Abbiamo visto come “Mi Fist” abbia rappresentato il rap di protesta nel momento dell’ascesa dell’impero Berlusconi. Grazie Palumbo. “Mi Fist” era il rap di protesta che usciva dai centri sociali per farsi protesta contro la spettacolarizzazione dell’Italia. Un rap privo di slogan che dalla critica sociale passava alla dancehall per arrivare alla vita di strada.
“Penna Capitale” invece è la protesta all’interno della società dello spettacolo. Nel 2006 i Club Dogo sono immersi dentro lo spettacolo e per sopravvivere in questo nuovo inferno il suono della protesta si fa spettacolare, tanto quanto la finzione che vuole sfidare.
Devo fare una premessa. Quando ascoltavo questo album avevo 15-16 anni e da allora mi sono sempre chiesto perché Jake la Furia, a un certo punto del disco, dice che la sua musica non è roba gangsta? Perché il ritornello di un pezzo come “Butta via tutto” non dovrebbe essere gangsta?
Quando senti il ritornello che fa: «se al telefono fai un 3 con davanti un doppio 1, arriva la volante e non c’è più nessuno» non puoi che pensare a roba da gangster.
7 anni dopo ho capito perché Jake distingue tra il suo suono e quello del gangsta-rap.
Perché come dice Jake “voi tre coglioni scambiati i miei suoni della protesta per merda gangsta”.
Sì, Jake aveva ragione ma era difficile capire la sottile distinzione tra le rime di protesta e il rap gangsta, ma soprattutto questa distinzione non è mai stata così sottile come dentro “Penna Capitale”.
Andiamo per gradi.
“Penna Capitale” sono i Club Dogo prima del mainstream ma dopo la gavetta, dopo aver fatto l’underground, dopo aver spaccato la scena con “Mi Fist”. Da lì a poco avrebbero fatto il primo album sotto major: “Vile Denaro”, in cui si sentono ancora gli echi cupi e metallici di “Penna Capitale”.
Il disco uscito nel 2006 è un colossal degli album hip hop italiani. È un colossal non solo per paragone con il cinema, ma perché i Club Dogo trasfigurano la realtà in un film dai toni gangsta, ambientato a Milano e ancora vicino all’atmosfera da protesta dei centri sociali. E quello stesso film, a volte è anche un noir-poliziesco che si trasforma in thriller, a seconda di quante droghe i tre hanno in corpo.
“Penna Capitale” è proprio questo, è la trasformazione degli slogan attivisti delle posse in una protesta che trasfigura la realtà a colpi di rime. La penna è capitale perché incide come una condanna sulla realtà della vita quotidiana. La penna, le rime e la scrittura vogliono essere una condanna della società dello spettacolo e del consumo, ma non lo fanno con gli slogan della protesta. La penna dei Dogo squarcia lo spettacolo e lo trasfigura con uno storytelling senza precedenti in Italia. Le rime dei Dogo puntavano ad avere effetto sulla realtà.
«Lo sfondo non vuole cambiare, io voglio farlo con le mie mani e i cowboy perdono con gli indiani»
Non sono solo rime. Il loro suono ti sporca le orecchie. Ha un effetto su tutto il corpo.
Prima, allora, dobbiamo sentire il sound, e appena lo mettete in cuffia lo potete sentire. Potete percepire quella strana grana sonora. Si può percepire a partire dal mix del disco, c’è un che di metallico all’interno delle registrazioni, qualcosa che ha soltanto il suono di “Penna Capitale”. Probabilmente è il modo in cui è stato registrato e mixato a creare un’atmosfera unica.
Il flow degli mc sembra filtrato dal metallo e probabilmente le loro rime sono veramente armi.
Don Joe sfodera un tappeto sonoro che ha inciso gran parte dell’immaginario dei rapper italiani. Così come gli scenari dipinti da Jake e Guè fin dai primi colpi di flow: balordi, vittime, vili pappa e puttane in un teatro della miseria in cui un re infame stupra il reame (oppure un ministro ferma il treno per andare a cagare?).
La realtà quotidiana è stravolta dalle barre dei dogo: la voce riporta, proietta quello che il cervello elabora, dopo che l’occhio filma e ricorda, a Milano regno come Ottaviano.
E così Guè ha trasformato il mondo.
I Dogo fanno un attentato terroristico all’immaginario del mainstream, rovesciano l’ordine e lo fanno per tutto il disco: I potenti della terra fanno i vip, Club D fa click click fuori dalla loro suite.
E niente vi darà mai la carica della delivery di Jake la Furia quando vi proietta sulla scena del crimine: Scusate l’interruzione, a una spanna dalla tua faccia è la canna del mio cannone e suona Calibro Nove come gli Osanna.
Non è solo un susseguirsi di colpi d’azione. Penna Capitale è piena di filosofia e probabilmente ci sono i brani con le atmosfere più intime mai creata dai Dogo. Una Volta Sola, No More Sorrow, Cattivi e Buoni che è una riflessione sulla spiritualità, cosa che dai Club Dogo non vi aspettereste mai.
La costruzione lirica dei pezzi non vuole essere un mero sfoggio di soldi e superficialità. Prendiamo un pezzo a caso: Falsi Leader. Canzone prodotta da Dj Shocca che inizia con il sogno di un governo di soli pensatori e filosofi, come se Guè fosse un Platone in preda ai narcotici, mentre Jake poco dopo incita a spengere le canne nella benzina.
Penna Capitale segna una tappa importante per tutta la scena, un vero e proprio prima e dopo. Probabilmente anche più influente di Mi Fist perché ha trasformato il rap degli slogan da protesta, come poteva essere quello dei 99Posse: «ho un rigurgito anti-fascista, appena vedo un punto nero ci sparo a vista» in qualcos’altro. I Dogo prendono il testimone dai Sangue Misto nel rmx di Cani Sciolti, e scegliere proprio questo pezzo, all’interno della grande mole di musica fatta da Neffa, Deda e Dj Gruff, aveva un peso non indifferente all’epoca.
La penna dei Dogo è intrisa di un romanticismo decadente e criminale che costruisce un mondo immaginato, che al contrario di quanto fatto da Neffa& I Messaggeri della Dopa, mantiene una certa tensione con la critica sociale. Una tensione che pervade tutto l’album.
I due mc avevano la percezione dell’aspettativa che la scena aveva su di loro. Un’aspettativa che riguardava la ricerca dei sample e la ricerca all’interno del testo. Nonostante tutto ciò fosse presente, quando l’album uscì prese molte critiche, come il fatto di non essere autentico perché Guè, Don Joe e Jake non erano criminali. La critica generale è riassumibile nel fatto che non erano autentici e coerenti. Non sono dei veri gangsta e l’immaginario criminale che creano è falso, però è proprio creando il falso, la finzione, lo spettacolo che sono riusciti a creare un’oggetto che, per quanto sia soltanto suono registrato continua ad avere un effetto su chi ascolta. Come quel classico di Calvino.
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