Negli ultimi anni la nuova scena ci ha abituati a modi totalmente innovativi di fare rap. Questi nuovi stili sorgono sempre più spesso dalla provincia, lontano dai centri ricchi di stimoli esterni, e proprio in questi ambienti che appaiono aridi e privi di sollecitazioni da captare che stanno nascendo i talenti più limpidi della nuova generazione; Rosolo Roso è senza dubbio uno di questi.
Il suo nuovo singolo “Lovesong”, uscito questo 23 Marzo, dissacra completamente i temi della canzone d’amore; possiamo definirla un’egoistica canzone d’amore dedicata a sé stessi, ma la sfacciataggine raggiunge l’apice quando Rosolo dice di non parlare del “cocco e del blocco” per paura di essere ascoltato dai suoi genitori. Il rapper campano se non è il rapper più forte del pianeta terra è sicuramente quello più sincero, ma forse l’etichetta di rapper sta stretta a una personalità come Rosolo che non ha niente a che fare con l’aura del classico rapper.
Rosolo Roso sono io
Pagami un milli come minimo
Mi esprimo al massimo, non mi limito
Tengo la tua fronte nel mirino
Rosolo Roso ribalta i canoni del rap fino a vestire i panni dell’“anti-rapper”, oltrepassa il concetto di “street credibility” con la sua tagliente (auto) ironia, prendendo in giro sé stesso ma anche lo stereotipo del rapper impostato e dedito alla strada; ad esempio, se il rapper maschio alfa romanza le sue situazioni con la droga per fare colpo sull’ascoltatore, Rosolo al contrario esalta la sua lontananza dalle droghe e il suo essere “clean” (senza risultare un rapper da Famiglia Cristiana) come in “Ciao Sbirro”.
Proprio su queste situazioni di contrari e opposti con il rapper medio che si basa “Coniglio”, il suo disco d’esordio uscito lo scorso ottobre per Bomba Dischi. Il titolo denota fin da subito la grande vena creativa e ironica dell’anti-rapper campano: se il rapper crudo, cattivo e truce ha tutte le caratteristiche di un predatore naturale, Rosolo Roso invece è un tenero coniglietto che esprime sinceramente sé stesso, uno dei motori del disco, infatti, è proprio la forte espressività che tramite la schiettezza fa di “Coniglio” un unicum nella scena italiana.
Tutto questo è esplicito anche nella cover del disco, dove Rosolo si mette a nudo (o quasi). Il giovane artista campano è raffigurato con la più classica delle canottiere con un cappello rosa a forma di orecchie da coniglio, se l’immagine trasmette a pieno quella spontaneità tipica di Rosolo, il copricapo rosa è una reference al taciturno Bunny Boy, personaggio di Gummo, film del 1997 oramai divenuto un cult. L’analogia grottesca tra la degradata cittadina di Gummo e l’ambiente provinciale crea un’immagine fortissima e molto efficace. Rosolo Roso è un’onda anomala nel panorama musicale italiano, “Coniglio” è una vera e propria decostruzione del rapper canonico, un ghigno beffardo diretto al rapper di strada come in Nuovo G dove Rosolo capovolge la figura del gangster.
Nuovo G, nuovo G
Non mi drogo e non sparo
Quale trap, sei uno sbirro
Fai l’uomo, ma sei sborra
Ma la figura del criminale non viene solo ridimensionata ma addirittura superata, nell’universo di Rosolo, dal sindaco, figura politica, populista e spregiudicata che sostituisce completamente quella mitica del gangster, sempre in “Sindaco” trova anche un modo originale di “dissare” Murubutu
“Murubutu, ti scrivo io il testo
Faccio colpo sulla studentessa
Perché in testa ho un cervello grosso
Ma ho comunque più palle che testa”
Rosolo porta in scena sé stesso, un ragazzo poco più che ventenne che si interfaccia per la prima volta ai problemi della vita adulta: il lavoro, il mandare curriculum, i rifiuti ma anche il grande ottativo dei soldi e di conseguenza la scelta “giustificata” di intraprendere la strada più semplice: lo spaccio di droga.
“Mesi passati a mandare curriculum, non m’hanno preso neppure al McDonald
Il giorno che divento stupido rinuncio a tutto per cinque euro all’ora
Ha il mio rispetto chi è onesto e lavora, però mi rivedo più in chi vende droga”
Ma anche qui la droga è filtrata dal taglio ironico di Rosolo Roso, la figura del pusher viene schernita e rovesciata anche con il tocco autoironico di Rosolo, è questo che racconta nella sua hit dalle tonalità trap “Pusher Pusher” dove parla anche di un suo possibile passato da spacciatore.
Il suo essere inusuale inserisce Rosolo Roso in una zona d’ombra del rap italiano, le sue canzoni a metà tra lo storytelling e la parodia sono travolgenti, costituiscono un qualcosa che al rap italiano, in piena stagnazione, mancava da tempo. Questa “obliquità” musicale passa anche nelle mani del fidato produttore G Coal il quale dona a Rosolo il giusto scenario per mettere in scena le sue storie. Le produzioni sono sempre molto contaminate da generi elettronici, uno su tutti la techno che sembra essere il genere prediletto da Rosolo e G Coal, la piega gabber che prendono le produzioni si scontrano con le sonorità rap più classiche creando un suono fortemente identitario.
Forse c’è bisogno di puntare di più i riflettori sulla zona d’ombra creata da Rosolo Roso, un anti-rapper che vuole differenziarsi dal resto della scena, figlio della noia provinciale evade da una vita grigia ritinteggiandola di rosa. Il più lungimirante è stato senza subbio Dani Faiv che, accortosi delle potenzialità di Rosolo, l’ha voluto come ospite nel suo nuovo mixtape.
Il 2023 di Rosolo Roso è iniziato senza dubbio con il piede giusto ma siamo sicuri che, grazie alla sua grande forza comunicativa, il nome dell’anti-rapper originario di Nola sarà presto sulla bocca di tutti.
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