Recensione di 23 6451
E’ proprio vero che la storia si ripete, come un loop infinito. Mi sembra di rivivere il periodo dell’uscita di XDVR, durante il quale gli ascoltatori di rap italiano, o almeno una buona parte, non si capacitava di come un personaggio come Sfera Ebbasta e la sua musica potessero piacere. Ho parlato di quel periodo perché l’ho vissuto in prima persona, ma se ne potrebbero fare a decine dato che la storia è piena di esempi di album e artisti che non sono stati capiti subito; e questo è anche quello che, probabilmente, sta accadendo oggi a tha Supreme.
“23 6451” è il primo album di tha Supreme, uscito il 15 novembre per Sony Music Italy. Nell’ultimo anno il rapper di Fiumicino ha fatto parlare parecchio di sé, mostrando al pubblico pezzo dopo pezzo il suo stile anticonvenzionale, riassumibile in maniera un po’ semplicistica con “Scu0l4”, il brano che ha fatto capire alla platea la figura di tha Supreme, che di lì a poco sarebbe diventato una figura rilevante nel rap italiano.
Infatti, se da un lato tha Supreme è considerabile originale per la sua musica, alla quale riesce a dare un’impronta personale e riconoscibile fin da subito, dall’altro può risultare autore di un prodotto monotono e dai testi banali. E’ vero, i testi del classe ’01 non sono niente di così elaborato, ma è comunque riuscito a trasformare questo difetto in un punto di forza per il suo immaginario, composto da melodie perlopiù colorate e coinvolgenti, rafforzate dalle parole “swingate” ormai marchio di fabbrica di thaSup.
Volenti o nolenti, i ritornelli e le melodie catchy realizzate da tha Supreme hanno avuto un impatto fortissimo su tutto lo Stivale. Tramite queste sue capacità, il giovane autore riesce a rappresentare bene il costume sociale delle nuove generazioni (frutto dell’evoluzione della società liquida post-moderna) caratterizzato da, ma non solo, sbalzi d’umore e dalla volontà di offuscare o nascondere i pensieri più tristi e malinconici, proiettando all’esterno solo ciò che di più bello viviamo.
In alcune tracce dell’album come “Ch1 5ei te” o “Come fa1” si può notare il contrasto tra le strumentali dal ritmo caotico e il contenuto personale, ma appunto tranne in poche situazioni, il disco è da presa a bene.
“Blun7 a swishland” è l’esempio lampante di ciò che funziona nella musica di tha Supreme e al contempo di ciò che non funziona. Un testo frivolo, senza le caratteristiche basilari che ci si aspetterebbe da un rapper italiano o quantomeno da un membro della Machete. Qui viene il bello però. Il brano è con tutta probabilità il singolo più apprezzato dai fan nonostante non abbia gli elementi sopracitati.
Tha Supreme non ha le caratteristiche del classico rapper, ma questo è sotto gli occhi di tutti. Difatti la sua musica, almeno personalmente, non è facile da apprezzare a primo ascolto, così come non lo fu per me la prima Dark Polo Gang. Non c’è una strofa all’interno dell’album che mi abbia fatto esclamare “oh qui rappa normalmente”, e questo non è per forza un male. Le strofe più convenzionali però le hanno apportate i numerosi ospiti che hanno collaborato al progetto. Marracash ha rilasciato una strofa conforme allo stile più soft intrapreso nel suo ultimo album in “Occh1 Purpl3”, una delle tracce più riuscite. Anche Lazza e Dani Faiv ci sono andati piuttosto leggeri in “Gua10” e “No14”, riuscendo però ad apportare qualità e concretezza al brano. Si può dire lo stesso per Mara Sattei, la quale ha confermato ancora una volta la sinergia consanguinea (letteralmente) con il fratello in “M12ano”. Non mi soffermo oltre sui featuring dato che escluse le discrete prestazioni di Nayt e Mahmood i restanti featuring mi hanno lasciato a desiderare, a buon intenditor poche parole.
“23 6451” non è l’album dell’anno, ma non è neanche un flop. L’equilibrio di questi tempi è cosa rara e credo di aver sentito parlare troppo male di quest’album. Tha Supreme è solo un ragazzo di 18 anni che ha espresso al 100% il suo immaginario all’interno di questo progetto che di per sé, pur non avendo picchi elevati, è perlomeno originale. Vedremo se il rapper romano sarà in grado di migliorarsi e soprattutto confermarsi dopo quest’album che, con tutte le critiche del caso, ha comunque infranto diversi record diventando il secondo miglior debutto di sempre su Spotify dietro a Machete Mixtape 4, del quale tra l’altro è un protagonista indiscusso.
Di Simone Locusta
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