Esistono luoghi fisici ed altri immaginari, alle volte accomunati da un concetto, da un’idea, uno scopo. Quel luogo che ognuno di noi ha, che spesso viene definito come “posto sicuro”, uno spazio dove rifugiarsi quando la vita risulta troppo pesante. Da quest’idea Gemitaiz ne ha fatto un disco, un racconto di quell’Altrove dove rifugiarsi quando il mondo reale ci esaurisce, “ELSEWHERE”.
“Io sogno un posto diverso, sì
Gemitaiz – “Elsewhere” (“ELSEWHERE”, 2025)
Dove le emozioni sono al primo posto, invece è un inferno qui
Non voglio accettare che è così (Nah)
Mi prendo mezzo trip, metto in repeat quel pezzo lì”
La parola “altrove” (la traduzione italiana del titolo del progetto) ha diversi significati, ma, come d’abitudine in questi casi, credo sia giusto partire dalla definizione letterale: un avverbio di luogo che significa in un altro posto, in un’altra parte, diverso da dove ci si trova.
Da qui, a seconda del contesto in cui viene utilizzato, può assumere significati simili ma diversi: in letteratura e filosofia diventa lo spazio “fuori” dal nostro sguardo abituale, ciò che ci permette di riflettere sulla nostra quotidianità. Uno spazio tendenzialmente immaginario che diviene rifugio dalla realtà. Se invece ci concentriamo sull’antropologia esso si manifesta, attraverso i nostri immaginari, su luoghi esotici o su epoche passate, costruendo un “altro” che influenza il nostro rapporto con la diversità.

L’altrove quindi, è uno spazio concettuale che esiste nella nostra mente e nelle nostre narrazioni, sia esso un luogo fisico, un’epoca irraggiungibile o una dimensione immaginaria che creiamo noi stessi.
Nel caso specifico di Gemitaiz, “ELSEWHERE” è il mondo della musica, un universo parallelo che segue le sue regole, dove tutto si basa sull’amore per l’arte piuttosto che sulle necessità commerciali. È qui che il progetto prende forma, è questa l’idea alla base.
“Mentre prendono spazio fra le mani avide
Gemitaiz – “L’Altro Mondo” feat. Mathilde Fernandez (“ELSEWHERE”, 2025)
Sembra di vivere in un anime
Hanno messo il soldo in cima alla piramide
E ora fa freddo, serve l’Avirex o lassù ti si ghiacciano le lacrime”
Dopo anni di lotta per far valere la propria idea di musica Davide si rende conto di come il sistema sia sempre più distante dai suoi ideali, dal suo concetto di rap e musica, di arte stessa. E allora perché non dare una dimostrazione ambiziosa di quello che per lui è l’essenza di tutto?
Insieme ai suoi più fidati collaboratori ascolta, seleziona, lavora, taglia e cuce come un sarto d’eccellenza, affinché ogni filo sia al suo posto, ogni dettaglio rispecchi la sua visione. E allora i beat iper inflazionati che invadono le classifiche lasciano spazio ad archi, ottoni, sample da altri generi, a musica tribale, alla tradizione francese. “ELSEWHERE” prende forma come arte, non come rap. Possiamo paragonarlo ad un piatto stellato di un ristorante francese, ad un film d’autore, a qualsiasi forma d’arte dove l’amore è la forza trainante del progetto.
La cover stessa ci racconta di questa necessità di staccarsi, di voltare le spalle ad un mondo di cui Davide non si sente più parte, di cui lo stesso pubblico fa parte. È stufo di essere “misunderstood”, incompreso, e finalmente decide di girarsi dall’altra parte, di fare solo ed esclusivamente quello che sente e che ama, di lasciarci davanti ad una figura di spalle con lo sguardo volto a paesaggi lontani, alla ricerca di un posto sicuro che ha deciso di costruire lui stesso pensando, per una volta, solo a se.
“Cerco i tasti giusti, sì, per liberarmi da ‘sti lussi (Via)
Gemitaiz – “Time Machine” feat. Joshua, Danno (“ELSEWHERE”, 2025)
Popolare come i canti russi
Tra le nuvole ci vedo uno spiraglio
Anche se sono trentasette anni che sbaglio (Ah)
Melancolia dentro al petto (Uh)
Anche in un giorno perfetto (Sì)”
Ma se il comparto musicale compone quella sorta di utopia che aleggia nella mente di Gemitaiz, la scrittura ci dà le motivazioni per cui si è sentito costretto ad evadere, a fuggire, ad allontanarsi dal suo mondo e dal mondo in generale.
La scrittura e la voce di Gem sono rancorose, contrariate, disilluse per tutto l’arco del progetto. “ELSEWHERE” è un disco triste, malinconico, arrabbiato, dove i pochi spiragli di benessere nascono dallo stesso artista. È lui che trova conforto nelle sostanze, nella musica stessa, nell’amore. Mai gli altri.
L’intero disco diventa una sorta di bilancio riassumibile in una domanda:
Alla luce di ciò, chi me l’ha fatto fare? Sembra chiedersi.
Se nonostante tutto l’impegno e i sacrifici fatti finora ancora si sente al punto di partenza, a cosa è servito tutto questo?
“Mentre facevi i dissing (What?), io facevo i dischi (Già)
Gemitaiz – “Old School” feat. Salmo (“ELSEWHERE”, 2025)
Tutto in free download, coi suoi rischi (Ah)
Quindic’anni dopo, se buttiamo giù due schizzi
Il tuo quadro è quello di un bambino, il mio è un Kandinskij”
Il problema del progetto forse sta, però, proprio li. Per quanto coerente e lineare i problemi che il pubblico ha criticato a Davide negli ultimi anni rimangono. La scrittura è la stessa e gli argomenti anche, l’evoluzione che c’è stata a livello musicale non è stata seguita dalla penna, probabilmente troppo concentrata sul rancore per essere realmente libera. È un Gem troppo vincolato al passato, al giudizio degli altri, che è convinto di aver raggiunto il suo posto sicuro ma che, in realtà, lo ha solo visto da lontano, come la cover stessa del progetto. Lo testimoniano i ben tre sequel all’interno dell’album, “Dancing With The Devil”, “Hangover” e “<3”, sintomo di un attaccamento al passato ancora troppo vincolante.
È un progetto che a chi Gem è sempre piaciuto probabilmente piacerà molto, perché quell’amore per la musica viene trasmesso alla perfezione, ma che continuerà a non convincere i suoi detrattori, che potranno ancora ancorarsi ai soliti difetti criticati in passato. Ma “ELSEWHERE” è il disco che Davide voleva fare, o meglio, che sentiva il bisogno di fare, per prendersi una pausa da tutto ciò che lo porta allo sfinimento, e anche solo per la passione che ci ha messo e per l’enorme lavoro che ha fatto va apprezzato per l’artista che si è dimostrato.
Smettiamola di giudicare Gemitaiz, lasciamo che si goda il suo luogo sicuro.
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