Il 2020, stando alle previsioni e agli annunci degli addetti ai settori, sarà un anno cruciale per il rap vista la fangosa battaglia che il genere sta combattendo per la completa emancipazione musicale, ma ciò che fin da subito è riuscito a destare l’attenzione generale non è stato il lancio di un disco meramente hip hop, bensì un prodotto illegittimo di tale ambiente di un’altissima caratura artistica: sto parlando di Tutti Fenomeni e del suo disco d’esordio “Merce Funebre”, pubblicato il 17 Gennaio 2020.
E no, “Tutti Fenomeni” non è una frase ironica atta a sminuire ciò che sta dicendo un probabile interlocutore, è lo pseudonimo di Giorgio Quarzo Carascio, classe ’96, originario di Roma.
Il nome d’arte, oltre ad essere uno sgarbo nei confronti dei genitori, in questo caso è estremamente esplicativo per riuscire a comprendere meglio il personaggio e la sua acuta ironia: “Tutti Fenomeni” è infatti ciò che si potrebbe rispondere all’udire una successione di nomi aggressivi di rapper che suggerirebbero timore per chi li ascolta e in più è la chiave di volta messa sotto gli occhi di tutti per decodificare la sua fonte scrittoria, ossia l’osservazione dei fenomeni di svariato tipo che compongono la realtà.
Tutti Fenomeni può essere considerato un figlio illegittimo della scena rap perché lo stretto legame che tutt’ora ha con i Tauro Boys lo ha spinto a prendere parte ad alcuni loro brani, per di più, essendo stato oramai tirato in mezzo, finì per collaborare con il produttore Generic Animal, con cui pubblicò “Colazione A Cortina” e “Per Quanto Ti Amo”. La classificazione “post rap-SoundCloud” gli fu presto stretta poiché si rese conto che con questa scena aveva più in comune l’amicizia che la direzione artistica che aveva intenzione di prendere, così decise di fermarsi un anno al fine di trovare la dimensione musicale più appropriata. Iniziato un nuovo sodalizio con l’etichetta “42 Records”, Tutti Fenomeni entra in contatto con Niccolò Contessa, ex storico produttore de “I Cani”, e da lì inizia la collaborazione che porterà alla creazione di “Merce Funebre”, il primo vero disco d’esordio di Giorgio.
“Merce Funebre” è un disco straniante, onirico, fuori dalle righe e di spessore, intellettualmente parlando, ma prima di dire tutto ciò, bisogna provare a sforzarsi di capire cosa Tutti Fenomeni ha voluto dire, anche se lui stesso ha detto di non cercare troppi significati dietro.
La copertina, a detta dell’artista, nasce da uno sguardo dato agli stemmi araldici: essa mostra un animale ovino noto per il suo basso livello di comprendonio e per il suo istinto omologante con in testa una corona, quasi a dimostrare che chi detta le mode oggi non è un pastore, bensì una pecora (“Mediocri governano la nostra estetica”, Diabolik).
Il titolo può essere connesso al modo di trattare le tematiche nel disco (società, cliché, rapporti umani, cultura, spettacolo, intrattenimento… ecc), che vengono quasi ridotte alla stregua di pura merce d’esposizione in vendita, non acquistate per un arricchimento personale ma per un’effimera ostentazione di un determinato status sociale riverberando così un sentore di morte valoriale.
Ad aprire le danze, o meglio, i funerali della morte culturale generale (“Dal punto di vista culturale almeno l’Italia è già fallita”, Mogol), c’è una rielaborazione della marcia funebre di Fryderyk Chopin priva di cantato che fa strada poi alla traccia seguente (“Valori Aggiunti”), capace di spezzare subito il tono funerario, calando l’ascoltatore in un clima che campeggia prevalentemente in tutto il disco: serioso ma a tratti scanzonato, paragonabile al vergognoso istante che precede lo scoppio fragoroso di una risata di cattivo gusto in una situazione poco consona.
L’io narrante dell’artista in questione assume le fattezze di un’entità che si pronuncia sentenziosamente per Merce Funebre, non tanto con tono snob, ma come un osservatore privilegiato che sputa una massima alleggerendola da tutti i termini specifici che permetterebbero a qualsiasi giudicatore seriale di incasellare fermamente un’opinione.
Lo stile aforismatico dell’artista rintracciabile in tutto il progetto, dà la possibilità all’ascoltatore di leggere il disco da più angolature, disseminando qua e là nei vari brani le diverse chiavi interpretative.
Se Marracash in “Money” (traccia contenuta in “Santeria”, 2016) ride consapevolmente dicendo che spesso le sue rime diventano meme virali, con Tutti Fenomeni sono i meme a diventare parte integrante del testo, o meglio, la tipica costruzione sintattica dei meme (composta il più delle volte da una frase minima; soggetto, predicato verbale e complemento oggetto) facilmente afferrabile diventa qui un ponte espressivo efficace che conferisce una grande forza d’impatto alla componente testuale, figlia di un lavoro minuzioso e di una scelta soppesata dei termini utilizzati.
Le varie branche del sapere vengono trattate, durante tutto lo svolgimento delle tracce, in maniera alquanto bizzarra: ne è un esempio lampante il brano “Marcel” (nome dello scrittore francese “Marcel Proust”), in cui scherza dicendo che i libri di Proust sono accanto al bidet. In questo caso la critica non è rivolta al popolo francese, ma a quello italiano e lo si evince dal “bidet”, elemento di forte identità culturale per gli italiani all’estero, ma sicuramente un posto poco adatto per appoggiare libri di un certo calibro. Ancor più strabiliante è “Hikmet” (qui il riferimento è al poeta, drammaturgo e scrittore turco-polacco Nazim Hikmet), brano in cui parla dell’impossibilità di afferrare quando si ama, inserendo in ogni capoverso della canzone una frase tratta da un’opera famosa: in ordine Mozart, Bizet e Verdi.
Ad essere tante non sono solo le contaminazioni culturali all’interno dei testi, ma sono anche le influenze musicali recepite e modellate da Niccolò Contessa.
Le influenze musicali rappresentano Giorgio in quanto tale perché, tenendo fede ai suoi racconti, il giovane romano classe ’96, in base ai suoi gusti e ai suoi ultimi ascolti, si reca da Contessa, che riesce a sbrigliare la matassa di pensieri di Tutti Fenomeni riuscendo così a tradurre le sensazioni più eteree in suoni concreti. Il genio musicale di Niccolò Contessa sta proprio nel rendere armonico e piacevole all’ascolto un disco in cui riesce a mescolare i synth pop a Chopin, i Depeche Mode (in “Valori Aggiunti” viene ripreso in parte “Enjoy The Silence”), addirittura la musica sacra, dando su tutto particolare rilievo al modello e idolo musicale di Tutti Fenomeni: Franco Battiato.
Seppur lo stesso Giorgio, in un podcast su YouTube di Daniele Tinti, abbia ammesso che dopo aver ascoltato in maniera maniacale Battiato si sia sentito piccolo e impotente, tanto da pensare di smettere con la musica, dal modello del cantautore siciliano però è stato capace di recuperare la commistione tra il sacro e il profano (richiamo alla Dark Polo Gang con “demoni alla porta, baby facci entrare” in “Valori Aggiunti”), lo stile sentenzioso e criptico e il gusto per le citazioni al mondo classico (in “Diabolik” e “Qualcuno che si esplode”), lasciando al suo produttore invece l’amore per lo sperimentalismo musicale del maestro Battiato.
Il disco si chiude con “Trauermarsch”, un altro brano che richiama un’altra marcia funebre, in connessione con il primo brano, quasi a dare l’idea di circolarità del progetto.
Continuare a scandagliare il disco spiegando i brani secondo la mia interpretazione sarebbe superfluo oltrechè riduttivo, poiché ogni pezzo meriterebbe quasi un articolo a parte per la ricchezza contenutistica, ma ciò che si evince dopo diversi ascolti è che Tutti Fenomeni tenti di comunicare non solamente con noi stessi, ma con la parte semi-addormentata di noi, perché le sue sentenze spesso pesano come macigni e ciò che dice con un sorrisetto beffardo riesce a scalfire di striscio anche i nervi più coperti. La comicità sottile e pensosa è una spada affilata che di certo non farà perire interi assetti societari, ma è comunque un’arma che riesce a punzecchiare le menti più recettive.
Merce Funebre di Tutti Fenomeni è un germoglio indipendente sbocciato dalla generazione avant pop/post-trap ed è la risposta a chi pensa che la musica di adesso non riesca ad essere impegnata; le citazioni culturali prive di una qualsiasi contestualizzazione sono fini a sé stesse, un disco che invece può essere ritenuto spesso culturalmente parlando è un prodotto capace di dare una lettura inedita, tanto calzante quanto aderente alla realtà e credo proprio che Tutti Fenomeni con “Merce Funebre” ci sia riuscito.
Di Riccardo Bellabarba
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