“ANTI ANTI” si costruisce e si afferma negando, nega affermando e scappa freneticamente da una parte all’altra per non-perdere il suo premio. Quindi iniziamo da qui, destrutturando un disco che richiedeva più di qualche ascolto.
«Però, se tutto è contraffatto, allora tutto è autentico»
La premessa più semplice e superficiale è che, in un periodo di deluxe-rianima-disco scadenti, di album realizzati dall’IA e di tentativi maldestri di spremere ancora l’effetto “nostalgia”, “ANTI ANTI” non è stata nemmeno la più abusata metafora dell’acqua – tutt’al più direi “acqua sporca” – nel deserto.
“ANTI ANTI” è l’incrinatura del vetro sulla macchina nuova di pacca, l’errore di battitura o la pagina acciaccata nel libro appena comprato, il cumulo di cartacce vicino alle tag in un sottopassaggio di una stazione in cui è appena passata la ditta delle pulizie, il momento esatto in cui d’inverno esci dalla placenta del piumone ed entri a contatto con un mondo freddo fatto di scadenze e routine.
“ANTI ANTI” è il feticcio di una rappresentazione grottesca che esiste, uno scalpello capace di spezzare per un attimo quella «non-verità-vera di quello che vedo su YouPorn, sul suo essere autentico e allo stesso tempo contraffatto»1; il disco di 18K spezza la monotonia stereotipica della scena urban, centrifugando semplicemente sé stesso, i suoi gusti, ciò che lo fa sentire vivo, dentro il suo prodotto artistico.
Nel rap troviamo spesso la micro e la macro criminalità, ci sono le relazioni amorose, le storie di successo in cui si passa da niente a tutto; ci sono così tante storie che si assomigliano così tanto da sembrare contraffatte. «Però, se tutto è contraffatto, allora tutto è autentico»2.
Una sveglia, un indizio che ci tiri fuori dal patto narrativo a cui aderiamo spesso noi e l’industria, qualcosa che ci faccia scappare, o in questo caso meglio dire “correre via“, diventa revitalizzante e “ANTI ANTI”, come pochi altri dischi rap del 2024, riesce a farlo.
Negare per affermare
(−)×(-) = (+). Meno per meno fa più. Sebbene il rapper classe ’97 abbia pubblicato svariati progetti prima di questo, nessun suo prodotto aveva rappresentato così eloquentemente la sua cifra stilistica. “ANTI ANTI” è una sorta di litote, un’affermazione composta da negazioni, in cui 18K dice di essere il nemico del nemico, quindi il buono, ma la forza del concetto sta nell’essere espressa tutta con il segno negativo.
Ancora una volta la parola chiave è “identità“: ogni cosa è uguale a sé stessa e diversa da un’altra. Il processo identitario artistico che si crea in questo disco sta nella separazione, nell’allontanarsi da qualcosa per riconoscersi, descriversi e farsi descrivere.
18K scappa in continuazione, lo senti correre via come un forsennato per tutto l’album e lo fa con una disinvoltura che nemmeno Blanco aveva. Basta leggere – non me ne voglia 4997 perché il beat pazzesco in questo caso fa la differenza (consiglio l’ascolto infatti) – il pre-ritornello e il ritornello dell’intro “Pegi 18” per capire la frenesia con cui passa da un’immagine all’altra:
[Pre-Ritornello]
18K – Pegi 18 (ANTI ANTI, 2024)
Baby, andavo a letto senza cena
Con l’ansia che tutto questo non mi riusciva
Non ci hanno creati per lavorare e morire
Creare parole e non dirle
Scaleremo verso il paradiso arrampicandoci
Fanculo a chi c’ha deriso, saremo martiri
Fanculo a questo inferno, saremo angeli
Lasceremo le colpe a questi esseri umani, i-i-i
[Ritornello]
PEGI 18, ciottoli nel fiume, il sole è morto
PEGI 18, ciottoli nel fiume, il sole è morto
Calati di sotto, calati le mutandine-dine
Ca-Ca-Calati di sotto, calati le mutandine
Sono il sale in fondo al pacchetto di patatine
La panchina rotta su cui non ti volevi sedere
In tasca c’avevo un g e le Brooklyn alla cannella
Ora fanno i lecca lecca con il succo di tetta
Da una fugace riflessione sulla vita, passando all’impossibilità di comunicazione per ritornare di nuovo al paradiso, riscendere all’inferno e ritornare tra i mortali, il tutto in 6 versi.
Il ritornello invece, dopo aver messo virtualmente il marchio “PEGI 18” come disclaimer per le scene successive, sfreccia da un’allusione sessuale, alla secchezza che dà il sale sul fondo del pacchetto di patatine, al g nelle tasche insieme alle gomme da masticare e chiude con l’immagine grottesca e perversa di un lecca-lecca al gusto di latte materno (Homelander/Patriota apprezzerebbe). Questo in 8 versi.
Scappare freneticamente
La corsa all’impazzata, il voler essere il nemico del nemico, e quindi l’amico, riesci a sentirlo anche nelle produzioni curate da Ed Mars, 4997 e 85prod. I tre beatmaker sono stati capaci di creare una pellicola sonora cupa, sgranata, a tratti delirante, su cui far incidere graffiando con un oggetto appuntito le sensazioni dell’artista.
Sonorità techno, rage, elettroniche, hyper, metal, hard, diventano particelle instabili e vengono stipate dentro i contenitori-brano bui che 18K illumina con una luce intermittente, grigia e inadeguata, metafora dell’animo tormentato che sussulta anche nei testi.
Momenti di pazzia, aggressività (come “Ho Chiesto Aiuto Al Cielo“) aizzati da suoni dell’organo o di strumenti a corda che animano diabolicamente le tracce, si alternano a momenti di apatia: nella tracklist il delirio di “XXL” si accosta a “Vendetta” – una delle tracce più strappafegato dell’album, su questa non aggiungo altro se non “ascoltata – e alla forza di gettare la passione oltre l’ostacolo di “Nemmeno Mia Madre“.
L’esplosione elettronica e rage di “SPEED!”, “Pezzo Di Terra“, “KKK” con EMMA si controbilanciano con suoni più canonici, dilatati, che ripercorrono il ricordo malinconico dell’infanzia sporcata in “Bambini“, la ri-flessione ad alta voce fatta sulla “social catena umana” che resiste alle sofferenze in “Cuore” e che si ri-sbilancia verso l’esagerato, il disordinato e il grottesco in “Biscia“.
La coerenza stilistico-musicale del progetto sta soprattutto nel comparto sonoro: è come se le sonorità stesse scelte siano apparentemente nemiche stesse della scena, tanto nemiche da fare il giro, entrare dal retro e diventare sonorità partecipi alla comunità HipHop.
La frenesia, il prendere le distanze e lo scappare di 18K lo trovi soprattutto nei testi. In un brano come “Centro Tuina“, in cui fa metaforicamente riferimento ai centri di massaggi cinesi e agli effetti delle droghe allucinogene, mette spaccati di vita soppesati (il suo lavoro in pescheria, il ri-piegarsi sul telefono davanti a situazioni disagianti, esperienze di amici e amiche ecc) e particolareggiati:
Le tue lacrime sono salate più dei baccalà che dissalavo (Fah, fah, fah)
18K – Centro Tuina (ANTI ANTI, 2024)
Come puoi piangere? Sappiamo che il mondo è sbagliato (Lo sai)
Sto chino sull’iPhone, non parlo (Eh)
Il mio amico mi ha salvato, ora tocca a me salvarlo (Ora tocca a me salvarlo)
Qua-Quando vedo un cameriere o un operaio
Non voglio chе pensi (No, no) che non so che cosa stia provando (Io lo so)
Chе ci fai più soldi con dei pacchi d’erba (Pacchi d’erba)
Senza fare un cazzo, pachiderma (Feh)
Tutti i miei ex colleghi avevano malanni (Fah, fah) e attacchi d’ernia
Tutte le ragazze della scuola ora le vedo brutte (Cesse)
Una volta avrei pagato soldi per farmele tutte
Per molti la vita va al contrario
L’accostamento per accumulazione di idee e concetti rendono bene il flusso di pensieri ingarbugliato, il frullato di vita che viene espresso come se quanto dice gli fosse rimasto impigliato nell’orecchio:
La scelta dell’aggettivo “funeste” che un’opzione lessicale insolita, iconicamente collocato nella lingua italiana – nel più comune dei casi – all’ira di Achille, qui slitta e si accosta a due aperture sulla parete, trascinandosi fino al verso sotto, con una sorta di enjambement, facendo nascere l’ambiguità che ti fa chiedere se “funeste” si riferisca solo a “troie” o anche a “porte, finestre”.
L’inquietudine rabbiosa e una bipolare ambiguità che, come «la bomba più grande del mondo» scoppia dentro “Pezzo Di Terra“, facendoci capire perché il rapper, sentendosi un incompreso, continuerà ad esprimersi solo nella maniera che sente più sua:
Questi uomini normali hanno il fisico di Hercules
18K – Pezzo di Terra (ANTI ANTI, 2024)
Perché sanno che senza quello non hanno niеnte
Uscivo dalla grotta perché cercavo la lucе
Ma la luce è artificiale, quindi sto nelle mie tenebre
Affermare negando
Mi sono chiesto che valore ha l’oro se tutti quanti hanno addosso oro
18K – Anti Anti (ANTI ANTI, 2024)
Mi sono chiesto che valore ha un culo se tutte quantе hanno un bel culo
Mi sono dato due schiaffi in faccia, ho detto: “18, hai lе tue vibes
Non puoi seguire ‘sti mongoloidi, ‘sti asteroidi
Quasi al termine del disco ciò che arriva è la sveglia di cui parlavo all’inizio, il contatto gelato con il mondo, la presa di coscienza e il risveglio. Se tutti cerchiamo di fare gli anticonformisti, nessuno di noi lo sarà veramente.
Si chiude il sipario e arriva l’outro “Qua Nessuno Perde”. Perché «se tutto è contraffatto, allora tutto è autentico»,
E la strada è sempre quella
18K – Qua Nessuno Perde (ANTI ANTI, 2024)
E posso farla alla cieca
Tanto ormai lo so che da qui me ne andrò
E la strada è sempre piena
Sto tornando da vincente
Cash in tasca, nessun pendente (Qua nessuno perde)
E se tutto è autentico in una narrazione fittizia e finta, non ci sono vincitori o vinti, ci sono solamente persone che cercano di trovare una via di realizzazione che le porti a dotare di senso le proprie esistenze. Perché il premio è proprio non avere un premio.
Conclusioni
La non-sconfitta, quindi la vittoria, di questo album sta proprio nell’aver realizzato un prodotto artistico in cui si ascoltano le passioni, musicali e non, di una persona, le ispirazioni, le volontà, i sogni e le esperienze, non il cartonato di un presunto rapper da vendere.
La dimostrazione di come si possa firmare un contratto per una major e portare sé stessi, la propria visione ad un livello ulteriore tramite i mezzi che ne conseguono.
Auguro a 18K il successo e che il disco venga preso d’esempio per chi abbia voglia di osare, senza dover per forza ripiegare nel solito compitino.
Con la collaborazione di Modesto De Luca.
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