Qualche giorno fa, navigando nei meandri dei “per te” di Instagram ci siamo imbattuti in un post dei nostri amici di Launcher molto interessante.
Il post ci informava che a partire da Gennaio 2024 cambieranno le modalità tramite cui la FIMI conterà gli ascolti dei progetti musicali per l’assegnazione delle certificazioni e di come le repack dei dischi non avranno più un ruolo così decisivo per alcuni artisti.
Puntiamo la lente di ingrandimento su queste novità ed analizziamone i possibili effetti.
Per quanto riguarda la prima novità, sappiamo che non verranno più considerati esclusivamente gli stream degli abbonamenti “premium”, ma anche quelli provenienti dai piani di consumo “free” e soprattutto l’introduzione nel conteggio degli ascolti generati da YouTube, anche tramite i video.
C’è da dire però che questi ascolti aggiuntivi avranno, nel computo totale della formazione delle classifiche e dell’assegnazione delle certificazioni, un peso minore rispetto a quelli provenienti dai piani di ascolto “premium”.
Senza dubbio questa decisione rivoluzionerà le classifiche, ma non in modo così decisivo per i grandi dell’industria che vedranno i loro ascolti, già cospicui, ingigantirsi in maniera esponenziale. Al contrario, per i piccoli e medi artisti questa potrebbe essere un ottima vetrina per collezionare buoni numeri e, di conseguenza, ampliare il proprio bacino d’utenza.
In un era in cui purtroppo i numeri contano (pur non essendo sinonimo di qualità), questa potrebbe essere per loro un occasione estremamente ghiotta.
Il discorso riguardante le repack dei dischi invece è molto più interessante e decisivo per tutti gli artisti, qualora venisse attuato.
A partire da gennaio 2024, per l’assegnazione delle certificazioni non verranno più conteggiati gli ascolti provenienti da repack uscite a distanza di più di un anno dal progetto originale.
Quanto influiscono le repack nelle classifiche e nelle certificazioni FIMI?
Viste le continue pubblicazioni che fanno gli artisti, a quanto pare, molto.
Questa decisione risulta essere la più importante per una motivazione ben precisa. Diciamoci la verità, viviamo in un periodo storico nel quale le repack vengono fatte esclusivamente per “boostare” i dischi e collezionare certificazioni attraverso progetti senza capo né coda.
Le Deluxe, nella maggior parte dei casi, non rispettano il concept originale del disco e, invece che aggiungere valore al disco rendendolo un’opera aperta, lo infiacchiscono a livello qualitativo, essendo composte per lo più da tentativi di hit piuttosto deboli.
Chiudere i rubinetti agli artisti pigri che vogliono continuare a lucrare con il nome del proprio disco non lasciandolo “morire”, sarebbe una svolta decisa e, forse, per voltare pagina e provare a dare una scossa all’ambiente è la decisione migliore che si possa prendere.
Dicendo questo non abbiamo nessuna intenzione di condannare le repack e le deluxe, ne esistono di valide. Le Deluxe e le repack più valide, solitamente, non vedono quasi mai la luce dopo un anno dalla pubblicazione dell’originale e, soprattutto, il mood è sempre allineato con il disco poiché spesso sono figlie concepito di marketing che prevedeva tale mossa già agli albori della progettazione e successivamente dello sviluppo del lavoro.
Quella dell’aggiunta degli ascolti “free” è una modifica certa: è arrivata la conferma ufficiale da parte dei canali d’informazione FIMI, mentre per le repack non abbiamo nessuna notizia certa, anche se dalle voci trapelate, molto probabilmente, ci si muoverà verso quella direzione. Attendiamo anche in questo caso una conferma.
Siamo molto curiosi di come tale notizia possa venire metabolizzata concretamente dagli artisti, non resta che stare a vedere, e sperare, che la corsa sfrenata alle certificazioni e alle classifiche venga quantomeno contenuta. Non solo per gli artisti, ma anche per noi ascoltatori.
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