Credo che tutti abbiano dei momenti in cui sentono il bisogno di ascoltare dei generi musicali esterni alla sfera dell’hip-hop, anche solo per un breve lasso di tempo. In uno di questi momenti mi misi ad ascoltare alcune canzoni di Adriano Celentano, artista tra i pochi che apprezzo del panorama musicale categorizzato come “musica leggera italiana” grazie soprattutto alla sua capacità di essere sempre vario ed avanguardistico fin dai suoi esordi (fine degli anni ’50). In seguito a diversi ascolti e rilfessioni ho avuto modo di notare una cosa: il molleggiato, in determinate tracce, ha numerosi punti in comune con il genere che tanto amiamo.
La lungimiranza di Adriano Celentano
Mi sono soffermato in particolare su una delle canzoni probabilmente più famose, “Mondo in mi 7a“, dove l’intera durata viene sviluppata su di un unico giro di accordi, appunto in Mi settima, buttando un occhio sulla situazione del mondo che lo circonda. Già di per sé questo è un punto in comune col rap abbastanza forte, ma procediamo per punti. Innanzitutto il punto di vista dal quale Adriano racconta le cose è molto critico, denunciando fatti quali le guerre, il nascondersi dietro ai classici contentini pur di evitare i problemi più seri e i crimini all’ordine del giorno. Sguardo critico al mondo già dimostrato peraltro nella storica “Il ragazzo della via Gluck” tre anni prima.
Ma oltre a questo troviamo quello che si può considerare un vero e proprio skit, caratteristica tipica del rap e sicuramente non conosciuta dall’artista ai tempi, che a metà dei 6 minuti crea una sorta di pausa che spezza il brano ma che allo stesso tempo lo contestualizza.
Questa serie di punti in comune mi hanno poi fatto riflettere sul personaggio di Celentano, assolutamente estraneo e in controtendenza rispetto agli artisti associabili a lui, fatto di balletti e presenza scenica che gli hanno permesso di espandersi anche al di fuori della sfera musicale, verso televisione e cinema. Caratteristica che caratterizza la maggioranza dei rapper, soprattutto negli ultimi anni.
Celentano arrivò addirittura a pubblicare una canzone (“Il seme del rap”) considerata da molti il primo vero dissing della storia in Italia, a causa di una disputa nata dalla rivendicazione dell’artista pop di aver introdotto il rap in Italia con il brano “Priencolinensinainciusol“, all’indirizzo degli Articolo 31, che peraltro risposero con “Adriano vacci piano”.
Naturalmente tutto questo non significa che conoscesse il rap e la sua cultura, anzi con tutta probabilità non la vedeva di buon occhio, ma è incredibile pensare a quanto la costruzione dell’artista da parte della persona fosse così lungimirante, tanto da seguire, probabilmente involontariamente, i canoni dettati da un altro genere a distanza di mezzo secolo.
Di Simone Molina
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