Parlare di un disco come Vile Denaro uscito quasi diciassette anni fa è sicuramente qualcosa che mette un brivido lungo la schiena. L’album è la fotografia perfetta di un’Italia in cambiamento, sempre più milanocentrica e ancora attuale. I Club Dogo sono Milano e con la loro poetica, al loro terzo disco, raccontano la parte più buia e fredda del capoluogo lombardo. Vile Denaro è di difficile ascolto, sporco, parla milanese e trasuda Milano da tutti i bpm. Soldi, cocaina e sirene: l’album racconta tutto il malcostume del belpaese sotto gli occhi vigili del Duomo. Siamo ben lontani ormai dall’esperienza raccontata in MiFist e in Penna Capitale, quella di Vile Denaro obbliga l’ascoltatore a adattarsi su un sound sporco e gangsta.
Il denaro sembra essere il primum movens dell’intero progetto, sia l’oggetto in sé, sia il potere che da esso deriva. Che Vile Denaro sia anche il primo album in major del trio non è un caso. A proposito di questo, non bisogna dimenticare che il biennio 2006-2007 ha segnato una spaccatura nell’industria musicale italiana; sono i primi anni in cui le major investono seriamente nel circuito rap ed Hip Hop. Dopo Fabri Fibra nel 2006 anche i Club Dogo ‘tradiscono’ quella fetta di appassionati più underground piegandosi al Vile denaro dell’industria.
Questo intento sembra testimoniato anche dalla copertina con il cerbero del rap italiano che guarda fisso in camera e un insert coin tipico dei giochi arcade stampato sulla loro testa. ‘Pagare per vivere’ sembra questo il mantra di tutto il disco. L’autoironia però non basta a decifrare un progetto così ampio. Non è solo il passaggio del gruppo dall’underground al mainstream ma c’è molto di più; il gangsta rap (o il droga rap) di Vile Denaro pulsa nel cuore di Milano e, attraverso i battiti, filtra nelle vie di tutta Italia.
Se Mi Fist era un virus Vile Denaro diventa un’epidemia. La maturità del gruppo dopo anni di gavetta arriva con il loro disco più cupo e dark, nonostante sia il primo disco in major dei Club Dogo è forse per attitudine quello più street: «il disco più real che abbiamo fatto» così lo definisce Guè Pequeno in un’intervista.
I Club Dogo uniscono fotta, stile ma anche la stessa voglia di andare contro il sistema che da sempre li aveva contraddistinti. Incubo Italiano, traccia che apre l’album, sembra essere una dichiarazione di intenti: rime contro Berlusconi e i canali Mediaset, fame e denaro. I Club Dogo sono l’incubo nazionale perché fanno paura all’italiano medio.
Vile Denaro è una montagna russa, si alternano picchi altissimi a tracce più insipide. Uno dei picchi è senza dubbio Confessioni di una Banconota. Il pezzo è uno degli storytelling più riusciti nella storia del rap italiano: prendendo il punto di vista di una banconota i Club Dogo raccontano tutto il male, ma anche il bene e il piacere che provocano i soldi. Non è la banconota che gira intorno al mondo ma il mondo che gira intorno alla banconota: «Sono come il Sole e tutto il mondo mi gira intorno».
L’album trova spazio per raccontare uno spaccato sociale e politico molto forte. Le onnipresenti accuse al governo Berlusconi, l’esplosione della cocaina come status symbol, la ricerca del soldo offrono una visione della società totalmente distorta. Ne troviamo esempi in La verità, Mi hanno detto che o in C.D.
In dulcis in fundo c’è lei, la traccia-regina del disco. Puro Bogotà. Non c’è nulla da dire che sia stato già detto su questa traccia, addirittura la nuova generazione per omaggiarla gli ha dedicato uno spin off in chiave Narcos molto riuscito: Puro Sinaloa. Quasi tutti i featuring sono addensati in questo brano: le citazioni mitologiche di Vincenzo da Via Anfossi (a.k.a. Enz Benz) e la strofa iconica di Marracash sono un valore aggiunto che rendono la traccia un classico. Un vero inno-manifesto che porta il droga rap in major e racconta la vita di strada come mai aveva fatto nessuno prima d’ora. Adesso si attende solamente di poterla cantare, dopo tanto tempo, di nuovo ai concerti.
Al netto di alcune stonature, Vile Denaro segna una cesura molto forte nella carriera dei Club Dogo. Non finisce solamente il loro periodo da indipendenti, ma vi è una svolta musicale importante da questo momento in poi. I pezzi da radio, MTV, le hit da club senza però perdere la loro essenza e la loro dignità musicale. Con Vile Denaro i Club Dogo arrivano in major e dettano il loro gioco, fanno ciò che vogliono senza mai rinunciare alla loro attitudine iniziale.
Con le ombre di Vile Denaro inizia a farsi strada la narrazione della Milano Gotham, la città in cui ‘fa tanto freddo, schifo e non se ne può più’ (scomodando un gigante del cantautorato) sempre più sopraffatta dai suoi vizi e dalla sua oscurità. E nell’ottobre di quest’anno, inaspettatamente e tra lo stupore di tutti, i Club Dogo sono ritornati da re. Oggi come allora: pagare per credere.
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