Recensione di Tarantelle
In un periodo storico dove la costruzione dell’hype attorno al disco in uscita è parte integrante del ciclo dell’album stesso, esistono ancora rapper che lasciano parlare la musica, uscendo quasi in sordina nel mare delle pubblicazioni, ma riuscendo ugualmente a far parlare di se e a fare numeri, grazie ad una qualità di una rilevanza non indifferente.
Uno di questi è sicuramente Clementino, uscito il 3 maggio con il suo settimo album in studio Tarantelle. Ad anticipare la pubblicazione solo poche mosse e tradizionali, non spingendosi oltre ai canonici singoli (quattro in questo caso: “Gandhi”, “Un Palmo Dal Cielo”, “Hola” in collaborazione con Nayt e “Chi vuol essere milionario?” con Fabri Fibra) e alla pubblicazione della tracklist, dove troviamo i featuring nascosti; forse l’unica scelta che si discosta leggermente dalle classiche strategie di promozione adottate dai rapper nostrani (anche se negli ultimi tempi è stata già ampiamente sperimentata).
Già dando uno sguardo attento a copertina e titolo si
intuisce la direzione del disco: un viaggio nella vita di Clemente con uno
sguardo affettuoso alla città che l’ha cresciuto, la sua amata Napoli, che
troviamo presente nella maggior parte dei lavori del rapper partenopeo.
I singoli avevano evidenziato già un’andamento altalenante, sia per quanto riguarda i mood e le atmosfere che per quanto riguarda i temi affrontati. “Gandhi” e “Hola” sono due magnifici esercizi di stile, in cui sentiamo tutto il flow, gli incastri e la potenza lirica a cui Clementino già ci ha abituato nei lavori precedenti; “Chi vuol essere milionario” è una critica alle usanze dei rapper più giovani nel catalizzare la loro attenzione verso il guadagno, dimenticando quello che il rap è in senso stretto. “Un palmo dal cielo” è una canzone molto personale, dall’atmosfera soffusa, quasi nostalgica, in cui facciamo un viaggio in tutte le cose che Clemente (e attenzione, parlare della persona e non dell’artista, nel caso di questa canzone, è doveroso) sogna di poter fare, siano esse possibili o meno.
Tarantelle conferma questa tendenza alternando tracce ricche di incastri e liriche potenti ad altre molto personali, in cui l’artista si mette a nudo parlando delle sue emozioni e della vita che ha vissuto. I flow ricercati e giochi di parole, che fanno da vetrina alle capacità tecniche del rapper, si miscelano con atmosfere nostalgiche che ci costringono a soffermarci su tutte le peripezie che Clementino ha dovuto affrontare per arrivare fino a qui, per essere l’uomo e l’artista che oggi possiamo apprezzare.
La varietà che il rapper di Napoli è riuscito ad accorpare in queste 14 tracce è davvero notevole, probabilmente anche aiutato dalla scelta di inserire un numero decisamente alto di produttori diversi, pressochè uno per traccia. Inoltre è riuscito a proporre tale assortimento così diversificato in modo da farlo scorrere come un unico flusso continuo, accomunato da una sorta di caos armonioso (l’effetto altalena di cui parlavo prima) e dalla presenza di una componente neomelodica di sottofondo tipica dei rapper napoletani, e di Clementino in particolare.
I featuring, che in progetti di questo tipo finiscono a ricoprire una componente estremamente marginale, sono tutti scelti abilmente, con quattro artisti che si immedesimano benissimo nelle rispettive tracce compartecipando all’armonia complessiva. Gemitaiz e Nayt che possono dare libero sfogo alle loro enormi doti tecniche; Caparezza che, favorito dalla tematica a lui affine della traccia in cui compare, “Babylon”, può dare il meglio di sé, essendo libero di non spostarsi dal proprio stile nemmeno di un millimetro. Un discorso leggermente a parte vale per Fabri Fibra, che parla di un tema che lui ha già ampiamente negli ultimi mesi, anche se questa argomentazione rischia suonare ripetitivo, senza nulla togliere alle indiscutibili doti del rapper di Senigallia.
Traendo le conclusioni ci troviamo di fronte a quello che, con tutta probabilità, è il disco migliore di Clementino, sicuramente il più completo e maturo. Un progetto che scorre benissimo, quasi perfetto sotto questo punto di vista, che è riuscito ad emozionarmi come non succedeva da tempo. Un diario di bordo che ci racconta la vita del rapper in ogni suo aspetto, anche i più personali e dolorosi. Sembra che, dopo tante Tarantelle, Clementino abbia finalmente trovato la sua dimensione ideale, da cui ora potrà solo migliorare.
Di Simone Molina
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