“Piazza Noia” di Rafilù merita più attenzione di quella avuta, vediamo perché.
“Piazza Noia” di Rafilù è una delle uscite più crude degli ultimi anni. Il rapper di Caserta squarcia il velo di Maia che ricopre l’aura del rapper classico. L’esaltazione delle droghe, macchine di lusso, soldi facili, nel disco di Rafilù non troverete niente di tutto questo.
C’è l’altra faccia della vita di strada, quella che nessuno vuole vedere, quella fatta di droghe pesanti, ecomostri e squallore, non la strada che ti rende figo ma quella che ti rende grande, nella sua versione più crudele e sincera. Nel disco è presente il plumbeo della provincia, l’odore che impregna l’asfalto dopo la pioggia, ma qui dopo la tempesta non c’è l’arcobaleno: “non mi salverà il rap” canta, infatti, Rafilù.
“Piazza Noia” è il grido disperato di un ragazzo stanco di questa vita ma è anche consapevole che è difficile uscire dalla noia. La noia raccontata da Rafilù non è quel tedio borghese intellettuale ma una noia provinciale, tangibile che fa paura. Nel disco la noia è un’ombra che si addensa in una vita provinciale e abitudinaria, diventa un vero ostacolo al raggiungimento dei propri obbiettivi e dei propri sogni.
“Vita Violenta” il primo brano del disco è un inno-manifesto di ciò che la noia di Rafilù, attraverso l’anafora del verbo “potevo” il rapper ripercorre tutta la sua vita, tutti i suoi errori, in un continuo “what if” di situazioni che martellano i pensieri di Rafilù: “come sarebbero andate le cose se avessi fatto questo/quello?”
“Potevano crescermi meglio, mi potevano amare
Rafilù – Vita Violenta (PIAZZA NOIA, 2023)
Ma i miei non stavano bene, quelli stavano male
Potevo nascere al Nord e non sentirmi uno zingaro
Invece del cobret potevo fumarmi un sigaro”
“Stare bene” è un insospettabile ballad ritmata e dal background più pop, ovviamente il tutto amalgamato alla maniera di Rafilù, il pezzo come quasi tutta la prima parte del disco è legata alla sfera emotiva del rapper casertano, fatta ovviamente di delusioni amorose e storie instabili, tema ripercorso anche in “Buffy e Spike” citazione alla nota serie tv Buffy l’ammazzavampiri.
La seconda parte del disco è quella che lascia più spiazzati, il tema centrale si sposta dall’amore al complicato rapporto con le droghe; Rafilù percorre una vera e propria catabasi musicale passando da energiche chitarre a beat sempre più cupi. “Zoo di Caivano” è uno spartiacque, il titolo che strizza l’occhio al ben più famoso “zoo di Berlino” lascia poco spazio all’interpretazione, lo squallore delle droghe entra nella vita di Rafilù mentre l’amore esce, la droga rende la vita insipida e Rafilù ci “scivola volentieri”, ma Zoo di Caivano è anche una disperata richiesta di aiuto verso una società molto spesso assente (o non vedente) verso questi temi.
Nessuno si prende cura di me
Rafilù – Zoo di Caivano (Piazza Noia, 2023)
Nessuno perde un’ora per me
Avevo ideali, ora sono inutili
“La Ruota” riprende gli stessi temi di “Zoo di Caivano” e ne sembra una continuazione spirituale. La droga anche qui è vista come “cura ad una vita che ti annoia”, menzione d’onore per Nerone, sentirlo esordire con “mi sono messo dentro al naso tutto il premio di Spit” fa sicuramente un certo effetto. Nerone arricchisce il brano portando il suo punto di vista; la droga come rito d’appartenenza a un’élite, a un certo tipo di lifestyle, diverse quindi le motivazioni dalla provincia ma stessi gli effetti devastanti.
Oltre Nerone, i featuring del disco sono tutti adeguati alle varie situazioni del disco, troviamo: Massimo Pericolo in “Per Sempre”, traccia che segna il lungo sodalizio tra i due artisti, in pieno stile emodrill tra l’amore e la vita di strada. Chicoria in “Fuori dai Guai” è forse uno dei momenti più emozionanti del disco, valore aggiunto dato dal ritornello che sembra riprendere la ritmica di “Ready or Not” traccia-culto dei Fugees. Nota positiva anche per i giovani Anouarinho e Mooncler, se il primo porta Rafilù ad abbracciare sonorità più drill, Mooncler stupisce per il suo modo di scrivere crudo ma intenso. “Italiani” con Disme segue gli stilemi più classici della trap, un brano carico e ricco di identità. Last but not least la collaborazione con il compagno di una vita: Speranza, presente nel featuring “Il Mio Vino”; una traccia di “transustanziazione” (che parolone) tra il sacro e il profano, la prova che “duje ‘mbriacune hanno arrevutato l’Italia”.
Piazza Noia però lascia anche spazio a qualche sperimentazione come quella della drill in “Still Drill” e quella più lo-fi nello skit “Strega Karabà”. Piazza Noia è un album molto intenso e personale, ottima la prova di un Rafilù che sembra mostrarsi molto maturato al suo primo disco uscito per Asian Fake. L’album procede quasi come un film, Rafilù nei panni del regista riprende Caserta a metà strada tra Accattone di Pasolini e Amore Tossico di Claudio Caligari. In conclusione, Piazza Noia ha tutto ciò che serve a un disco per rimanere nel tempo, un album in controtendenza con il successo commerciale ma sicuramente sincero, perché forse Rafilù (o Barracano) più che rap fa vera e propria musicoterapia.
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