Molte sono le riviste di settore che hanno trattato la Sad ENT, alcune con toni encomiastici pronte a gridare al miracolo, altre con giudizi ledenti e dispregiativi, ma come tutte le questioni che spaccano così a metà gli spettatori, la verità non sta nell’uno né nell’altro lato: non c’è proprio.
Più che chiedersi se il collettivo faccia buona musica o se faccia musica scadente, cerchiamo di rinvenire insieme le motivazioni per cui lo scenario emo, la musica punk e il linguaggio fortemente esplicito stanno tornando prorompentemente alla ribalta.
La Sad ENT è una neo-etichetta formatasi recentemente composta da Plant, Fiks e Theo.
I tre artisti, con influenze, storie e background diversi, hanno deciso di unire le loro forze per fondare una realtà capace di recepire le frequenze punk d’Oltreoceano e riproporle sul suolo nazionale.
I loro brani, da solisti e in gruppo, uniscono i ritmi pop-punk dei primi anni 2000 ai bassi distorti tipici dell’emo trap che riescono a diventare terreni fertili per dei testi, piuttosto standardizzati, in grado di arrivare a mettere radici fino all’immaginario Emo.
“Niente di nuovo” in molti penseranno, “lo hanno già fatto” o “per nulla orginali” diranno invece gli ascoltatori di Machine Gun Kelly, di YUNGBLUD e di Lil Peep, la vera scintilla che ha ridato vita al nuovo movimento punk in America.
Tutto vero, ma quindi cosa caratterizza il collettivo della Sad Ent? Cosa ci spinge a voler indagare su di loro? Quale meccanismo si innesca nel grande e complesso universo dell’industria musicale per far sì che il collettivo riesca a spremere ascolti nonostante il collettivo ammicchi ad una nicchia generalmente minuta in Italia?
La rapidità di ricezione e di riproposizione musicale, l’acume di aver risposto in maniera soddisfacente al bisogno tacitamente condiviso dal pubblico italiano di musica “sad” e il ringiovanimento del genere ormai decrepito e desueto nello Stivale.
Prodromi, sviluppi e caaratteristiche della Sad Ent
Erano gli ultimi mesi del 2019 quando Machine Gun Kelly iniziava a pubblicare le sue prime tracce punk e la fetta di ascoltatori italiani rispondeva di buon grado ma era ancora più lampante, proprio dalla stessa porzione di pubblico, la necessità di rintracciare, tra le file dei nostri artisti “il Peep italiano”.
La volontà di ricercare ed etichettare un artista italiano come un equivalente di un artista americano segnala proprio la volontà di avere un prodotto simile ma pienamente fruibile anche nel significato.
L’incrocio delle chitarre elettriche distorte e dei bassi tremanti dell’emo trap era già avvenuto, bisognava solamente catturarlo, addomesticarlo e crescerlo nei propri luoghi.
La capacità di recuperare in breve tempo, grazie al riflesso dell’America, un genere che in Italia sembrava clinicamente morto ha permesso a Theo, Plant e Fiks di svecchiare, togliere le ragnatele e revitalizzare un genere che era rimasto fermo agli Articolo 31, ai Punkreas e ai Finley, gruppi che hanno sì fatto la loro storia, ma che oggi, viste le dinamiche differenti, farebbero fatica a condividere al meglio le incertezze, le perplessità e le stravaganze che le nuove generazioni vivono. Per un nostalgico della Generazione Z cresciuto a pane ed MTV, risentire a distanza di almeno un decennio le power chord, i soliti tre accordi ribattuti e le percussioni incalzanti tirate a lucido risveglierà i ricordi più melensi e nostalgici, ma questo tipo di musicalità qui, rinforzate dalle caratteristiche più comuni e periferiche della trap, permetterà di far apparire l’intero prodotto come una grande novità per chi in precedenza non ha avuto modo di apprezzare il pop punk e le sonorità ad esso affiliate.
Più che dei capelli tinti con colori sgargianti, oggi normalizzati, o il vestiario tipicamente grunge poi fatto diventare pop-punk in dosso ai Green Day o ai Sum 41, a destare scandalo e motivo di discussione per tanti, sono stati i testi e la loro attitudine.
Nei quattro brani all’attivo della Sad ENT riunita (“PSYCO GIRL”, “SUMMER SAD”, “SAD LIFE” , “MISS U” sono i brani in cui i membri sopraelencati dell’etichetta si riuniscono, sono però presenti anche brani da solisti dei singoli componenti) il leitmotiv ricorrente è la delusione amorosa scaturita dalla brusca rottura di un rapporto con le conseguenti reazioni rabbiose.
Il linguaggio colorito che utilizzano, gli anglicismi a tratti forzati, le iperboli ricorrenti, gli accostamenti spesso fatti con sostanze stupefacenti mirano ad esprimere la loro angoscia nel realizzare l’impossibile capovolgimento della situazione che corrode da dentro il personaggio che racconta la storia.
Ascoltando in fila i brani, verrebbe fuori una sorta di prima rielaborazione rabbiosa del lutto emotivo che delinea la fase in cui la persona è priva di raziocinio ed è intenta ad inveire contro la partner accusata di essere l’artefice di tutto il dolore.
Per quanto i testi siano criticabili perché misogini e macabri, questi offrono all’ascoltatore un momento di puro sfogo che punta ad esorcizzare, a far scatenare e ad acquietare l’animo di chi soffre pene d’amore facendo scaturire dallo sfogo un piacere effimero paragonabile all’urlo con la testa affogata nel cuscino dopo un pianto. La depressione e il suicidio vengono qui affrontati in maniera leggera, sgravata dal loro reale peso come a voler alleggerire l’ascoltatore al fine di non farlo sentire solo, spronandolo a sbraitare e a farlo diventare un tutt’uno con il suono.
Voler censurare questo tipo di testi significherebbe non voler rappresentare da una prospettiva differente, non voler sapere più niente di una triste faccia della realtà che esiste e che scalcia: l’arte, in qualsiasi forma, rappresenta, non educa né tantomeno è atta ad incitare direttamente.
La misoginia, la violenza, la depressione e il suicidio, se non venissero rappresentate esisterebbero comunque e se venisse impedita la loro trattazione in tutte le forme, i fenomeni che le incarnano verrebbero frantumati in micro-particelle che darebbero vita a questioni ancor più difficoltose da riconoscere e da estirpare poiché, come la storia insegna, seppur con diverse fattezze, tutto ritorna.
L’indignazione fomentata dalle tematiche, tutte quante discutibili, e la scelta di infrangere la barriera del politicamente corretto prende ancora più forza racimolando tutti quegli argomenti che nell’immaginario di chi si approccia alla trap risultano stucchevoli. Se da una parte della scena le nuove leve si fanno avanti parlando di situazioni cameratiste, elitarie, di spaccio e di smanie di conquista, da quest’altra, quasi a voler controbilanciare, si sceglie di parlare di situazioni singole, uniche ma condivisibili, di consumo deviante di sostanze, di delusioni amorose e di ricerca di una propria tranquillità in mezzo ad un mare agitato dall’ira. Le due diverse forze che ruotavano impazzite ora si stabilizzato, assumano connotati marcati e diventano due poli di una dicotomia che si uniforma, si respinge ma si completa, in cui la parte opposta lascia gli elementi che donano la ragione d’essere all’altra.
Se è quindi vero che la storia si muove verso una dialettica che oscilla tra un bisogno e il soddisfacimento di questo da parte di un gruppo più o meno grande di persone, la Sad ENT, facendo ciò che più piace a loro, ha saputo attirare su di sé e soddisfare quel tipo di attenzioni che gli ascoltatori vogliosi di vibrazioni emotional ricercavano da tanto tanto tempo, permettendo anche ai punkabbestia di rispuntare fuori dal sottosuolo e di ritrovare un loro posto in una mappatura musicale che non sentivano più propria.
Di Riccardo Bellabarba e Giordano Conversini
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