Siamo in pieno luglio. Il caldo non è solo percepito nella nostra concreta esistenza, l’estate è entrata a pieno anche nella nostra rotazione quotidiana di musica che, obbligata a sopravvivere, non può far altro che togliersi il maglione e la felpa, esporsi ai raggi del sole sempre più pungenti. Perché in fondo, questo caldo non è che ci faccia così impazzire, soprattutto se si vive in città, si lavora o si studia. Spesso lo stesso rapporto che abbiamo col clima estivo, lo condividiamo con la musica: gli artisti ricercano la hit che sia capace di rimanere nelle charts almeno fino a settembre, e mai come in questo periodo dell’anno, il mercato sembra essere monopolizzato dagli interessi prettamente commerciali.
La scena rap, da quasi due anni, è stata monopolizzata dal campionamento di brani celebri di qualsiasi genere, una vera e propria “caccia al sample” che possa funzionare ed essere riportato in auge, e questa estate non è sicuramente da meno. Essa non rappresenta in alcun modo una minaccia per l’autenticità del genere, poichè è una consuetudine nel rap fare musica esplorando altri lidi. Stiamo parlando di un genere fluido, capace di essere inserito in tutti i contesti possibili, con più di qualche piacevole sorpresa (vedi “Pink Tape” di Lil Uzi Vert). Allora qual è il rischio? Procediamo per gradi.
Perché è tornato in voga il campionamento del sample?
La riscoperta del passato e di quanto esso sia così vicino a noi, non può che avere una grande influenza sul fenomeno. La musica in questo caso è uno dei tanti settori in cui avviene una rispolverata del vecchio, come se ci sia il bisogno di dover riattualizzare ciò che ha segnato la memoria collettiva dell’uomo nel tempo.
Tik Tok ha svolto un ruolo fondamentale nella riscoperta di alcuni successi e della loro conseguente reinterpretazione e in più sappiamo quanto esso sia diventato influente nell’industria musicale. Ci sono molti esempi di pezzi figli di un campionamento, che sul social network hanno riscosso un grande successo, come per esempio “Let Go” di Central Cee (sample di “Let Her Go” dei Passenger), o restando in Italia, della recente “Vetri Neri” di AVA, Anna e Capo Plaza (sample di “Mr Saxobeat” di Alexandra Stan), che sta spadroneggiando in top 50 Spotify e sui social da settimane. L’artista che si appresta a riproporre dei suoni già noti, gioca con la nostalgia dell’ascoltatore e sulla sicurezza che alcune strade già percorse possano essere gradite. Ma è un’equazione così semplice?
Luci e ombre: il campionamento è vittoria assicurata?
La concezione del sampling è stata accettata in Italia nell’ultimo periodo, e nella scena è un concetto largamente sdoganato da qualche anno. Ma nel Bel Paese, per troppo tempo, è stato un tabù, soprattutto il campionamento dei classici italiani, sia per il pubblico tradizionalista che considerava l’opera in questione un vero e proprio plagio, sia per gli artisti pop affermati, che fin dagli albori non si sono vergognati a palesare una sorta di repellenza nei confronti del rap italiano.
Pensiamo che il campionamento nel panorama musicale nostrano possa essere, infatti, una comoda e interessante via per raggiungere un’identità ben definita del nostro suono street. Di recente abbiamo visto l’esperimento di Drillionaire con “90 Special”, riattualizzazione dell’iconica “50 Special” dei Lunapop. Ecco, questo brano è l’esempio di come il campionamento non sia stato ben utilizzato: è stata sprecata l’occasione di poter dare un’identità urban al pezzo.
Cos’è il brano se non una calco dell’originale? Altri sono stati i goffi tentativi negli anni, tra questi la famosissima “Auto Blu” di Shiva, o, tornando al presente, la stessa “Fashion” di Drillionaire, Anna, Tony Effe e Benny Benassi, evidenti dimostrazioni di come l’utilizzo del brano non sia stato identitario e originale e non si sia andato oltre a un semplice remix.
Non possiamo, invece, non citare le occasioni ben sfruttate; quei pezzi che fanno da “exemplum“, rappresentazioni vere e proprie di come si può dare una versione hip hop dei più grandi classici italiani.
Come non partire dal 2001, “C’è chi vuole questo” di Inoki e Rischio, dove Shablo campiona il brano “Noi Duri” del re dello swing Fred Buscaglione; Fabri Fibra nel 2006 campiona e ripercorre la storica “E la luna bussò” di Loredana Bertè con la brano “La Pula Bussò”; Marracash nel 2008 rappa sul sample di “Segui il tuo cuore” di Gianni Togni e racconta magistralmente con “Estate in città” il disagio di chi non può permettersi la convenzionale vacanza; nel 2012 Squarta fornisce a Mezzosangue un beat sulle orme di “Camille 2000 (Alternative Take)” di Piero Piccioni, su cui scriverà l’iconica “Diventa quello che sei”.
Nei tempi più recenti, nel 2018, Noyz Narcos con “Sinnò me moro” ha saputo riportare la romanità di Gabriella Ferri nelle strade. Il perfetto compromesso tra un’ottima gestione del sample e una trasposizione nel contesto rap, ce l’ha offerta Guè con “Bling Bling (Oro)”, dove il campionamento di “Oro” di Mango prende vita e trova una seconda giovinezza nell’hip hop italiano. Nel più recente lavoro di Guè, “Madreperla“, abbiamo altri due esempi di come il rapper milanese tenti una ricerca di un suono originale e nostrano, con i brani “Mi Hai Capito O No?” (sample di “Hai capito o no” di Ron) e “Chiudi Gli Occhi” (tratta dal brano “Amore Impossibile” dei Tiromancino).
Conclusioni
Non c’è un modo giusto o sbagliato di usare il sample, ma dare una personalità al suono che si sceglie, rendere onore al pezzo e proporre una nuova vita a quel suono devono essere le prerogative per evitare di sprecare delle occasioni, che possono contribuire a dare al movimento hip hop italiano una maggiore autenticità nei confronti di quello internazionale.
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