Recensione di Che Io Mi Aiuti
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Che Io Mi Aiuti, il primo album solista del genovese Bresh, pubblicato il 14 Febbraio è un progetto nel quale Andrea Barsi si allontana dall’ambiente in cui i più lo potrebbero identificare, ovvero la scena rap. I più attenti invece avranno notato la sua volontà di pubblicare il disco sotto la voce “Pop” sulle principali piattaforme di streaming, scelta che trova spiegazione quando si ascolta e analizza la struttura dei brani che compongono il suo ultimo lavoro.
Le dieci tracce, seguono un flusso costante di idee ed immagini, caratterizzato da una ciclicità di tematiche, suoni e liriche; il tutto è accostabile alla famosa litografia “Cascata”, dell’incisore e grafico olandese M.C. Escher.
Il paragone è ancora più evidente se si esamina l’album dall’epilogo all’intro; nell’ultimo brano si percepisce il rifiuto di Bresh nel credere all’esistenza di “eroi”, considerandosi l’unica ispirazione e artefice del proprio destino e della sua storia, ricollegandosi alla frase con cui si presenta al suo pubblico “Io, non ho fatto il boss nella vita/ Io sono il boss della vita”.
Questo è un pensiero che generalmente accumuna tutti i ragazzi e ragazze della sua età, ma è proprio l’idea di avere il futuro nelle proprie mani a creare confusione ad un giovane 24enne e lo si evince nell’approccio ai temi importanti trattati in Che Io Mi Aiuti senza però scendere nei particolari e soffermarsi in analisi dettagliate, tutto ciò dimostra come il cantante genovese sia ancora artisticamente in sviluppo.
Gli esempi lampanti della superficialità nel proporre le tematiche di elevato spessore sono:
“Non voglio la tecnologia, per sapere quanti soldi ho”;
“Lo straniero non è contro di me, a te che mi fai credere di si”;
“Questo suono è da donna, la musica non ha fazioni e non porta la gonna”;
La sensibilità ed empatia di Bresh, nel percorso della creazione dell’album, lo fanno affacciare dall’oblò su porti in cui potrebbe attraccare come il materialismo, la discriminazione, il razzismo e la musica senza genere. La falla però è il non approfondire nessuno di questi temi ed esprimersi in maniera velata preferendo una panoramica su temi più semplici e più vicini a lui quali la convivenza con gli amici, la città di Genova e l’amore per il mare.
L’intima e l’introspettività del disco si percepiscono dalla scelta delle collaborazioni: Rkomi, Tedua, Izi e Vaz Tè, mettendo così in evidenza la volontà di rappresentare la città di Genova scegliendo tre artisti della sua stessa città natale.
Le immagini create in Che Io Mi Aiuti sono evocative, il clima riverberato dalle produzioni risulta caratteristico e un buon punto di partenza per un nuovo capitolo della carriera del classe ’96, ci auguriamo però che maturando personalmente ed artisticamente possa responsabilizzarsi ed arrivare a trattare le problematiche da lui citate in maniera del tutto non superficiale visto che si è dimostrato in grado di comprenderne la gravità e l’importanza.
Di Alessandro Toso e Ismail Ezzaari
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