Recensione di Jesus is king
Ogni qualvolta che Kanye West fa una minima mossa, i riflettori puntati su di lui sono una cosa inevitabile, tanto scontata quanto efficace e basilare per scoprire nuove sfaccettature della personalità del classe 1977.
Così è stato anche per quanto riguarda l’uscita di “Jesus is king”, il suo nuovo album. A dire il vero, sarebbe dovuto uscire nell’oramai superato 2018, ma a Ye piace cambiare le carte in tavola finché non sono disposte nella maniera che ritiene più congeniale. A tal proposito, è doveroso citare alcune occasioni in cui i progetti sono stati rimandati : i fan dell’ultim’ora, probabilmente, si saranno stupiti nell’avere atteso così tanto per questo progetto ma in realtà ciò accadde anche – non in caso sparuto – per “The College Dropout” in quanto le tracce vennero leakate ed il suddetto progetto uscì tanto tempo dopo e con delle tracce totalmente diverse da quelle presenti in principio; “The life of Pablo” è un altro esempio tra il mare di quelli presenti poiché, nelle settimane antecedenti all’uscita, il titolo subì cambiamenti radicali nel giro di pochissimo tempo.
Così come per i progetti che lo videro protagonista nel 2018 (“Daytona”, “Kids See Ghosts”, “Nasir” e “K.T.S.E.”), la fase di gestazione del progetto è avvenuta nelle solitarie montagne del Wyoming, uno Stato federale degli Stati Uniti.
Prima di parlare dell’album, però, è opportuno soffermarsi sulla figura del rapper nativo di Atlanta, in modo da conferire un quadro quanto più completo possibile per la disamina in toto del pacchetto. Com’è ormai universalmente noto, egli è una figura particolarmente controversa e parte del pensiero di Kierkegaard potrebbe essere assai utile per comprendere ciò che si cela dietro la sua ombra. Innanzitutto, per il filosofo di Copenaghen la vita è un continuo divenire di scelte (anche la rinuncia alla scelta è essa stessa una scelta) ed esse sono completamente in mano agli uomini. La vita degli esseri umani però, sempre secondo il filosofo, percorre ben tre tappe fondamentali : lo stadio estetico, quello etico e infine quello religioso. La vita estetica è tipica dei giovani in cerca di nuove esperienze e di novità anche se essa condurrà inevitabilmente alla noia e al mero consumo di vanità e vacuità; quella etica, invece, si riflette maggiormente in una persona matura che si comporta secondo i dettami etico-morali della società a cui appartiene, ma anche questa fase porta al collasso perché l’individuo non è in grado di ricongiungersi al vero sé, trovando la propria individualità nel mondo; il terzo e ultimo stadio è quello legato alla fede verso Dio e ciò si discosta completamente da quelli precedenti in quanto l’uomo riconosce la sua piccolezza nei confronti dello stesso Dio e del mondo che lo angoscia e lo porta alla disperazione per via della moltitudine di possibilità di scelte negative con conseguente difficoltà di raggiungere l’equilibrio che solo Dio può garantirgli.
Per l’autore di 808s & Heartbreak, si potrebbe asserire che sia giunto all’ultima fase della vita concepita secondo il pensatore danese, tanto che nella recente intervista per Beats 1 ha affermato che questo suo nuovo modo di vedere il mondo lo ha completamente allontanato dalla pornografia, della quale ha sempre affermato a più riprese di essere eccessivamente dipendente e che ha causa di ciò ha chiesto a chiunque stesse lavorando a quest’opera di non avere dei coiti prematrimoniali. La nuova quotidianità del marito di Kim Kardashian sembra molto più spartana ma allo stesso tempo più congeniale al suo spirito.
Venendo invece al lato artistico, la differenza coi dischi della scorsa annata è sostanziale da ogni punto di vista perché Jesus is king ci presenta un Kanye rinnovato e sotto una lente completamente diversa da quella precedente; le tracce non sono più 7 come nei 4 dischi del 2018 ed ha allargato ancora di più i suoi orizzonti musicali.
A livello lirico e contenutistico è indubbiamente un progetto improntato su un concept religioso, visto che – secondo i dati riportati da Hip Hop Numbers – le tre parole più usate sono Hallelujah (che compare 43 volte durante i 27 minuti dell’album), Sing (34 volte) e Lord (31 volte) e che il 94.6% delle liriche presenti è di stampo religioso e solamente 22 barre non lo sono (9 di Ye e 13 dei Clipse). Ciò sostiene con fermezza l’affermazione di Kanye sul sentirsi figlio di Dio ed in missione per lui.
Per quanto riguarda la parte più legata alle strumentali, nonché la parte in cui ha sempre eccelso maggiormente, troviamo un alternarsi costante di suoni collegati da un unico filo conduttore; ad esempio, sono innumerevoli gli episodi gospel che ricordano, seppur lontanamente, i canti spiritual degli schiavi afroamericani durante lo schiavismo, ma altrettanti anche quelli più strettamente rap ed elettronici. Questo non può che essere positivo, se si considera il tutto come un far riaffiorare dei suoni prettamente black ma quasi dimenticati all’interno della scena rap americana.
Dare un giudizio sugli album del signor West è tanto complesso quanto inutile poiché si tratta di lavori eccessivamente personali che risultano comprensibili al 100% solo per chi li ha composti. Di certo c’è che “Jesus is king” è il primo disco dell’artista dello Stato della Georgia che non vede la comparsa di Kid Cudi ma è anche quello che regala la prima strofa di Pusha T senza riferimenti al mondo del lusso. Inoltre, è importante citare anche due importanti ritorni in un’opera firmata da Yeezy : i Clipse (Pusha T e No Malice) che tornano insieme su una traccia dopo tanto tempo ma anche Timbaland poiché il beat presente sul disco si tratta del suo primo in un album di Kanye dopo Graduation.
Come chiosa, non serve nemmeno fare calcoli e interrogarsi su come possa andare o meno questo lavoro perché sarà indubbiamente un enorme successo, se si tiene in considerazione che molto probabilmente si tratterà del primo album hip hop religioso ad andare primo in classifica ed a riscuotere così tanti successi e consensi.
Kanye West, almeno così pare, a differenza del passato, sembra aver trovato la pace affidandosi a Dio ed accettando di essere un suo servo durante la vita terrena. Probabilmente, ciò potrebbe essere anche un gancio per la sua esuberante e frizzante doppia personalità poiché questo nuovo modo di vedere le cose potrebbe lenire la parte eccessivamente eccentrica e fare sì che si concentri senza distrazioni su ciò che gli riesce meglio fare, ovvero l’arte (sia essa sottoforma di musica o di abbigliamento).
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