Recensione di OBE
Tempo di lettura: 3 minuti
Venerdì 5 febbraio 2021, ore 00.00, questa è la data e l’orario in cui possiamo per la prima volta approcciarci ad OBE, Out of body experience, Viaggio extracorporeo, l’album e il viaggio di MACE.
Annunciato poco più di un mese prima, il disco è stato anticipato da due singoli: “Ragazzi della nebbia” con FSK Satellite e Irama, due figure molto diverse per stile, quasi opposte, in un pezzo tendente alle sonorità trap, e “La canzone nostra” con Blanco e Salmo, che unisce alla perfezione gli stili dei due artisti su un beat che si trova a metà strada tra Techno e un’elettronica estremamente soft, quasi onirica (o, appunto, extracorporea) con tratti vagamente ricordanti Post Malone, che ha ottenuto ottimi risultati in termini di numeri, arrivando fino alla cima delle classifiche.
Nel momento in cui ci viene svelata la tracklist ci accorgiamo di una serie di simboli che escono ciclicamente ad accompagnare i pezzi del disco: si tratta di una combinazione di segni alchemici e caratteri tibetani tra gli altri, per regalarci una controparte visiva a descrizione di che tipo di atmosfera ci attende, quale ramo del viaggio andremo a toccare.
Dalle descrizioni di MACE possiamo accorgerci fin al periodo pre-album di un concept che avvolge il progetto, e che poi ci verrà confermato anche nell’arco dell’ascolto stesso: il concetto di viaggio, in tutte le sue sfumature, dal viaggio fisico alla scoperta del mondo e dei suoi microcosmi fino ai viaggi psichedelici provati negli stati di alterazione da droghe, passando per le esperienze extracorporee vere e proprie, una componente decisamente significativa nella vita dell’artista, che ne convive sin dagli inizia della sua esistenza.
OBE è un disco unico, fatto di influenze e di sfumature, con una scelta di suoni e una combinazione di essi estremamente ampia, complessa e minuziosa, in modo che ogni elemento si amalgami alla perfezione rendendo esattamente le sensazioni e le visioni dell’artista. Un fondersi di generi, di epoche e di luoghi forse unica, che confluisce nella costruzione di un vero e proprio universo alternativo e personale, contenitore di esperienze che MACE spera di trasmetterci e di farci rivivere attraverso il suo viaggio trasformato in musica. Assaporiamo i paesi visitati nella sua vita, il Messico, il Giappone, il Sudafrica, e le culture che popolano queste terre, con le loro tradizioni e la loro musica. Riviviamo gli anni della gioventù, ripercorriamo la crescita e la maturazione della psiche, della personalità dell’artista e dell’uomo che ci sta dietro, capace di portarci per mani negli anni ’80, negli anni ’90 e nei 2000 attraverso una serie di suoni e ritmi sapientemente selezionati e inseriti all’interno di sonorità senza tempo, uniche, perché estremamente personali.
Questo è uno di quei dischi così ampi e completi da non poter essere inseriti in questa o quella categoria, ci sono tanti generi che vanno a fondersi in qualcosa di più, il genere di MACE, fatto di Rap, Trap, Indie, Ambient, RnB, Techno, Elttronica, Tribal, tutto cucito in un tappeto unico. Si sentono i suoni dei piani ambient unirsi alle batterie trap con voci tendenti al Soul a completare il tutto in “Top boy” con Geolier; si sentono i suoni della giungla completare i suoni elettronici soft di “Ayahuasca” con Colapesce e Chiello, la trap e il rap più canonico in fila, la techno diventare ambient, tutto diventare tutto.
I featuring sono selezionati alla perfezione, una scelta quasi guidata da qualcosa di superiore, un’intuizione e una visione più che una banale selezione, e tutti si sono rivelati all’altezza di un compito delicato come rendere in musica le allucinazioni e le prospettive di un’altra persona. Abbiamo avuto perlopiù accoppiamenti inediti ad eccezione di Venerus e Gemitaiz e Rkomi e Madame, tutti in grado di completare le canzoni lasciando per tutto il disco il ruolo di protagonista a chi deve esserlo di diritto, MACE.
Non si può nemmeno dire che OBE sia vario o meno, perché non c’è mai un cambiamento secco di mood da un pezzo all’altro e anche nel complesso, ma il sound è in continuo mutamento, delle variazioni quasi impercettibili che vanno a trasformare le sensazioni fino a ritrovarsi trasportati da una parte all’altra anche all’interno dello stesso brano. È un viaggio che ognuno interpreterà in modi diversi, la sensazione che si avrà a fine album sarà diversa da persona a persona, potrebbe essere diversa tra ascolto e ascolto e tra traccia e traccia, non regalando mai le stesse vibes dell’ascolto precedente, il tutto concluso da un assolo: “Hallucination”, una trasposizione in musica dei trip causati dalle droghe, accompagnata dal simbolo alchemico del mercurio, il metallo primordiale che contiene tutti i diversi aspetti e qualità della materia, quello che col senno di poi è OBE.
Non vi posso garantire che questo disco possa piacere ad ognuno di noi ma è senza dubbio un lavoro enorme, realizzato con minuzia in ogni minimo aspetto. Non è un disco mirato alla classifica, ma mirato ad un concept, un obiettivo ben preciso e definito nella testa di MACE, da interpretare, in cui bisogna immedesimarsi, a cui bisogna abbandonarcisi. È un’esplorazione di un universo alternativo che ci è stato messo a disposizione per diventare una sorta di Rick & Morty della musica. Buon viaggio a tutti.
Di Simone Molina
Nessun commento!