La Trap. Questa parola subito porta la mente ad aprire una scatola del tempo, a viaggiare indietro nel tempo verso anni senza dubbio più semplici, un’era senza tante pretese in cui gli ascoltatori e i rapper italiani provavano a portare un sound che Oltreoceano era praticamente sempre esistito.
Un’ascesa rapida, che nel giro di pochi anni ha portato al successo il rap italiano, ma invecchiata male (nella maggior parte dei casi) e altrettanto rapidamente come un maldestro esperimento riuscito a metà.
Al netto di tutto la trap più che un genere musicale, in Italia è stato un vero e proprio fenomeno culturale influenzando stile di vita, estetica e anche modi di parlare riassumibili tutti in uno slogan: “è trap bro”.
Partiamo da questa inutile quanto doverosa visione d’insieme per parlarvi del nuovo disco di Papa V: “Trap Fatta Bene”. Dopo un filotto di singoli niente male era chiaro che il rapper milanese avesse in serbo un progetto ben più corposo da rilasciare in questo 2024, ed ecco che lo scorso venerdì “Trap Fatta Bene” è apparso in tutte le piattaforme.
Il disco di Papa V è effettivamente trap fatta bene. La recensione potrebbe benissimo finire qui, fine. Il disco non ha bisogno di spiegazioni o escatologie: entra nelle nostre orecchie diretto, senza chiedere il permesso con un’attitudine cruda, sporca e rimane incastrato nei timpani grazie a sound g-funk e bassi profondi.
La trap di Papa V è fatta bene perché rompe il filo con la generazione precedente aggrappata e incastrata in due o tre modi di fare, rigenerando un trap un genere e rendendolo una materia che unicamente Papa V può fare.
Il progetto colpisce per la spontaneità, riprende il modo di fare della trap e dice sul beat quello che deve dire, senza troppi fronzoli. In un panorama del rap italiano dove si prova ad alzare l’asticella tentando progetti dai concept sempre più sofisticati, Papa V vince nella sua semplicità.
La presunta semplicità non deve però passare per banalità, “Trap Fatta Bene” è un progetto curato fino ai più piccoli dettagli, un disco corale dove Papa V insieme a Fritu – unico produttore del disco – firmano uno degli album più interessanti di quest’anno.
“Trap Fatta Bene” ripulisce il genere da tutta la muffa accumulata in questi anni, svecchiato e rinnovato dall’attitudine di Papa e dei vari featuring presenti. Tra punchline, flow serrati e sporche slangate Papa V sputa il meglio di sé divorando ogni beat che Fritu gli cucina. Nella sua semplicità, infatti, il disco è asfissiante: se le produzioni martellano le tempie il rapper milanese prende ogni angolo del beat senza lasciare momenti vuoti.
La sinergia rapper-produttore è straordinaria e dona un valore aggiunto a tutto il progetto i due sembrano lavorare a memoria creando un link così forte che ricorda quello tra Stockton e Malone o tra Xavi e Iniesta se preferite il calcio. “X I Ragazzini In Strada” segna non solo l’inizio del disco ma anche il destinatario, nella fotografia di uno spaccato di vita ben preciso Papa V dedica il disco a tutti ‘i ragazzini’ che si sentono rappresentati dalla sua musica.
Fin dal primo brano è possibile captare quali siano le influenze del rapper milanese: i Club Dogo, in particolar modo Guè, di “Vile Denaro” e l’aggressività al microfono di Noyz Narcos. Il tutto ovviamente rappato secondo un’attitudine personale e riconoscibile.
“Trap Fatta Bene” non è solo la consacrazione di Papa V, ma quella di tutta una scena che piano piano si sta insinuando tra i grandi, non meteore ma stelle che brillano. Infatti, al disco partecipano molti degli esponenti di questa nuova scena: Artie Five, Kuremino, Nerissima Serpe, Tony Boy e dulcis in fundo Rasty Kilo. Tutti portano al disco il loro mood facendo spiccare al disco un ulteriore balzo in avanti.
“Trap Fatta Bene” è un disco senza filler, ha sicuramente aiutato l’uscita di molti singoli che hanno aiutato a metabolizzare le tracce e contemporaneamente coltivare l’hype di settimana in settimana, ma anche perché non scende a compromessi e riesce a parlare di pochi argomenti senza risultare monotoni. La rappresentazione della strada non è filtrata attraverso una retorica banale e statica, al contrario è una realtà sempre in movimento che non si prende sul serio e sempre sul filo dell’iperbole.
Eppure, il disco sembra sottintendere due temi importanti: odio e amore. Un compromesso che rimane dalla prima all’ultima traccia ma non si risolve nel disco. Papa V chiede di essere odiato, perché è l’odio che lo porterà a conquistare l’amore, unica cosa a cui ambisce davvero. Non un amore romantico però, un amore più sincero, l’amore della pacca sulla spalla più che del bacio. Novello Siddharta, il nostro cerca l’amore come ragione di vita attraverso i vicoli intrisi d’odio di una Milano croce e delizia della narrazione al centro di Trap Fatta Bene.
L’ultima traccia, “Franco Campanino“, esplicita al massimo questo concetto sorprendendo nell’ultimo atto con una traccia consciuos che non ha nulla da invidiare ai pilastri del genere e che, anzi, con il suo linguaggio crudo riesce ad essere anche più impattante:
“O mangio aglio olio o peperoncino e acciuga
Papa V – Franco Campanino (Trap Fatta Bene, 2024)
Questa sera sono solo in casa, nessuno respira
Non c’è manco la mia ombra, parlo con la Madonna
Lei mi guarda zitta e ascolta”
Alcuni degli elementi che affiorano in “Crack Musica” o in “Ragazzi Madre” qui riaffiorano in una nuova forma, in un nuovo assetto che sembra avere i tratti di un sottogenere musicale che, dopo anni e vari passaggi di testimone, ha raggiunto la sua forma e la sua identità proprio tramite Papa V. Proprio “Trap Fatta Bene”.
Nessun commento!