Una delle più accese critiche intorno a “Containers“, la nuova fatica di The Night Skinny, va a colpire la ridondanza e la ripetitività del progetto rispetto alle uscite di quest’anno e dell’anno precedente.
Questo però, è davvero un difetto?
Ho più volte letto in giro che un buon producer album deve fotografare la propria scena di riferimento, e questo “Containers” lo fa alla perfezione.
Nei mesi scorsi in redazione si è spesso parlato degli artisti qua coinvolti, tra piaceri e dispiaceri, tra una battuta ed un’analisi attenta, ci siamo fatti la nostra idea sui suddetti.
Il bello di confrontarsi su “Containers” è vedere tutti quei concetti, dalla banalizzazione della scrittura di Kid Yugi in seguito a “The Globe“, alla sempreverde disputa “è più forte Papa o Nerissima?”, emergere ed amalgamarsi in un progetto che come nessun altro quest’anno ritrae in modo veritiero la scena, coi suoi pregi ed i suoi difetti.
“10 non ha reali problemi, la scena sì” scrivevo un anno fa parlando del disco di Drillionaire. Ora a distanza di poco più di un anno la scena è indubbiamente più sana e aperta, ma questa fotografia mascherata da “best of”, pur riuscendo nel suo intento, è bella? Riesce ad intrattenere? O ha bisogno di una piccola iniezione di botox per brillare?
Sì, è molto bella e per favore basta Botox.
Cosa sono i “Containers”?
I Contaneirs sono unità di trasporto standardizzate per legge internazionale, questo fa sì che non esistano alternative per certi tipi di trasporti, può variare nella lunghezza ma sarà quella la dimensione, imponendo appunto, uno standard.
The Night Skinny si pone a capo della ditta di trasporti e ci dice che partendo dai pezzi (pochi milligrammi) e passando per i mattoni è arrivato qua, alle tonnellate, ai containers, e che questo è lo standard che TNS ha portato e che intende mantenere.
I containers quindi non sono altro che le tracce, i contenitori dove è conservata la merce, ossia gli artisti stessi. I rapper coinvolti accettano quindi di essere mercificati, di diventare prodotti venduti da Night Skinny alla scena.
Di che tipo di prodotti si tratta non è un mistero. Nei containers si trasporta qualunque cosa, ma quella a cui si fa riferimento è la merce più richiesta di sempre: droga. Questo ha due possibili intepretazioni, nessuna delle due però esclude l’altra.
Quella più ontologica, riflette sugli artisti che sono essi stessi la sostanza stupefacente, rendendo il padrone di casa un pusher di buona musica della quale la scena non può fare a meno.
Dall’altro canto, volendo scendere più a fondo, gli artisti parlano continuamente di droga all’interno del progetto, nascosta nei dei containers e che viene alla luce solo quando questo viene aperto.
Questo reiterare la stessa tematica avrebbe potuto far suonare il disco ripetitivo e ridondante, ma incredibilmente pur rendendo gli artisti merce restano tutti loro stessi, con le loro luci e le loro ombre, facendo sì che pur nella compattezza data dalle tematiche e dal sound, la tracklist scorra senza lasciare che nessuna traccia si confonda con le altre.
Ogni brano ha una propria personalità che riflette quella dei nomi coinvolti in modo chiaro, ponendo però sempre il filtro TNS, garanzia di qualità, che qua, come fu in “Mattoni” soprattutto, riesce a far brillare chi sta attraversando un “periodo low” della propria carriera e soprattutto fa splendere ancora di più chi già è baciato dal sole.
Chi sono i “containers”?
Prima di addentrarci nell’esplorare l’interno di ogni containers però parliamo un po’ della fattura dei suddetti. Skinny pesca a piene mani dal coca rap di Atlanta riuscendo con successo ad attualizzarlo usando i tratti distintivi dei vari ospiti, non solo per renderli più riconoscibili, ma anche per dar spolvero ad una tipologia di rap che altrimenti rischierebbe di suonare datata.
Allo stesso tempo il lupo perde il pelo ma non il vizio: TNS non rinuncia ai suoi classici campioni vocali, ai suoni della musica giapponese ed a tutti gli altri suoi punti di forza, riuscendo comunque ad imprimere efficacemente la sua personalità al progetto. Non condivido il parere di un disco fatto di “beat tutti uguali o quasi”, anzi, pur restando nei confini della trap moderna, trovo che il nostro si sia saputo muovere con disinvoltura tra gli stili ed i sottogeneri che ha voluto toccare.
Passiamo alle merci, la ciccia del nostro discorso e per prima vorrei andare ad affrontare l’elefante nella stanza. Quando ho detto (magari con un po’ troppa violenza) che Kid Yugi non mi è piaciuto qua dentro, ho notato che la mia opinione è stata presa fin troppo alla lettera.
Kid Yugi è un rapper di enorme talento, ed a prova di ciò esiste “The Globe”, uno dei migliori dischi italiani degli ultimi dieci anni ed un disco d’esordio sensazionale. Ed è vero che dopo un capolavoro si può solo scendere, ma credo invece che le potenzialità non gli manchino per fare ancora di meglio.
Ma allora perchè “smetti di rappare”? Perchè dal post-“The Globe” le uscite continue ed i numerosissimi featuring rilasciati hanno inflazionato non solo Kid Yugi nell’orecchio degli ascoltatori, ma anche la sua penna ai tempi di produzione richiesti. Ed ecco che si perde il citazionismo più ricercato, ed ecco che i concetti vanno a semplificarsi e di pari passo va la costruzione della frase, rendendo Kid Yugi non un rapper scarso, ma uno dei tanti giovani di talento che la scena sta elevando ora, e neanche il migliore di questi.
Kid Yugi può essere molto di più di uno dei tanti, lo ha provato, continua a provarlo, perché quando si tratta di temi a lui cari è ancora in grado di creare bei concetti e spero lo proverà in futuro.
(Kid Yugi)
“Quando sono a Taranto, non posso fare il
Night Skinny, Tony Boy,Kid Yugi, Capo Plaza – Entro nel Posto (Containers, 2024)
ricco
Perché in Puglia i ricchi ad una certa li
sequestrano”
Per questo il mio invito, smettere per un po’, riflettere sulla propria arte e poi andare avanti. I rapper sono esseri umani, non fabbriche di strofe.
Sai invece chi mi ha fatto impazzire a proposito di citazionismo?
Artie 5ive in totale stato di grazie realizza tra le migliori strofe del disco riuscendo ad ibridare la cultura alta, quella di strada e quella pop. Si cita Danno, Star Wars, il secondo Re di Roma, Notorius, le tartarughe ninja e mi sto limitando solo a pochi secondi dello stesso brano. Ma queste citazioni non sono fini a se stesse, Artie è abilissimo a ricamarle per tessere un’immagine di sé che il nostro cervello riconosce più o meno facilmente come familiari.
Vita dopo la morte, Christopher Wallace Jr. (Grr, grr, grr)
L’universo è testimone perché credo alle mie azioni
Sto bevendo una pozione, mi darà la superforza (Pah)
Tutti gridano il mio nome nella folla (Nella folla)
Mentre prego il lato oscuro della forza
Che mi dia la compassione (Grr)
L’anello sul mio dito forma una costellazione
E azione dopo azione è diventata una missione
Porto le mie tartarughe ninja fuori dalle fogne
Quando rappi se ne vanno, sei l’ora di religioneNumero cinque (Ah), sto coi numeri primi (Ah)
Night Skinny, Artie 5ive – Numero Cinque (Containers, 2024)
Al ristorante giapponese fumo e mangio sashimi (Yeah, yeah), yeah
Bevo daiquiri, mi sento Numa Pompilio (Pow)
Due ragazze sopra al letto che mi chiamano “Dio”
Il Flow non gli manca e la cultura neanche, una delle merci più pregiate che Night Skinny ci offre. Tutte le sue strofe sono più che valide, divertenti e dal riascolto molto facile, credo sia anche uno di quelli che si è più affine a quel che è lo scopo ultimo del disco.
Nerissima Serpe e Papa V sono i pezzi da novanta di questo disco: sgusciano viscidamente e senza alcun tatto nella scatola cranica per mezzo delle orecchie, raggiungono e urtano violentemente i sistemi limbici di ogni ascoltatore italiano e in base a ciò che viene decifrato, possono provocare una diversa reazione: dal giubilo al divertimento, dal disgusto al voltastomaco, dalla carica all’esaltazione.
A colpi di immagini crude legate al mondo delle dipendenze e dello spaccio, i due sono il marchio di fabbrica di “Containers”, in questo preciso caso sono i main rapper scelti da Night Skinny per guidare il progetto e orientarlo verso una direzione precisa: quella del nuovo coca rap.
La partecipazione di Papa V e Nerissima Serpe ha segnato alcuni dei picchi più alti del disco, dal loro personale container: “Tessera Sanitaria”, “Walzer” con Fabri Fibra che segna un link particolare e piacevole tra passato e presente, fino alla chiusura della tradizionale posse track dei producer album di Skinny in cui i due palleggiano tra di loro in nonchalance come Messi e Ronaldinho, o addirittura, come Jake e Guè.
La partecipazione dei veterani all’interno di “Containers” risulta marginale, non per demeriti ma probabilmente per volontà di Night Skinny. Essi sono presenti nel progetto per dare una continuità generazionale al nuovo che avanza, ed è anche per questo motivo che probabilmente i suoni del disco sono stati pensati sul calco standard di quello che per i nuovi esponenti del rap italiano è congeniale.
Spiccano le partecipazioni di Noyz e Guè che risultano anche essere quelli più inseriti nella wave attuale, di Fibra che riesce a dare un suo taglio tutto umoristico alla traccia “Tessera Sanitaria”; da non dimenticare la strofa in “CNTNRS “di Jake La Furia che sembra ormai ritornato ai vecchi fasti dopo un lungo periodo di atrofia e assenza.
La marginalità non è da intendere in negativo, è come se essi stessi sappiano che c’è da dare spazio ad altri che dovranno poi portare il fardello del genere sulle spalle, riconoscendone in questo modo sia la capacità che la paternità di questi nuovi interpreti, prodotti diretti del loro lavoro come nessun altro prima d’ora.
“Mio Padre” con la collaborazione di Noyz Narcos e Guè è uno dei picchi lirici del disco. I veterani entrambi genitori e figli, si aprono sulla traccia senza alcun remore, offrendo al pubblico due spaccati differenti di vissuto a contatto con la figura paterna.
(Noyz Narcos)
A Monte Sacro mi salutano come mio padre
Le mani grosse, dita lunghe come mio padre
[…]
Sulle collane Cristo per rispetto a mio padre
Mille paesi ho visto, in fissa come mio padre
Passione per i quadri, hai visto? Come mio padre
Lo stesso sangue scorre in me come mio padre
(Guè)
Mi piacciono le donne come a mio padre
[..]
Ho fatto piangere mia mamma come mio padre
Ho paura di non riuscire a essere un buon padre
[…]
È irrisolto come un delitto
Affondo come un relitto inseguendo un ritmo
L’abbandono e il tradimento mi hanno reso un altro uomo
Ci chiariremo quando ci rivedremo di nuovo
Night Skinny, Noyz Narcos, Guè- Mio Padre (2024)
Mentre Emanuele instaura un collegamento tra sé e suo padre e sembra trasparire un rapporto di continuità tra le due generazioni, Cosimo invece lascia intendere un rapporto non conflittuale, di continuità sotto alcuni aspetti, ma irrisolto col suo vecchio, dal quale potrebbe essere conseguente il timore di non essere una figura positiva per la crescita di sua figlia, tema molto caro e ricorrente nell’ultima parte di carriera di Guè. I due artisti portano con sè anche nel disco di Skinny le proprie luci e ombre, diventando essi stessi la merce del container.
Se da un lato la vecchia e la nuova generazione sembrano mostrare un prodotto di qualità capace ad amalgamarsi al meglio nei diversi contenitori-traccia, dall’altro salta all’orecchio fin da subito che la generazione dell’annata 2016, ad oggi forse fin troppo osannata, è quella che ne esce più sconfitta, dimostrandosi la merce più “scadente” rischiando quasi di inficiare la resa dell’intera spedizione.
Mentre la lotta tra mostri sacri e nuove leve imperversa nello scambio di barre anche all’interno della stessa traccia, quelli di mezzo, consapevoli di aver raggiunto lo status di intoccabili, sembrano viaggiare da tutt’altra parte del tutto disinteressati da ciò che accade intorno; né è un esempio Tedua, che sfrutta la sua traccia solista per un egotrip non necessario che va per l’ennesima volta a difendere il suo disco, o Tony Effe che non riesce a brillare rispetto all’altro Tony.
“Good Girl” è forse l’episodio più straniante: Bresh, Ernia e Rkomi portano un pop radiofonico che poco a a che vedere con il mood del disco, ma, essendo l’unico episodio di questo tipo, si perdona e si comprende senza lamentarsene troppo.
Perplessità e conclusioni
Se però TNS con “Containers” voleva rappresentare al meglio l’attuale stato di salute del rap in Italia, il fermo immagina sembra essere riuscito in parte data l’assenza di alcuni nomi funzionali alla migliore resa della metafora.
Data la forte ridondanza del Players Club ’23 all’interno del progetto, infatti, si sente forte la mancanza di Low-Red e Astro che avrebbero potuto dare maggiore eterogeneità ai vari brani.
Inoltre la scelta di voler includere come quota rosa anice e Madame sembra più una mera scelta di marketing a sfavore di una vera rappresentanza del rap femminile che avrebbero potuto dare artiste del calibro di Anna, Ele A o Rose Villain.
In aggiunta, la recente reunion dei Co ‘Sang avrebbe potuto dare voce anche a ‘Nto, dando modo a Luchè di redimersi dal lamento della traccia solista “Solo“, non una traccia brutta in sé, ma che delude le aspettative altissime che l’artista napoletano si porta dietro dal post-Dinastia.
Tutto quel che abbiamo detto in relazione agli artisti presenti qua, non è nulla di nuovo, da qualche mese in redazione discutiamo, a volte animatamente altre no, delle questioni che emergono dall’ascolto del disco. “Containers” è una perfetta istantanea della scena del momento con luci e ombre, rapper in forma e rapper un po’ più bloccati, nuova generazione a confronto con la “vecchia nuova scena”.
Il carico di TNS è stato consegnato, ed anche stavolta, è andato tutto secondo i piani del nostro, ormai, factotum della scena.
Con i contributi di Valerio Bellabarba e Modesto De Luca.
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