Il Rap è da sempre un genere abbracciato
generalmente dal sesso maschile, sia come pubblico che come performers. Il pubblico ai live ha sempre visto una percentuale prevalente del così detto sesso forte, i testi misogini e aggressivi lo hanno reso un genere poco predisposto al gentil sesso. Nel passato, le poche ragazze che hanno provato a fare strada nel rap italiano hanno trovato solo porte chiuse, fischi e insulti sessisti.
Paola Zukar, famosa manager italiana, nel suo libro “Rap – Una storia italiana”, sconsiglia alle “femm’c” di tentare la scalata in un ambiente ostile e apparentemente “womenproof”, indicando invece il percorso da manager come scelta migliore.
È naturale però chiedersi perché debba essere così in Italia, mentre negli states le rapper donna di successo sono molte e riscuotono anche molta fama. Nicki Minaj, Cardi B, Rapsody e Missy Elliott sono solo alcune delle “signore” della scena rap americana femminile.
Le motivazioni che nel tempo si sono sentite sono molteplici: le donne non hanno una voce adatta per rappare, non hanno il personaggio valido e non possono competere con i colleghi uomini. Le Mc che provano a cimentarsi in questa disciplina dell’hip hop vengono criticate per i contenuti o il modo di esporsi, molte volte a priori, senza un motivo reale. In Italia tra l’altro, se una ragazza comincia a fare successo le maldicenze non si fanno attendere, il subumano deve per forza pensare che ha raggiunto un obbiettivo facendo favori a qualche “potente” del settore. Gli episodi di sessismo non mancano, specialmente quando si sente dire “per essere una ragazza non è male”, come se a loro fosse precluso cimentarsi nelle rime.
La condizione della rapper donna in Italia
Ultimamente però nel nostro paese l’aria sembra cambiata, nelle classifiche e in tendenza compaiono sempre più nomi femminili, il pubblico ai live è decisamente maturato e le collaborazioni tra rapper dei due sessi sono aumentate. Nomi importanti della scena maschile riconosco il potenziale delle colleghe appartenenti al gentil sesso e hanno quindi deciso di investire su di loro, supportandole e aiutandole nel percorso di crescita artistica, ricoprendo il ruolo di manager. Chadia Rodriguez, Beba, M¥SS KETA, Priestess e Fishball: questi sono i nomi più interessanti al momento.
Cinque stili differenti, che rappresentano cinque diversi tipi di ascoltatrici, le quali seguono queste “femm’c” proprio perché ci si rivedono. L’ascolto attento dei brani delle artiste citate fa capire l’elemento principale attorno al quale ruota la figura della rapper donna: emancipazione.
Non si tratta però di chiedere uguali diritti o discorsi, da femministe frustrate, fini a sé stessi.
Parliamo invece di come siano riuscite ad arrivare finalmente a trattare argomenti generalmente considerati esclusiva dei rapper maschi.
Fino a qualche anno fa era impensabile sentire una donna rappare su quanto sesso faccia e di quanti uomini possa avere, recentemente però la scena rap femminile è riuscita a sdoganare questo tabù.
Nell’ultima settimana l’uscita più interessante,
che ha ottenuto il primo posto in tendenza YouTube è stata la presenza di Beba
a “Real Talk”.
La classe 94 di Torino, che già si era fatta notare negli scorsi mesi per il dissing con la collega Chadia Rodriguez, è la prima donna ad essere ospite del format di Bosca e Kuma. La dimostrazione di possedere le metriche e le punchline necessarie per tenere testa agli standard del programma sono la conferma che la scena “rosa” è destinata a crescere e ha un potenziale altissimo.
Rime d’impatto, citazioni e stile sono state il mix perfetto per convincere Kuma, che era non poco dubbioso sulle capacità di Beba.
Roberta, che è la first lady del roster “Machete” sotto la guida di DjSlait, sta creando molte aspettative sui suoi progetti futuri e non ha alcuna intenzione di tirarsi indietro. Beba non è però l’unica ad avere una forte risonanza mediatica. La neo-rapper sarda Fishball e il suo dissing con il collega Nayt hanno attirato molta attenzione da parte del pubblico. Chadia, ospite di Ernia nel suo ultimo repack, è spesso in mezzo a molte controversie relative a voci che sostengono che il suo manager, Jake la Furia, le scriva i testi. Priestess e M¥SS KETA, che hanno da poco pubblicato entrambe un disco, dimostrano di non aver paura del confronto con i big della scena italiana, invitando sul beat insieme a loro artisti del calibro di Madman, Gemitaiz, Gue Pequeno e Luché.
In conclusione possiamo quindi rispondere alla domanda che ci siamo posti, alla quale molti “commentatori seriali” del genere rispondono con un “no” secco.
Le donne non solo possono, ma devono rappare perché hanno da dire, lo sanno dire e c’è bisogno di loro.
Di Ismail Ezzaari
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