Spesso le aspettative nei confronti dei progetti sono un vero e proprio limite per quanto riguarda la loro ricezione. Ci sono casi in cui abbiamo visto dischi, risultati di momenti positivi di chi li ha forgiati, ricevere montagne di critiche e altre volte abbiamo visto santificare uscite di cui ci si aspettava il flop basandosi sulla sole sensazioni date. La verità però è solo una: la musica ha bisogno del suo tempo di espressione, deve avere la libertà di esistere così com’è stata concepita. Dell’impronta impressa nel suo bacino di riferimento bisogna parlarne solo dopo averla fatta camminare, per poi seguirne le tracce.
Luchè sa benissimo di cosa sto parlando perché ne ha pagato le conseguenze in prima persona in occasione dell’uscita di “Dove Volano Le Aquile”, un album che per molti è stato un passo indietro nella trafila di impronte lasciate nel rap italiano nella lunga carriera di Luca. “DVLA” è stato un nebuloso tentativo di fare un disco personale che si ergesse su un concetto fin troppo astratto e lontano dalla linea già percorsa nella carriera di Luchè, che aveva costruito un concept che al pubblico non è arrivato come doveva.
Ora che il tempo ha fatto il suo corso, mi permetto di dire che “DVLA” avrà sicuramente rappresentato un ostacolo nel percorso di Luchè, un punto (dei tanti) da cui poter ripartire per poi andare oltre.
“Il mio lato peggiore” è la necessità non di superare, ma di convivere con sé stessi
Ed eccoci qua a parlare de “Il mio lato peggiore”, sesto disco da solista di Luchè. Dopo quasi un’era geologica musicale percepita, Luchè torna con un suo personale progetto dopo la riappacificazione col suo collega Ntò in occasione di “Dinastia” e della reunion dei Cosang. Ed è proprio da questo (altro) punto che Luchè riparte, dopo aver messo da parte l’ascia di guerra.

Mi piace vedere la reunion come una possibilità per Luca di ritornare alle origini e di scendere a patti con quel passato irrisolto raccontato spesso dal punto di vista della vittima della storia:
“Sono qui con la nostra prima copertina in mano
Luchè – Karma feat. CoCo (DVLA, 2022)
E come sempre anche lì in secondo piano”
Forse ristabilire il contatto con quella parte artistica che sembrava ormai un lontano ricordo, ha instillato a Luchè una nuova consapevolezza: Luca può essere sè stesso senza alcuna vergogna, senza nascondere i suoi mille scheletri. Se in “DVLA” spiccava la volontà di raggiungere una dimensione quasi eterea e immateriale di una divinità, ciò che va a costituire la fortuna di “Il mio lato peggiore” è proprio la sfacciata volontà di concretezza e determinazione tipica dell’essere umano.
L’essere una divinità comprende l’essere disinteressati delle faccende umane, come diceva Epicuro, proprio perché si fa parte di tutta un’altra dimensione. Ecco, Luchè in quel caso ha fatto tutt’altro tranne che il disinteressato.
“Il mio lato peggiore” è una disamina della sua parte più oscura in costante dialogo con quella più intima, e la intro omonima con la partecipazione della voce narrante dell’opinionista sportivo Lele Adani, ha il ruolo di introdurre la dimensione a imbuto infernale dantesco del disco che, guarda caso termina con “Veng a int all’infern” con Ntò. Nell’incipit del brano viene nominato un altro episodio importante degli ultimi anni della carriera di Luchè: il dissing con Salmo, del quale all’interno della traccia si proclama vincitore.
I 16 featuring potevano sembrare un problema, ma tutto fanno tranne che annacquare il prodotto, lo caratterizzano ancora di più confermando Luchè come uno dei rapper migliori in Italia nella distribuzione dei nomi nelle tracce del progetto, trattandoli per quel che sono veramente, cioè un’aggiunta.
Ho apprezzato molto la scelta di condividere “Un milione di mani” con Rose Villain, brano pop rap in cui le due voci intrecciano molto bene e proiettano l’ascoltatore sulle mancanze affettive di Luca; “La mia vittoria” con Giorgia e Marracash è introspettivo e profondo, i due rapper affermano le loro personali soddisfazioni:
“La mia vittoria è fare la mia storia
Innamorarmi di me stesso e darmi a una persona sola”
- Luchè
Mi chiamano soltanto Fabio
(…) Qui per il riscatto
Dimmi più di me, chi se ne fotte del mercato (Okay)
E ha lo stesso impatto, riempirò ogni stadio (Yeah)Luchè – La Mia Vittoria feat. Giorgia, Marracash (La Mia Parte Peggiore, 2025)
- Marracash
La voce celestiale di Giorgia rappresenta la vittoria personale e dialoga direttamente con Luca e poi con Fabio nel ritornello.
Già con “Anno Fantastico” avevamo inteso la volontà di Luchè di rimanere un campione indiscusso dei banger. In “Miami Vice” con Sfera Ebbasta e Simba La Rue è evidente, oltre ad una solida attitude, la capacità di un rapper storico come lui di adattarsi sul suono di Simba La Rue dopo un beat switch ideato su misura del rapper classe 2002; “Ilary” con Guè e Nerissima Serpe è un’altra street hit. Luchè ci tiene ad autocelebrarsi senza alcun controllo, citando addirittura 50Cent in “Wanksta” e mantenendo il livello dei suoi ospiti sul beat, anche di generazioni diverse, dimostrando di essere evergreen.
“Il mio lato peggiore” subisce un’impennata in “Morire vuoto”, un’orgogliosa affermazione della sua libera vuotezza, incarna al 100% lo spirito di libertà di cui Luchè è alla ricerca per tutto il disco, libero di essere contraddittorio e di confondere l’ascoltatore, tra una traccia malinconica e un’altra autocelebrativa.
E se in questo brano Luca celebra la sua vita piena di errori e contraddizioni, ecco che arriva “Lettera alla pistola alla mia tempia (skit)”, un vero e proprio inno alla libertà delle sue idee per le quali spesso si è ritrovato a dover soffrire. Luca manifesta la sua volontà di rimanere un rivoltoso e ribelle, si appella all’unica via di fuga da questo dolore imperituro e contraddittorio: la morte, una sua libera scelta.
In “Se non ci fosse la rabbia” abbiamo probabilmente uno dei suoi migliori brani da solista. Il flusso di coscienza di Luca va a toccare tanti argomenti, dalla sua infanzia nel rione alla sua famiglia, all’amore perso e al suo contatto con la rabbia, motore della sua rivalsa ma anche causa del suo dolore.
“Il mio lato peggiore” musicalmente è molto vario e nonostante un ritorno ad una maggiore semplicità espressiva, Luchè non ha rinunciato minimamente alla sua vena sperimentale in brani come “Nessuna”, “Incredibile” con Kaash Paige. Alla direzione musicale troviamo per gran parte del progetto Geeno, lo stesso Luchè e altre tracce prodotte da Ddusi, NKO, D-Ross, Night Skinny e Voga. Considero questo disco musicalmente superiore al precedente e molto adatto alla vocalità di Luchè.
“Il mio lato peggiore” di Luchè rappresenta Luca Imprudente nella sua interezza: egli è un ribelle che ha abbracciato e stretto a sé la sua parte peggiore, che dopo averla allontanata è stato in grado di riaccoglierla a sé, libero dalla paura di sbagliare, libero dalle aspettative della gente. “Imprudente”, di nome e di fatto.
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