Prima di Assurdo di Tredici Pietro
Immagina di avere una disponibilità economica da far invidia a chiunque.
Immagina di essere popolare senza aver mosso nemmeno un dito.
Immagina di avere tutto questo e non fartelo bastare.
Mentre leggi ciò, svaccato sul divano, con il ventilatore puntato addosso o con l’aria condizionata adatta a rievocare il freddo antartico mentre il mondo fuori si scioglie, sorseggiando una bibita fresca, penserai “assurdo”, sarebbe qualcosa che si spinge contro ogni logica.
Visto il panorama italiano attuale caratterizzato dal veloce ascensore sociale che ti porta al successo o all’anonimità in men che non si dica, chiunque metterebbe il proprio nome con il sangue se si potesse firmare un contratto di benessere perpetuo.
Nonostante Pietro avesse apparentemente tutto questo, non si sentiva appagato.
I meno intrepidi daranno lui dell’ingordo, ma bisogna ben tenere in mente che chi vive in un imperituro stato di equilibrio, perde completamente il concetto di tranquillità, in quanto esso nasce prima dalla conoscenza empirica della fatica poi dall’assenza di essa. Probabilmente la commistione di tutti gli elementi elencati ha concorso alla gestazione e alla generazione dell’EP “Assurdo” di Tredici Pietro.
Assurda infatti è la decisione che ha preso di volersi staccare dalla sua zona di comfort, assurda è la sua voglia di fare e assurdo è il percorso che ha intrapreso per poter giungere a questo livello di autocoscienza.
Pietro Morandi, in arte Tredici Pietro (pseudonimo che nasce per puro caso poiché quando decise di intraprendere una carriera di rapper aveva intorno tredici persone), era stanco di essere conosciuto solamente come il figlio di Gianni Morandi.
Soltanto per i più giovani Gianni Morandi appare come una web star che risponde simpaticamente ai suoi detrattori tramite i suoi profili social, ma anche il più distratto sa che stiamo parlando di una colonna portante della musica leggera italiana che ha venduto milioni di dischi in tutto il mondo, che ha preso parte a sceneggiature televisive e che ha avuto l’onore (quasi come premio alla carriera) di condurre il festival della canzone italiana di Sanremo.
Di riflesso, viene automatico, per il figlio essere famoso.
Pietro però non ha mai voluto essere famoso solamente per il cognome che porta, contrariamente da quello che si può pensare, la sua passione per la musica non è nata tra le sue quattro mura di casa, bensì dal tubo catodico televisivo che gli ha fatto scoprire in giovane età il rap americano. Saturo della troppa musica presente nel suo nido, il giovane bolognese iniziò a praticare il rap solamente fuori dalla sua abitazione, nascondendo gelosamente la sua passione ad una famiglia oramai dedita a tutt’altro genere.
Proprio quando il web rideva con le divertenti risposte di Gianni su Facebook, Pietro, come un inesperto ragazzino che vuole attirare completamente l’attenzione su di sé, catturò gli sguardi più curiosi uscendosene goliardicamente con un pizzico di avanguardismo: nel 2018 pubblica “Pizza e fichi”, che riprende il titolo da un vecchio modo di dire usato per sottolineare che ciò di cui si sta discutendo è davvero tanta roba.
L’autoironia è sempre stata una caratteristica dell’italiano tradizionale, ma talvolta essa non viene capita e viene presa soltanto come un modo comune di scherzare fine a sé stesso.
Questa prima traccia pubblicata, tramite i numerosi meme circolati in rete che giocavano sulla canzone stessa e sulla grande somiglianza che ha con il rapper americano Logic, ha fatto sì che il giovane Pietro apparisse agli occhi di tutti come un nuovo fenomeno da baraccone su cui scherzare un po’ per poi accartocciarlo e buttarlo nel dimenticatoio.
Poco importava in quel momento, l’attenzione era su di Pietro, gli occhi erano puntati su di lui, non importava come essa fosse stata catturata.
Per mantenere il pubblico sull’attenti spara altri due colpi di mortaio insieme al beatmaker Mr.Monkey, che più di una semplice comparsa sembra essere un attore coprotagonista: “Piccolo Pietro” e “Rick & Morty”, sono i due brani che hanno seguito “Pizza e Fichi”, a testimonianza del fatto che il suo primo singolo non sarebbe stato un evento isolato atto a finire lì.
Il fatto di riapparire sistematicamente , senza troppo preavviso, ha permesso a chi segue la scena rap di accorgersi di Pietro, così a Marzo del 2019 decise che era ora di fare sul serio e di pubblicare “Passaporto”.
Il pubblico non ride più, cala il silenzio e lo spettatore cambia la disposizione del suo animo, come quando uno show man inizia a parlare di un tema serio dopo aver fatto una battuta per sciogliere il ghiaccio: il brano parla della frustrazione che prova un ragazzo ambizioso nell’impegnarsi costantemente per ottenere risultati senza vederli sul breve termine.
Recensione di Assurdo di Tredici Pietro
Nessuno si sarebbe mai aspettato un singolo del genere da parte del simpatico Pietro. Il suo obiettivo era proprio quello di stupire e di far ricredere: dopo aver catturato l’attenzione della gente scherzando e dopo essersi fatto affibbiare il cartellino da “meme vivente”, Pietro decise di togliersi l’etichetta appiccicata in fronte scaldando la colla dell’adesivo con l’aria calda dell’emotività per poterla rimuovere senza lasciare nessun tipo di residuo.
Dopo aver pubblicato l’ennesimo brano dalle tinte più serie (“Tu non sei con noi bro”), annuncia su Instagram, con soli tre giorni di anticipo, che il 7 Giugno sarebbe comparso su tutte le piattaforme digitali, a mezzanotte, il suo primo progetto ufficiale, “Assurdo”.
E va sottolineato “Assurdo” di Tredici Pietro, tra l’incredulità, è riuscito a sbalordire tutti.
Il progetto si articola in 7 tracce che delineano a tratti chiaro scuri chi è realmente Pietro: la titletrack apre l’EP e accoglie l’ascoltatore nell’atrio della testa di Pietro, il maggiordomo Mr. Monkey, tramite dei suoni ben congeniati, permette di far accomodare l’ascoltatore, di farlo sedere e di far vedere tramite un cortometraggio di 21 minuti l’angolazione con cui Pietro guarda il mondo e i vari piani che ha per poter ritagliarsi una posizione nella scena. Tramite l’egotrip “Biassantot” (“nottambulo” in bolognese), descrive alcune scene piuttosto crude che accadono sotto i porticati di Bologna, infilando qua e là qualche barra riflessiva utile a non far scadere la traccia nella mera autocelebrazione. In “Tu non sei con noi bro” rimarca l’importanza del gruppo e della squadra che lo ha sempre motivato e che lo ha spinto nel momento giusto a fare musica. “Leggenda” è un brano d’impatto evocativo dal punto di vista delle immagini (come quella di buttarsi di testa dalla Grisenda, una delle due torri iconiche di Bologna), qui poi afferma di voler scappare all’estero e diventare famoso rappando comunque in italiano. “Farabutto” vede il featuring della promettente Madame (di cui parleremo a tempo debito) che spartisce con lui l’ambizione di voler diventare un nome altisonante, ma entrambi sono concordi sulle difficoltà che si incontrano nella lastricata via del successo. “Non ci fotti” è forse il pezzo più importante, sia per il picco tecnico che raggiunge nel brano, sia per la volontà che traspare di volersi scrollare di dosso le nomee di “figlio di Gianni Morandi” e di “meme vivente”. “Tredici” permette a Pietro di concludere l’EP e di fare l’inchino, ringrazia i suoi amici, fa tesoro delle esperienze che lo hanno spinto a incidere il progetto, accetta pacificamente la sua posizione da privilegiato dovuta al cognome che porta ma decide comunque di provare ad ottenere riconoscimenti solo tramite le sue doti liriche e tecniche. Tramite le note più leggere e meno tese rispetto a quelle dell’intro, Mr. Monkey permette di far alzare l’ascoltatore dalla poltrona da cui ha potuto assistere allo show di Pietro e lo porta fuori dalla sua testa, sperando che sia riuscito a convincere.
Il duo dimostra una grande conoscenza hip hop: Pietro ha assimilato il rap americano, ha preso come spunto alcuni flow e li ha emulati adattandoli al suo particolare tono di voce che a tratti può sembrare stridulo ma che riesce perfettamente ad insinuarsi nell’orecchio dell’ascoltatore, Mr. Monkey invece risulta un abile musicista capace di adattare una grande varietà di suoni che abbracciano diversi generi musicali spaziando dai fiati, alle percussioni, ai bassi distorti, diluiti ad atmosfere cupe che a momenti ti fanno vivere le folli scorribande nei loschi vicoli bolognesi e che in altri ti fa immaginare la bellezza di piazza Maggiore, nel momento del crepuscolo, quando il via vai dei turisti scema.
Immagina di farti gravare sulle spalle il grande peso di un cognome famoso in ogni angolo, immagina di essere considerato solo un buffone quando in realtà sei tutt’altro, ora immagina di doverti togliere questi grandi fardelli che ti ancorano al suono per avere la possibilità di fare la scalata verso il tuo obiettivo.
Pietro ha fatto tutto questo: è l’esatto opposto del giovane figlio d’arte che si adagia sui successi dei suoi avi, è il ragazzo che preferisce mettersi in discussione piuttosto che fare il mantenuto sul divano della sua grande dimora, è il temerario che ha deciso di imboccare una via che deve livellare e cementare senza il consiglio e il supporto del padre, e semmai non ce la facesse, meriterebbe comunque il rispetto e la riconoscenza di qualcuno che è stato educato al lavoro e alla meritocrazia, valori che oggi rischiano spesso di passare in sordina.
Di Riccardo Bellabarba
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