Come il rap mi ha accompagnato nel mio viaggio
28 gennaio 2020, ore 11.30, squilla il mio telefono; sin da subito mi accorgo che il numero non è italiano e capisco che è giunto il momento di iniziare quella tanto attesa e desiderata esperienza.
Il giorno seguente mi ritrovo catapultato sul primo volo per Milano per poi partire per Amsterdam.
Erano le 22.30 del 29 gennaio, quando mi apprestavo a salire le scale dell’MT ELECTA, nave cisterna presso cui avrei iniziato il mio primo imbarco da Allievo Ufficiale di Coperta.
Bene, a distanza di un anno posso affermare che quell’evento mi avrebbe totalmente sconvolto i piani e la vita, portandomi a restare a 20 anni, per 4 mesi e mezzo, in giro per i mari del mondo. Indubbiamente è stata una esperienza seppur bella e fortemente desiderata, ma non alla portata di chiunque; mi ha aiutato a maturare, ad aprirmi come mai prima di allora ma, nonostante ciò, lo ricordo come il peggior periodo della mia vita.
La situazione di precarietà e instabilità causate dalla pandemia, combinata alla lontananza degli affetti mi ha fatto soffrire molto e per di più ad aggravare tale situazione si aggiungeva la difficoltà nella comunicazione.
La solitudine è nemica di ogni marittimo, quando dal ponte, la scia della nave che si lascia dietro solca le onde del mare riportando a galla i ricordi della nostra casa ormai lontana e dei nostri cari.
Ho visitato Cuba, attraversato il Canale di Houston, passato il Canale di Panama, approdato in Corea del Sud, raggiunto l’India attraverso Singapore, per poi attraccare in Malesia, Taiwan e infine sbarcare a Hong Kong, dove il 15 Giugno avrei finito questa tanto sofferta avventura sia fisica che interiore.
Mi sono svegliato per mesi con, come unico orizzonte, l’immensità dell’oceano accompagnato dalla vastità della volta celeste nella tenebra della notte; affacciato dal mio oblò, ho affrontato tempeste in mare aperto, traffico intenso di navi, periodi di lavoro e manovre interminabili.
D’altro canto però, oltre alle esperienze non ordinarie e alle persone conosciute, ho anche sopportato un lavoro pressante ed alienante che si combinava al mio malessere interiore.
I giorni, quando vedi solo il mare, si fondevano in un loop interminabile tra sveglie alle 4 di mattina, turni di lavoro logoranti che superavano le 12 ore al giorno e un tedio che mi sovrastava durante le ore di riposo.
Sin da subito ho sofferto tanto e, se con il tempo la situazione è migliorata fino a raggiungere una quasi stabilità emotiva, lo devo anche e soprattutto alla musica, rap e non.
Le prime settimane ho vissuto l’inferno mentre i giorni passavano sempre più lenti e le speranze dello stare meglio svanivano col passare del tempo, tra pianti interminabili, crisi isteriche e sfoghi di rabbia aggiunte a perdite di peso e periodi di stress asfissianti.
L’amore e il Rap mi hanno fatto andare avanti, fornendomi quel coraggio necessario a continuare a lottare con le mie forze.
Mentre la mia ragazza mi era accanto fornendomi supporto aiuto mentale, la musica mi ha accompagnato giorno per giorno dandomi la carica e le motivazioni giuste per procedere mentre il lavoro si faceva sempre più pesante e difficile.
“Il peso dell’oceano su un oblò”
Oblò – Bresh feat. Rkomi
Il rap dalle melodie più cupe e melanconiche riusciva nell’intento di sfogare tutte le emozioni che, giorno per giorno, reprimevo aiutandomi a far uscire tutto ciò che mi avvelenava l’animo.
Al contrario le melodie più hardcore o più felici riuscivano a risollevarmi il morale offrendomi quella voglia di stare meglio che riusciva a rendermi ottimista anche dei giorni più bui.
Il Rap mi ha aiutato anche nel periodo post-imbarco mentre la mia vita di incertezze continuava a spezzarsi mi ha fatto capire, che quella vita, così tanto agognata da bambino, non facesse per me, dandomi il coraggio di mollare un lavoro che avrebbe dato tante soddisfazioni in termini di denaro, ma che avrebbe lentamente logorato il mio animo sensibile cambiandone la mia persona.
Ho capito cosa davvero voglio fare nella mia vita e, soprattutto, il voler stare accanto alla persona che amo senza doverla abbandonare non rivedendola più per mesi e mesi, costringendola a dovermi aspettare ogni volta come ne “I Marinai Tornano Tardi”.
“Non sai mai quando torna chi lavora nel mare
Quando ti abitui all’assenza rieccolo lì che compare
Lei rimaneva in attesa del suo sorriso frugale
Come se l’acqua ed il sale lo trattenessero in zone lontane”
I marinai tornano tardi – Murubutu
Concludendo quindi, posso dire con fermezza che oltre ad essere stata un’esperienza fuori dall’ordinario dai tantissimi toni negativi, mi ha anche e soprattutto aiutato a cogliere e dare importanza alle piccole cose che nella quotidianità si tendono a dare per scontate, ma che nel momento in cui ti mancano può sembrare di crollarti il mondo addosso.
Ringrazio il Rap, a cui sarò eternamente grato, per essere stato il compagno di viaggio migliore per tutta questa difficile esperienza ed essere stato la cura dei miei mali interiori peggiori.
Di Modesto De Luca
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