Il mondo è bello perché è vario, o almeno così dicono, ed ecco perché poterlo vedere con gli occhi di un’artista è sempre un’occasione da non sprecare, per comprendere meglio, per trovare un contatto.
Ogni individuo ha una visione del mondo unica, un’interpretazione esclusiva dell’esistenza e delle sue sfaccettature, difficili da spiegare ad altri, ancor più complicato permettere loro di immedesimarcisi. È attorno a quest’idea che gira il nuovo album di Lele Blade, “CON I MIEI OCCHI”, il tentativo di aprire un varco, una finestra, attraverso cui assistere da spettatori, per larghi tratti addirittura da co-protagonisti, alla vita dell’uomo dietro l’artista, Alessandro anteposto a Lele.
Ma per capire al meglio l’oggi, la storia ci insegna a comprendere appieno ciò che è stato. La sua storia ci insegna come la sua anima sia in perenne equilibrio tra l’hip-hop e la musica d’influenza latina, sicuramente non nuovo ad esperimenti in cui questo lato comanda (ne è un esempio la hit “Travesuras” con SLF o “Me Gusta” se vogliamo limitarci alla sua discografia solista), citando l’immortale Pino Daniele un “Mascalzone Latino” in piena regola.
Ma se prima il suo percorso era guidato esclusivamente dall’”Ambizione” ora il rapper di Napoli si trova di fronte ad una nuova fase della sua vita, che gli impone di fermarsi a riflettere, comprendere i suoi errori e mettere a disposizione del suo pubblico la sua esperienza, fargli vedere com’è il mondo visto dal suo punto di vista, da quello dell’artista che amano e rischiano, a volte, di percepire come estraneo ad alcune difficoltà della vita di tutti.
Il progetto si apre con un intro che si rivela essere uno dei brani maggiormente densi di vissuto, dove Lele si lascia andare ad un flusso di coscienza in cui ragione sulle motivazioni che lo muovono, ma che al tempo stesso lo limitano nei rapporti, quella limitazione che farà da filo conduttore per tutto il progetto le cui cause si riveleranno essere ciò che lo ha mosso finora.
“Meglio nu patto cu Ddio, nun voglio ‘o patto c”o diavolo
Lele Blade – CHELL CHE SENT (CON I MIEI OCCHI, 2024)
Pure si ‘o dongo a parlà e ce stongo a tavola
Addò stammo currenno tutte quante?
Ch”e sorde annanz’a ll’uocchie nun se vede cchiù ‘o traguardo
‘O treno fa ritardo, ‘o volo pure
Facevemo ritardo a scola eppure
Ammo fatto cchiù strada d”e prufessure”
Come noi, anche lui riflette sul passato per comprendere meglio il presente. Lele Blade studia come i vizi sono stati croce e delizia, tanto da portarlo in cima alla strada che ha scelto di percorrere, così come da impedirgli di costruire un legame autentico e duraturo con colui che ama, fino ad infrangere anche le relazioni pre-esistenti a questa vita.
Il processo di metabolizzazione di questa rottura permette all’artista di innalzarsi ad una migliore versione di sé. Come nei grandi classici della letteratura, alla fine di questo percorso Lele Blade proseguirà con una maggiore consapevolezza dei pericoli e degli ostacoli, più capace nella gestione di se stesso e dei suoi vizi.
“Ognuno ch”e segrete suoje, nun tene lieto fine ‘o film
Lele Blade – CON I MIEI OCCHI (CON I MIEI OCCHI, 2024)
Simmo cagnate assaje, pecciò nun ce riconoscimmo cchiù
Raccontame n’ata bucia comme saje fà tu
‘E sbaglie so’ esperienze, ma vulesse areto ‘o tiempo ch’aggio perzo
Tu me cunusce meno ‘e quando pienze
I’ te conosco meno ‘e quando penzo
Yeah, nuje ce ‘ncuntrammo ancora pe sbaglio, pare na coincidenza
Forse ‘o destino vò ‘ca ce ‘ncuntrammo pe ce salutà pe sempe”
La figura dell’amata diventa soggetto del suo racconto, specialmente nei brani meno street, quelli che a prima impressione potrebbero sembrare meno impegnati e volti esclusivamente a soddisfare ormai note dinamiche di mercato, qui invece assumono il ruolo di soggetto, di cardine del racconto. Di contro, quei brani che il pubblico di riferimento dell’artista si aspetterebbe, quelli più tradizionali e tradizionalisti, fungono da esempio dei vizi e delle volubilità causa dei suoi mali.
Nei brani come “TIK TOK”, “SOUTHSIDE” e “BAD MOOD” rappresentano gli episodi più crudi e al contempo meno impegnati, quasi superficiali, una sequenza di tematiche già proposte e rime scontate. Questa sorta di antitesi continua risulta essere il filo conduttore del progetto, con i brani che sembrerebbero superficiali a fungere da picchi dell’ispirazione contrapposti a quelli che appaiono come più forti a risultare quasi banali, fatti di droga, gang e autocelebrazione. Tutto il contrario di tutto, come a rappresentare musicalmente il conflitto interiore vissuto dall’artista.
“Ve-Ve-Vengo dâ jungle
Lele Blade – SOUTHSIDE feat Kid Yugi (CON I MIEI OCCHI, 2024)
Crimine e storie ‘e mafia, Italy south side (Mafia)
Stammo brindanno
‘Ncopp’a nu yacht a mmare, Napule, south side (Uoh)”
Il racconto di strada, l’appartenenza e la street credibility diventano marginali se comparati alla sofferenza di un’amore perduto e questo si riflette nella musica e soprattutto nella scrittura del protagonista. Gli aspetti superficiali dell’esistenza vengono privati della propria apparente importanza e risultano per quello che sono.
Il vero problema del disco è la mancanza di un’effettiva conclusione concreta a questo processo. Lele Blade avvia un percorso che, in “CON I MIEI OCCHI”, non trova fine, rimane sospeso, lasciando smarrito l’ascoltatore. Si riesce a capire il suo punto di vista ma risulta parziale, non ci è dato sapere se la chiusura col passato è completa o parziale, se è solo una sosta di riflessione che lo porterà a perseverare o se ne potrà trarre cambiamento, consapevolezza, un nuovo inzio.
Se siamo stati abituati bene fin dal capitolo Le Scimmie, in questo caso ci troviamo di fronte all’ennesimo progetto valido, coeso e ben construito, seppur come detto non esterno a qualche problema.
Non dev’essere per forza un aspetto negativo, ognuno reagisce e riflette in modo diverso, soprattutto quando si parla di argomenti delicati come i legami amorosi, ma se da un lato ci può incuriosire per il futuro, dall’altro stende un velo di superficialità sul grande lavoro personale che l’artista ha saputo fare, svalutandolo un pochino. Abbiamo avuto la possibilità di vedere il mondo con i suoi occhi, ma forse comunque da estranei.
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