Le storie di successo di uomini provenienti dai più disparati e solitari angoli del globo sono molteplici, passando dal mondo dello sport a quella della musica.
Proprio l’ultima edizione dei Grammy ha fatto sì che emergesse definitivamente una figura estremamente singolare e importantissima nel rap statunitense che però non si era ancora consacrata a livello mainstream : quella di Tyler, The Creator.
Il rapper losangelino, ha affermato di non avere mai conosciuto il padre e non ha avuto un’infanzia semplice, in linea con le pellicole biografiche d’oltreoceano; ma ha trovato nella musica la valvola di sfogo e un modo per poter esprimere la propria creatività e ricercare sé stesso. Servendosi di essa, ha creato un immaginario unico fatto di cuori spezzati, odio e paranoie. Lungo la sua carriera sono molteplici le controversie, così come i successi, ma la maturità artistica è arrivata con “Igor“, il suo ultimo album, che, a differenza dei precedenti presenta un Tyler insolito in tutto e per tutto; soprattutto a livello di sonorità, tra l’altro molto più riconducibili al pop che al rap. Tale progetto, positivamente acclamato dalla stampa di settore, gli ha permesso di vincere il premio come “Miglior album rap dell’anno” allo Staples Center di Los Angeles.
Per quanto menzionato poc’anzi, CNN, in un articolo del 27 Gennaio 2020, ha definito questa onorificenza come “alquanto ambigua”.
Infatti, ad avere accesso tutti i riflettori sull’artista non è stato solo il Grammy quanto le dichiarazioni rilasciate in mondovisione.
Subito dopo aver accettato e ritirato il trofeo, il classe 1991 autore di Igor si è detto risentito nei confronti della critica musicale per averlo definito un “artista urban“.
Egli non abbraccia questa definizione perché, a detta sua, “si tratta semplicemente di un modo politically correct di non dire la N-word e di escludere i cantanti neri da categorie come il pop“.
Quali sono i benefici musicali apportati da Igor?
In totale antitesi con Tyler, The Creator è bene sottolineare, semanticamente parlando, l’economia della parola “urban”, diventata oggi un termine ombrello per indicare la musica di estrazione popolare e ibrida a livello di generi. Pertanto, essa può solamente portare dei vantaggi alla musica in primis poiché gli stessi artisti potrebbero percepire una maggiore libertà espressiva invece che barricarsi in cellette definite senza possibilità di muoversi o sperimentare. D’altra parte, una classificazione per generi aiuta a identificare meglio i prodotti fino a che non vengono contaminati, come nel caso delle canzoni presenti in “Igor”, e per cui le definizioni talvolta sminuiscono l’operato. Allo stesso modo, ogni artista può decidere di proprio pugno di abbracciare una determinata corrente musicale per un periodo per poi stravolgere completamente la musica perché l’arte non è una competizione e non necessita di podi.
Probabilmente, il cantante californiano non ha riflettuto sulla moltitudine di benefici che tutto ciò apporterebbe.
Dunque, in un mondo sempre più globalizzato ha ancora senso parlare di generi musicali ?
Attualmente sì, ha ancora senso ma in futuro potrebbe non averne più perché a dominare potrebbe essere il contesto in cui la musica si colloca.
A differenza di qualche decennio fa, in cui era complicato trovare ascoltatori che si interessassero a più generi o talvolta anche a più artisti, la percezione della musica si è completamente ribaltata poiché il numero di persone appassionate strettamente a un solo genere, salvo rarissime eccezioni, è pressoché tendente allo zero. A giocare un ruolo fondamentale sono (e saranno) le playlist, che, giocando sulla regola della contestualità e del motivo per cui l’ascoltatore si serve di certe opere, indirizzano il tutto in una nuova maniera, lasciando maggiore libertà di fruizione.
Indipendentemente dai discorsi politici e con un contesto totalmente differente, i primi ad approcciarsi alla musica senza barriere furono Manu Chao e i Mano Negra, il suo gruppo. Essi erano soliti definirsi come world-music per via delle innumerevoli influenze che, di tanto in tanto, finivano per essere compresse nelle canzoni componendo conseguentemente le liriche anche in più lingue.
Ciononostante, i Mano Negra ebbero un successo spropositato e probabilmente potrebbero essere un esempio di coraggio, quantomeno nell’approccio, per le future generazioni di musicisti nonché un vettore per la “musica senza genere”.
Nessun commento!