“Tra il dire e il fare c’è di mezzo Jake”, concludevo così l’ultimo post sul’ex membro dei Club Dogo. Dopo aver detto, Jake, ha realmente fatto? “L’amore e la violenza”, il singolo, ha posto l’attenzione giusta su “Ferro del Mestiere”: era importante far entrare i fan nell’ottica di andare ad ascoltare un disco rap di questo tipo, un disco che fino ad oggi non era presente nella carriera solista di Jake la Furia.
“Ferro del Mestiere” è il lavoro più Hip Hop di Jake la Furia, un lavoro che lascia trasparire senza troppi giri di parole la volontà di tornare ad essere l’icona di una volta, o almeno di dimostrare che nonostante tutto l’M-I Bastard non se n’è mai andato. Il problema è che se ne era andato, eccome se lo aveva fatto. Come se qualcosa non avesse realmente funzionato nella sua carriera solista, Jake funzionava nei Club Dogo come liricista senza considerare anche l’attitudine che lo ha reso più volte MVP dei progetti, ma qui ci addentriamo in beceri giochetti soggettivi che non interessano a nessuno. Il concetto credo resti chiaro. Jake la Furia ha fatto la storia, ma nel momento in cui è diventato solista non ha trovato la stessa efficacia e continuità come in passato, non ha ritrovato quella carica emotiva e lirica. Nel complesso, se consideriamo le capacità artistiche da solista, non è riuscito a rimanere al passo con i tempi come Guè, il quale è stato in grado di rinnovarsi di volta in volta pur rimanendo lo stesso.
Jake è cambiato di volta in volta, ma non sembrava rimasto lo stesso. Lasciando da parte gli episodi reggaeton, poiché sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, gli stessi album precedenti ci hanno regalato solo pochi momenti del Jake la Furia che vorremmo sentire. Pochi picchi in confronto alle parti restanti degli album e “Ferro del Mestiere” non si discosta più di tanto da questa caratteristica pur essendo con ogni probabilità il suo progetto migliore in termini di rap e attitude. Infatti, questo album è uno dei progetti più Rap usciti negli ultimi anni del mainstream italiano. L’ho lanciata all’improvviso nel mezzo di un articolo che sembrava volesse solo sparare a zero su uno dei capisaldi dell’Hip Hop italiano.
Jake La Furia – 20 Primavere (Ferro del Mestiere, 2022)
“Io ho passato venti primavere
Ce l’ho sempre fatta a prevalere
Sono uscito ricco dal quartiere
E sono ancora forte nel mestiere”
Scorrendo la tracklist, senza che vi scriva la lista della spesa, si può notare come non sia presente nessun brano che esuli dall’atmosfera che si respira dall’inizio alla fine: barre, scratch, Shocca, Inoki, e via discorrendo. Se me l’avessero detto il 29 giugno 2018, giorno in cui uscì “Bandita” (terzo brano di una serie condita da sole, mare e reggaeton), non ci avrei mai creduto.
Jake in questo progetto mette mano nel cassetto dei ricordi e restituisce con tocco malinconico ai suoi fan un po’ del vecchio sé, cercando di puntare non sulla quantità ma sull’intensità per un’operazione di lavaggio della coscienza che se da un certo punto di vista può risultare molto apprezzabile, dall’altro può sembrare l’ennesimo ritorno a casa del cervello che è fuggito all’estero per cercare fortuna, scoprendo poi che la fortuna, in realtà, ce l’ha sempre avuta sotto il naso tra la sua gente.
Dopo “17” con Emis Killa, “Ferro del Mestiere” sancisce il ritorno ufficiale nel gioco del rap per Jake, ma ne dovrà passare di acqua sotto i ponti prima di scrostarsi di dosso la ruggine che ha leso l’immagine di un colosso di questo genere. Nonostante abbia ancora molto da farsi perdonare, Jake la Furia si merita il beneficio del dubbio e si merita anche la chance di poter riacquistare la credibilità in questo ambiente, nonostante l’età che avanza e la vita che si stravolge da un momento all’altro. Jake sa bene che “fa male ricucirsi l’anima”, ma niente è mai stato così necessario per un personaggio come lui in grado di scrivere strofe che resteranno immortali nella mente, sulla pelle e sui muri della sua Milano.
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