo però a mente che lo scontro non spariglia solo le carte sul tavolo, la guerra mette in moto l’industria delle armi, produce guadagno per NOI e distruzione per LORO. La carne da cannone sono gli ALTRI, il potere si ripartisce nei salotti dorati, dove alcune PERSONE sono più uguali di altre, in un irriducibile controsenso. Lo stesso su cui si regge questo progetto.
Il concept, la chiamata alle armi
Marra è tornato a sorpresa, alle 7 di mattina del 13 dicembre 2024, con il terzo e ultimo tassello composto da “Persona“, “Noi, Loro e Gli Altri” e l’oggetto del nostro interesse “È FINITA LA PACE“.
Dal singolo, alla collettività frammentata per giungere allo scontro. Il microscopio diventa prima lente d’ingrandimento e poi telescopio: l’auto-analisi che, lasciando da parte il rapper, si concentra sulla persona, passa all’intera società divisa in tre macro-contenitori pronominali di persone osservate nelle proprie pieghe, per arrivare a spostarsi sul mondo intero, sui problemi, le innovazioni, le criticità.
Se prima si parlava pur sempre di persone, in questo progetto ci troviamo ad ascoltare un’investigazione su quella che appare come una coscienza collettiva barcollante che si regge sulle proprie gambe a stento, composta da tutte le persone senza distinzione alcuna; il mondo filtrato dagli occhi di Marracash, seduto al centro di una dimora che suggerisce lusso, incelofanata, rinchiuso in una bolla che fluttua.
Il popolo è affamato? Che mangino le brioches.
Troppi featuring. L’abbiamo detto anche noi, tante volte. Sempre gli stessi temi, lo abbiamo detto anche noi. Finisce la pace e la presa delle armi diventa la scelta della contro-tendenza. In un sol colpo si risponde alla domanda. Quindi è davvero questa l’anarchia artistica?
Reazionarismo. Il malcontento popolare verso le istituzioni, verso la monotonia della musica, dei conflitti e delle pesanti situazioni lavorative sono il polo opposto delle critiche da bar, forse sono critiche da cocktail bar, con la musica techno in sottofondo, ma sono pur sempre critiche note, che in una maniera apparentemente sofisticata, toccano la pancia.
“Remaster, remake, reunion, reboot
Marracash – POWER SLAP (“È FINITA LA PACE”, 2024)
Ne abbiamo piene le palle
Le stesse marche, stessi designer
Stessi orologi, stesse vacanze
Stessi producer e stesse guest
Stessi argomenti e le stesse reference (Yeah)
Va bene così perché fanno tutti i platini (Mhm)
Premiati in TV, tutti bravi su Esse Magazine
Carriati dai feat, fitti fitti, stessi nomi (Stessi)
Carriati dai rit’ scritti dagli stessi autori (Stessi autori)
Ogni anno si abbassa l’asticella
Provo a farci il limbo, con la testa tocco terra
Ti ricordo, bimbo, chi saresti con ‘sta sberla
Senza Sanremo, senza l’estivo,
senza Petrella”
Sorvolando le critiche fatte al media principale del settore – che ha promosso e promuove i suoi dischi e l’artista stesso – troviamo uno sfogo verso la monotonia della scena, l’uniformazione dei prodotti, le scelte poco creative dettate da vincoli di mercato e l’utilizzo dei soliti autori (di cui lui stesso si è più volte avvalso nei precedenti progetti).
In questa grande insalata mista non mancano le frecciate al governo Meloni:
“Si allarga la forbice
Marracash – CRASH (“È FINITA LA PACE”, 2024)
Non si chiuderà senza qualche collo da torcere
Muovi solo il pollice, ma chi commenta è complice
Governo di fasci che dice frasi preistoriche
Pensano che basti riempire il vuoto con l’ordine”
E un atto rivoluzionario contro il capitalismo e i grandi proprietari che si sostanzia nel vendere la sua lussuosa Tesla:
“Cattive intelligenze, influenza
Marracash – CRASH (“È FINITA LA PACE”, 2024)
Fuck evil Musk, ho venduto la Tesla”
Mettendo da parte l’entusiasmo di un primo ascolto, si può prendere coscienza del fatto che questo disco è l’ennesimo prodotto che va incontro ad un’altra grande richiesta, mascherato anch’esso da rivoluzionario; una grande scusa per tastare la possibilità di invertire un trend che ha stancato anche il pubblico, una scelta gattopardista, aperta al cambiamento, ma cosciente che prevarrà l’abitudine continuativa.
La responsabilità di un artista che si eleva a capostipite e re del genere, che si pronuncia sovversivamente, risiede anche nel poter svincolarsi dalla dicotomia “buono vs cattivo” per poter porre in essere una questione capace di smuovere il dubbio; Marra piuttosto che problematizzare opta direttamente per ciò che nei terreni di internet viene considerato come “buono e giusto“, conia gli slogan e li riporta in rima:
Chi finanzia il g*enocidio a G*za?
Marracash – CRASH (“È FINITA LA PACE”, 2024)
Chi comanda?
Siamo solo una colonia e basta
Ma la gente è stanza, mica le riguarda
La sottile linea tra “opinione” e “giudizio”, tra “idolatria” e “divinizzazione”
Coerentemente con i precedenti progetti, “È FINITA LA PACE” dimostra continuità, scegliendo di porre all’attenzione del pubblico una critica sociale “impopolare” orientata a ad «educare ad essere ribelli». La critica sociale qui si raggruppa in più brani e diventa, secondo il rapper, ciò che dovrebbe fare chi lo ascolta: prendere una posizione.
Il limite sottile che separa “opinione” e “giudizio” qui però si sfalda e le due componenti si mischiano fino a diventare tutt’uno. La critica sociale, menzionata sopra, diventa IL punto di vista da assumere per non ricadere nelle etichette da lui stigmatizzate e la morale, da lui confezionata, il risveglio della ragione.
Sembra quasi che quel manipolatore esorcizzato dalla terapia musicale dei dischi precedenti sia tornato per guidare il pubblico come un sapiente burattinaio, un proprietario di un’azienda che spiega ai propri dipendenti come muoversi, o semplicemente un dio che vede, provvede e riordina.
L’atteggiamento giudicante in cui ricade anche Marracash qui è tipico di molti prodotti artistici mainstream; un prodotto criticante la società, valido, resistente al tempo, si schiera senza schierarsi e diventa leggibile da qualsiasi prospettiva venga esso osservato. La monodimensionalità interpretativa fa sì che chi aderisce alle sue idee si senta nel “giusto” e che, chi non le condivide si trovi nella parte “sbagliata”. Quest’attitudine, coerente con il giardinaggio culturale, divide, non problematizza e non permette una riflessione collettiva, bensì pungola, sbeffeggia e invita a salire sul carro del “ben detto” senza fare dei nomi precisi, chiamando in causa solo i volti noti su cui si può sparare a zero senza la ripercussione di conseguenze.
Il pubblico, avendo tacitamente incoronato Marra come re e avendogli dato la responsabilità di settare gli standard, di come fare e di come non fare un album – d’altronde “dopo Persona tutti con il disco personale” – gli ha anche conferito una divinizzazione indiscutibile dannosa che traspare dai versi anche in maniera abbastanza esplicita.
Rollo mentre scorro nei DM, suppliche e richieste
Marracash – DETOX/REHAB (“È FINITA LA PACE”, 2024)
non rispondo mai come un dio indifferente
troppa merda mi occupa la mente
L’impressione è che la forza da MC di Marracash, ossia la capacità di convincere e mettere d’accordo il pubblico tramite il saper dire, si stia quasi definitivamente spostando verso un approccio cantautoriale che smette di “parlare per sé”, preferendo il “parlare di sé” ricercando universalità.
I suoi tormenti lasciano spazio alle sue convinzioni, la possibilità di empatizzare con il pubblico diventa consenso popolare. Marra, dopo essersi sopraelevato su una bolla, riflette sulla superficie specchiante di sé stesso e parla a chi ascolta che, se prima stava sul suo stesso piano, ora sta in basso. Cosa gli permette di estraniarsi? Cosa gli permette di parlare dall’alto dall’alto dei sette zeri sul suo rinnovo contrattuale? Cosa gli permette di non rientrare nei problemi che elenca?
A nostro parere, questo disco riesce anche a far capire qual è lo stato di salute degli apici del rap italiano e fa comprendere quanto sia complicato trovare degli interpreti capaci di offrire una critica sociale costruttiva, stimolante e pronta a scalfire la dicotomia del “giusto/sbagliato” per poter offrire uno spunto di pensiero altro.
I punti di forza e l’italianità in senso stretto
Nel momento in cui riesce ad abbandonare il dibattito da bar a favore del suo approccio più tradizionale, Marra riesce a regalarci ancora delle perle personali, come “Soli“, dove compare il sample di “Uomini Soli” dei Pooh, dove i problemi del mondo lasciano spazio alla percezione dell’artista di essi, ritorna il suo punto di vista malinconico e la penna torna a scorrere fluida, poetica, ipnotica.
I punti di maggiore intensità di scrittura riescono a dividersi e si sostanziano in brani funzionali ad un’immedesimazione che riesce anche creare un legame emotivo col disco. “VITTIMA” parla agli emarginati, “FACTOTUM” ai lavoratori e “PENTHOTAL” alla voce dentro al petto di ogni uomo.
“Esistendo ogni tanto
Marracash – SOLI (“È FINITA LA PACE”, 2024)
Un momento ha davvero senso
Isolato e in stato alterato
Ballo un lento con l’arredamento
Obbedendo, la routine è grigia
Un veliero dentro una bottiglia
Il problema non è starne fuori
Ma trovare vera alternativa“
Alquanto macroscopica è stata l’architettura musicale dal progetto eretta da Marz e Zef che sono stati capaci di portare in cima alle classifiche un prodotto capace di rivalorizzare la tradizione nostrana come nel caso dei già citati Pooh, il sample di Ivan Graziani (Firenze, Canzone Triste), di Giacomo Puccini (Madama Butterfly) e di BLUEM (Lunedì), di cui hanno parlato anche i nostri amici de “Il Rap Sardo” . L’unica eccezione più compatibile con il mondo Hip Hop è il campione di “Street Opera“, tratto da 950 di Fritz Da Cat, che tra una citazione (più diretta) a Mina e qualcuna a Battiato, riesce a non stonare ma ad essere la quasi conferma della totale adesione al pop-rap.
Le strofe sempre più brevi lasciano spazio a ritornelli sempre più cantati, capaci di insinuarsi nella classifica nonostante gli argomenti apparentemente scomodi. “È FINITA LA PACE” è un disco pop, dove c’è del rap per larghi tratti, quindi smaccatamente pop-rap, che non sceglie di parlare non solo al pubblico dell’Hip Hop, ma soprattutto alla generazione di chi i Pooh, Ivan Graziani, Mina li ha vissuti e apprezzati; è come se questo disco stesse terminando di importare il rap tra le categorie d’ascolto adulto, percorrendo il ponte che, con i suoi colleghi, aveva iniziato a costruire con “Persona“.
Conclusioni
Ciò che Marracash ci lascia, soprattutto dopo “HAPPY END”, è l’invito a ricercare una via propria, diversa ed è questo che ci lascia disorientati e quasi tramortiti, come se tutto il disco sia un grande controsenso senza un punto di approdo, complice la continua pratica sotterranea dello snake dissing, che non riesce a far appigliare il senso a dei nomi precisi ma solo a dei concetti volanti.
Ho una gioia che si scioglie in lacrime
Marracash – HAPPY END (“È FINITA LA PACE”, 2024)
In ‘sta track solo bolle nel calice
Mi travolge ed è folle combatterle come le onde più grosse le zattere
Ogni canzone enorme megattere, la risposta alle norme è fregartene
Con la musica è seria la storia, ma per te è una troia da mettere a battere
Era dura quaggiù, vuoi insegnarmelo tu che hai imparato un po’ a vivere da YouTube?
Ho tentato le cure, le maniere dure e ora ti lascio perdere, perdi pure
Se spariscono, rimango d’un pezzo, appaio per cortesia di me stesso
Nell’istante in cui l’ho fatto onesto, poi è stato il momento in cui ho avuto successo, sì
Voler scuotere le coscienze resta difficile su grande scala, ancor di più se, come in questo caso, “È FINITA LA PACE” vuole parlare a tutte e tutti (e convincere tutte e tutti) senza però scendere nel profondo delle argomentazioni belligeranti.
In fin dei conti “È FINITA LA PACE”, perché non cercare il conflitto? Se il disco setterà tendenza, l’augurio va diretto a chi vorrà coglierne il meglio, cercando di osare nel realizzare un prodotto artistico senza featuring dopanti, identitario e pronto a stimolare l’acquitrino della scena rap italiana.
C’è sicuramente un problema di ascolto anche tra noi fruitori del prodotto, ma proprio in virtù di questo dobbiamo noi in primis imparare ad accogliere un progetto artistico e sollevare, qualora ce ne fossero, delle perplessità che, se disposte propositivamente, possano stimolare la comunità di chi ascolta la musica, legge di musica e crea la musica. Soprattutto ora che nell’opinionismo rap manca il contraddittorio, soprattutto ora che sono «tutti bravi su Esse Magazine».
Con la collaborazione di Simone Molina.
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