Ricorre il decennale di Melograno, un album fondamentale della carriera di Claver Gold.
In prima istanza, perché è un concept album variegato, basato sull’esplorazione del melograno in quanto simbolo di fertilità, femminilità e rinnovo. Un concetto che l’artista originario di Ascoli Piceno non presenta mai unicamente nel suo lato positivo, ma che cerca costantemente di interrogare e descrivere anche, e soprattutto, nel suo aspetto negativo, ovvero seguendo la sua costante possibilità di appassire, avvizzire, morire, perdersi o non farcela proprio a crescere, a mettere radici, a fiorire.
In secondo luogo, è un unicum della carriera di Claver Gold proprio perché è il suo unico progetto che è incentrato interamente sull’amore e su temi che gravitano attorno a questo tema, anche se quest’ultimi non sono affrontati in modo canonico, come la musica italiana ci ha abituato a pensarli.

Sì, perché Melograno è un concept album incentrato sul tema dell’amore, ma Claver, al contrario di molti altri colleghi rapper e cantanti, non tratta l’amore come un mezzo per arrivare ad un pubblico più vasto, aderendo in tal senso ad una banale prassi di ‘poppizzazione’ del rap e dell’hip hop in generale, bensì tratta il tema dell’amore e della donna come un fine in sé.
Sarà per la qualità delle produzioni, sarà per la presenza di ritornelli piuttosto orecchiabili che l’album rivela una natura che non è né schiettamente underground, né tanto meno mainstream; ma che riesce a creare uno spazio a metà strada tra i due livelli, l’overground (a tal proposito, bisogna notare come da lì a poco Claver Gold sarebbe stato invitato da Fabri Fibra a collaborare alla riedizione di Tradimento con un featuring nel brano “Idee Stupide”, che è forse il picco massimo della visibilità ottenuta dall’mc di Ascoli Piceno).
Claver ha raccontato il tema dell’amore declinandolo in sfumature del tutto inedite per la musica mainstream italiana in generale, con un’attitudine cantautoriale che però resta radicalmente, direi quasi geneticamente, hip hop.
Il Concept attraverso le tracce
Il melograno è studiato in antropologia come il simbolo della fertilità per eccellenza e Claver sceglie di significarlo come il simbolo delle proprie esperienze d’amore.
Ogni chicco del melograno è una canzone dell’album e ogni canzone è riferita ad una donna, ogni pezzo è quindi una declinazione diversa dell’amore e della fertilità nell’accezione di voglia di vita e di rinascita. In tal senso, le rime diventano le mille sfumature e sfaccettature che l’amore può prendere.
Nell’intro dell’album, dopo i primi venti secondi, sentiamo l’abbreviazione della città di Bologna: – «Bolo», quasi come se fosse un’amica. Bologna è l’ambientazione psico-geografica delle atmosfere di Melograno, è la città in cui il rapper vive, o viveva, ed è lo sfondo degli amori di Claver Gold.
La storia di Melograno inizia dall’amicizia e sodalizio che si crea tra il rapper e i propri produttori, una relazione che nasce in modo molto romantico.
In una notte bolognese, Dj Lugi, il leggendario produttore e rapper che ha dato il suo contributo alla nascita del genere in Italia, sta suonando la propria collezione personale di vinile all’interno di un locale semivuoto.
Claver decide di passare a salutare il collega con l’amico Kyodo (altro rapper bolognese) e i due si ritrovano ad ordinare una birra per passare la serata, ed è così che incontrano due ragazzi di Taranto, che stavano facendo la stessa cosa.
I quattro, in assenza di altre persone, fanno amicizia ed è così che nasce il sodalizio con i Kintsugi, i produttori di Taranto che creano le atmosfere perfette per il concept di Claver.
La linea di partenza è tracciata dall’amore per l’hip hop (il live-djset semivuoto di dj Lugi) all’amore da dedicare ad un progetto comune (Melograno), da cui il rapper parte per affrontare l’amore nelle sue note più malinconiche, là dove spesso le relazioni finiscono, come nell’omonimo brano Melograno:
“Tu stai pensando a te stessa/Ciò che a te calma a me stressa o forse viceversa/ Versa il vino che mi hai offerto e conversa sulla nostra storia andata persa)”
Claver Gold – Melograno (2015)
Gli amori di Melograno sono spesso malati e ansiosi come in Lady Snowblood, brano in cui si omaggia il film del 1973 di Toshiya Fujita, non solo descrivendone il personaggio femminile ma campionandone la stessa colonna sonora (da notare che una scena del film ha ispirato Quentin Tarantino nella creazione di KillBillvol.1); a volte sono amori morbosi e ossessivi come nel singolo di lancio Anima Nera, oppure amori distaccati come in Rain Man dove la pioggia è una donna e in quanto tale è l’unica che non si bagna, come recita il ritornello.
Spesso si trova messa in rima la fine di un rapporto come in Quanto t’amo: “Ed anche quando questa storia che noi crediamo sia magica sarà finita, io convincerò tutti i miei amici che non sei esistita mai, come mai mi sono sentito amato nella vita“, ma non c’è solo profondo pessimismo e la desolazione che lascia la fine di una relazione.
Claver gold racconta l’amore anche nelle sue note più romantiche, positive e passionali, soltanto che quest’ultime sono presenti solo a piccole dosi, in piccoli frammenti dispersi all’interno di tutti i testi, come nelle barre di Anima Nera «Anche vestiti ci sentiamo intimi».
L’amore sembra presentato in una luce del tutto positiva in Un Caso, dove è pur sempre presente la tensione verso una possibile fine, ma il ritornello sembra intendere proprio che non esiste il caso nel momento in cui ci si sceglie a vicenda: “è l’intimità di dormire insieme senza fare niente ma per stare bene“.
L’amore è del tutto positivo, non tanto quando è rivolto all’altro sesso quanto quando è teso verso una passione come la musica o come il calcio, come nel caso del brano Nazario. Claver Gold fa uno storytelling della vita di Ronaldo, il cui nome per esteso è Luis Nàzario de Lima, il cui amore per il calcio lo ha salvato facendone un campione a livello mondiale.
La scrittura di Claver scandaglia ogni dettaglio di cosa sia e cosa sia stato l’amore per lui, quindi si hanno valutazioni anche per il rap stesso, cioè per il genere che ama anzi che amano, come in Backstage.
In questo brano l’mc bolognese muove una critica a quelli che parlano di rap ma poi per soldi si corrompono, fino a fare live in playback (pratica che dall’anno di pubblicazione dell’album 2015 si è ampiamente diffusa e confermata, anche grazie al circuito della trap, che non a caso ha avuto il suo boom in Italia nel 2016): “Okay, va be’, la fissa per la musica black / Io mi ordino da bere quando parlan di rap / Poi mi metto a sedere quando parlan di me/Vuoi ventimila euro per un live in playback e la puntina poi ti salta quando parte lo scratch/ Non sanno più che dire quando parlo di fat“.
Il Melograno è un simbolo per esplorare l’amore e le relazioni con l’altro sesso, ma al contrario di ogni album di amore che si possa ascoltare nella musica pop italiana, l’amore è presentato in una veste quasi gotica, perennemente nostalgica e malinconica, come avvolto nel fascino poetico di un vecchio film.
Il concetto dell’amore è manipolato a tal punto da non sembrare affatto amore e rinnovo, è come se Claver Gold decostruisse il discorso d’amore levando il filtro rosa zuccheroso che i social, la tv e il cinema ci hanno messo davanti: “Vittima d’inchiostro, a questo mondo voglio dar colore/ Tu dammi calore, amore, tu vuoi una canzone come/ Ninna nanna che ti calmi, camomilla Filtrofiore / Metti un filtro al sole, questa luce è troppo forte”.
E lo ricostruisce raccontando le ansie, i rancori, gli affanni, i disincanti e a volte la vera e propria agonia esistenziale. In questo universo corredato di ombre e grigiori l’amore non è mai stato così hip hop.
Il disco in sé è un perfetto equilibrio di contenuto e forma, in questa complementarità tra i due la poesia si fa più che mai hip hop, infatti le rime di Melograno sono tanto poetiche quanto reali e dirette come la strada.
Il suono, il flow e la scrittura
L’album esce nel 2015, anno propedeutico all’esplosione della trap nel 2016, quindi il mercato musicale con cui Kintsugi e Claver si sono confrontati era in fibrillazione di un enorme cambiamento.
I suoni che iniziavano a girare forte si caratterizzavano per l’iper-proliferazione di effetti sia sulle voci che sulle basi, con testi che spesso lasciavano da parte la tecnica.
In questo contesto musicale potremmo dire, parafrasando l’intro di Melograno, che “fecondava solo il seme più vorace”, siamo in un mercato della logica del cane-mangia-cane dove ti adegui ai trend oppure vieni superato.
Ecco, in questo ambiente, Claver e i Kintsugi hanno seguito una logica parallela per testi e produzioni ossia quella dell’abbandono, della sottrazione. Questa logica è presente sia a livello di effetti sulla voce e la delivery di Claver, quanto sulla struttura delle basi stesse.
Come abbiamo detto Claver Gold esplora le crepe, i difetti, le zone d’ombra dell’amore. Egli amplificando le fragilità e le debolezze dell’amore stesso riesce a riconfigurarne la narrazione pop-canonica.
Non solo cambia la narrazione dell’amore ma dello stesso hip hop, come fece anni prima Dargen D’amico, infatti il genere in sé è sempre uno stendardo di machismo e iper-narcisismo; ma Melograno ibrida la realtà del mondo del tutti-contro-tutti con una poetica cantautoriale da strada. Claver come Dalla, De André, De Gregori, dà voce alle emozioni e le storie che erano nascoste nella sua Bologna e che il duo Kintsugi ha permesso di far fiorire.
Come Claver decostruisce e ricostruisce la narrazione musicale dell’amore, andando oltre la tendenza della scena di iperproduzione di effetti e suoni, rimanendo ancorato ad un flow semplice.
Allo stesso modo i Kintsugi, attraverso una logica dell’abbandono, creano tappetti sonori minimali che sembrano beat old school ma in realtà sono tutt’altro, suonano come un trip-hop tutto italiano che raramente si è sentito negli ultimi 10 anni.
Per averne un’idea chiara basta ascoltare i primi 30 secondi dell’intro o il pezzo Raccoglievo le more. L’intro sembra l’inizio di un album dei Massive Attack, mentre il brano sopra citato sembra andare nella direzione sonora della trap avendone le batterie, ma il suono resta meno spettacolare, più scheletrico e vuoto rispetto a qualsiasi pezzo trap.
I Kintsugi si sono fatti forti dell’antica arte a cui il loro nome fa riferimento e hanno creato un viaggio trip-hop che suona old school mischiando le batterie della trap e conferendogli un’atmosfera che ricorda il boom-bap “ma senza boom-bap”. Il vaso riparato con l’oro è Melograno stesso.
Il duo di Taranto ha scelto la logica contraria a quella dell’abbondanza, cioè quella della sottrazione tipica della Dub, hanno scelto di abbandonare il sound dominante per creare atmosfere intime e personali quanto le rime di Claver, quanto le strade di Bologna.
La narrazione di Claver è sempre nitida e il suo flow ricorda un vecchio proiettore di cui si sente il rumore analogico dello scorrere della pellicola. Il suono dei Kintsugi, invece, di quella pellicola ci fa sentire gli odori, ce ne fa percepire i colori e vedere le espressioni: «con il mio sguardo assopito dipingerò l’infinito».
Kintsugi e Claver confermano che andare in direzione contraria e ostinata alle tendenze del mercato musicale permette di affermare la propria identità.
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