“Gesamtkunstwerk” è una parola tedesca che in italiano ha il significato di “opera d’arte totale”, un modo di intendere la performance artistica come summa di arti diverse. Inizialmente il termine, divenuto famoso grazie a Wagner e Klimt, era applicato in particolar modo all’opera e al teatro ma successivamente si è aperto a chiunque cercasse un ponte tra arti diverse.
L’idea di Donald Glover per il suo ultimo disco sotto lo pseudonimo di Childish Gambino sembra proprio voler ricalcare questa filosofia creativa. Con un film in uscita, “Bando Stone & The New World” vuole mescolare musica, arti dello spettacolo e arti performative sotto un medesimo enorme progetto-concept. Tra marketing incessante e un enorme listening party a NYC, l’addio di Gambino alla musica ha una pretesa monolitica; vuole essere enorme, complesso, cinematografico, in definitiva, totale.
“Bando Stone & The New World” piega la Gesamtkunstwerk al massimalismo tipicamente americano, le diciassette tracce del disco raccontano una storia sterminata, certamente autobiografica ma non sempre chiarissima. Se per avere il quadro complessivo dell’ultimo spicchio di carriera di Childish Gambino è per forza di cose necessario aspettare il film, il disco è già di per sé autosufficiente superando la banale pretesa di essere semplicemente la soundtrack di un film.
Le diciassette tracce del disco danno vita a un arcobaleno di generi musicali dove Childish Gambino ripercorre tutte le esperienze musicali affrontate nel corso della sua carriera. Il nuovo mondo ideato da Glover è un mosaico coloratissimo dove però, ad avere la meglio, sembrano essere le singole tracce piuttosto che l’unità del disco. L’arma a doppio taglio di questo disco sperimentale sta esattamente qui: se da un lato la varietà è sempre positiva dimostrando l’ecletticità dell’artista di Atlanta, il risvolto della medaglia è proprio quello di trovarsi davanti a un ventaglio di tracce troppo antologico ancora non legato da un concept vero e proprio.
Il muro di suono drone che dà il via a “Bando Stone & The New World” sembra essere uscito da un leak mai uscito di Yeezus. “H3@RT$ W3RE M3@NT T0 F7¥” è un intro straniante, che ci getta subito in un mondo distopico e post apocalittico. “Are we gonna die? Not tonight” si dicono Glover e figlio nel preambolo della traccia, siamo già entrati nel mondo di Bando Stone.
“Linthonia” è la colonna portante del disco, una delle tracce più belle del Childish Gambino moderno, dolcissima ma dal pungente sapore pop rock. Una linea d’organo che poi esplode in un rock emotional dalle tinte epiche grazie al salire dei violini, “Linthonia” nella sua leggera ironia ci dice che puoi essere chi vuoi, ma se un domani crolla il mondo “nobody gives a fuck!”.
Il brano, tra le altre cose, definisce un tema ricorrente del disco, quello della nostalgia e del ritorno a casa, Linthonia infatti è una città distante pochi passi da Stone Mountain città natale di Donald Glover. L’ultimo disco di Gambino è anche una riflessione sul successo, fa i conti con la fama e la popolarità e in quest’ottica forse il ritorno a casa, a qualcosa di primordiale e atavico assume un significato importante.
Come già detto, nella sua opera monolitica, Gambino attraversa una galassia di generi diversi. Dal r&b più puro di “In the Night” con Jorja smith e Amaarae al reaggae di “Happy Survival” alla trap di “Talk My Shit” fino ad arrivare alle contaminazioni più interessanti e sperimentali come il phonk dubstep di “Got To Be”, il folk di “Dadvocate”, l’energica chiusura elettrornb di “A Place Where Love Goes” e in “Can You Feel Me” trova anche il tempo di cantare una filastrocca sull’alfabeto con il figlio Legend.
Dal punto di vista puramente musicale, “Bando Stone & The New World” è un disco magistrale, curato fino ai dettagli più sottili. Donald Glover, aiutato da produttori del calibro di Steve Lacy e il fraterno Ludwig Göransson, confeziona uno dei dischi meglio curati del 2024. Merita spazi a sé “Yoshinoya”, l’artista di “Beacuse the Internet” toglie il berretto targato SPAM e la camicia hawaiana assumendo i panni del Gambino rapper prima maniera.
Ogni barra di “Yoshinoya” è un sassolino che scivola fuori dalla scarpa in una diss track che riaccende un vecchio beef con Drake – quindi schierandosi a fianco di Kendrick nella civil war più grande del rap americano -, sparando a zero su un’industria musicale che si arricchisce plasmando artisti-cosplayer emulanti un certo lifestyle criminale a cui raramente appartengono.
I told ‘em take the backend points, he wanted to front
Childish Gambino – Yoshinoya (Bando Stone & The New World, 2024)
Now his career’s in a blunt
These rappers cosplay, the industry Comic-Con
“Yoshonoya” è per ora il punto conclusivo all’enorme dissing nei confronti di Drake ma non solo. La traccia riflette anche sull’odio ricevuto in tanti anni di carriera, una dichiarazione sincera anche al costo di stonare con il resto del disco.
Come “Atlanta” e tutti gli altri progetti di Glover, anche “Bando Stone & The New World” è un immenso tributo alla black culture a partire dalla trama del film fino alle numerose citazioni sparse nel disco come quella alla regina del funk Chaka Kahn proprio nell’outro di “Yoshinoya”.
Fare i conti con un album come “Bando Stone & The New World” è cosa complicatissima, il requiem di Childish Gambino vuole essere tutta la carriera di Gambino condensata in un solo disco.
Forse un passo più lungo della gamba poiché il disco nella sua sperimentazione in alcuni tratti resta ampolloso e difficile da digerire per intero, nonostante le produzioni eccezionali Gambino sembra aver dato già il meglio di sé nei dischi precedenti.
Il nuovo mondo di Donald Glover è un dark-fantasy distopico e apocalittico, un kolossal in diciassette tracce, autobiografico e di finzione allo stesso tempo. Il “childish” Gambino è ormai maturo e pronto per il suo lieto fine, resta solo quell’interrogativo presente nel trailer del film e che probabilmente metterà in moto tutta la trama. Chi sei quando tutto finisce? Chi o cosa sarà la nuova creazione di Donald Glover?
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