Il 2016 è passato alla storia come l’anno rivoluzionario del rap italiano per eccellenza. Sfera, la trap, la DPG e tutto ciò che può essere inserito nel calderone hanno segnato un prima e un dopo. Ma non dobbiamo fare l’errore di dimenticare un album in particolare, il quale ha contribuito fortemente a quel risorgimento del genere che tanto amiamo. Marracash e Guè, i due colossi del game, uniscono le spade per combattere un’indifferenza dei mass media ancora pesante all’epoca sotto un unico nome, un culto, “Santeria”.
Per parlare di questa pietra miliare è necessario partire dalla title track, anche se di track ha, in verità, abbastanza poco. Un beat di sottofondo accompagna una donna che recita una sorta di anatema, una maledizione indirizzata a Marra e Guè, rei di lasciarsi andare alle perdizioni tipiche dell’hip-hop: i soldi, la fama, le donne, il potere.
“El diablo, el fuego y la luz los trajeron hasta aquí
Hasta que se queden en la calle de esta ciudad
Donde Orula los olvidó
Porque ya sé que es lo que quieren
El poder, el dinero, el éxito
El poder los destruirá
El dinero los traicionará
La fama les arrancará el almaCon esta brujería Gué Pequeno, Marracash, los Orishas los maldicen
Marracash & Guè – Santeria (Santeria, 2016)
Osogbo Ofo, Cafetera, Eles Cieleste, Eledá
Fermes, fermes ahora que todavía están en tiempo
Santería”
Tradotto:
“Il diavolo, il fuoco e la luce li hanno portati fin qui
Fino a rimanere per la strada di questa città
Dove Orula li ha dimenticati
Perché già so cosa vogliono
Il potere, il denaro, il successo
Il potere li distruggerà
Il denaro li tradirà
La fama gli strapperà l’animaCon questa stregoneria Gué Pequeno, Marracash, gli Orisha li maledicono
Osogbo Ofo, Cafetera, Eles Cieleste, Eledá
Fermati, fermati ora che c’è ancora tempo
Santería”
Qui si manifesta il film che i due vogliono raccontare con questo progetto, l’immagine di due anime perdute rincorrendo il successo e finiti vittima di esso, letteralmente dimenticati da Dio. Orula, infatti, è una divinità della religione Yoruba, culto originario dell’Africa Occidentale, in particolare Nigeria, Benin e Togo, i cui elementi hanno influenzato vari culti e tradizioni caraibiche e del centro America, tra cui quella “Santeria” che dà il nome all’intero progetto. Gli Orisha che maledicono i rapper non sono altro che le divinità di queste religioni, dove il termine “Orisha” sta appunto per “divinità”.
La scelta di far ruotare l’intero progetto intorno a questi culti arriva quasi a disco ultimato e prende spunto da quello stile grafico che vediamo nella cover dell’album, partito dal concetto del “calavera” e tutto ciò che ne ruota intorno, dai teschi messicani al Dia de los Muertos, in un continuo oscillare tra religione e morte, tra salvezza e dannazione che raggiungerà il suo apice in “Film Senza Volume”:
“Vivo mai, morto mai
Marracash & Guè – Film Senza Volume (Santeria, 2016)
Pace mai, sonno mai
Sogno mai, cuore mai
Parte un film senza volume”
Affascinante anche ragionare sulla disposizione delle tracce. Nella prima parte troviamo brani in un certo senso più concreti, maggiormente legati al rap game e alla loro vita da rapper, al loro personaggio, come “Cosa Mia”, “Purdi” e “Senza Dio”; al centro del progetto c’è la musica un po’ più leggera, fatta di aspetti più frivoli della vita come “Insta Lova”, “Cantante Italiana” e “Maledetto Me”; mentre alla fine troviamo il climax del film che è “Santeria”.
“Tony” è un’accusa l’uno verso l’altro, una presa di coscienza del conflitto che i due vivono con il rap game, e si rimproverano di “voler essere Tony”, ovvero di voler arrivare in cima, di voler comandare a discapito dell’altro.
In “Quasi Amici” emerge come se non si possano più fidare l’uno dell’altro, nonostante la condivisione di percorso e passioni che hanno portato a questo joint album, fino ad arrivare ad un’ideale incontro risolutore in stile mafia movie, che poi verrà ripreso anche in forma visiva nel live tour, dove i due si puntano una pistola contro l’uno verso l’altro:
“Pronto, dimmi dove sei è arrivato il conto
Marracash & Guè – Quasi Amici (Santeria, 2016)
Io non mi sono mai nascosto cascasse il mondo
E allora mo fatti beccare, mi hai fatto stare troppo già sul cellulare, sei a casa con le pare?
No, dimmi quando vuoi, dove vuoi e con chi vuoi
Io e te da soli fidati bastiamo noi
Allora scendi, puntello in piazza Lambertenghi quasi le venti
Sto scannando a centoventi sono nella via
Ti sto aspettando qui a lo stesso bar di fianco alla lavanderia
Ok ti vedo stai li avanti con addosso un belstaff
Non parlare parcheggia”
Alla fine, troviamo la già citata “Film Senza Volume”, dove esce il peso di questa maledizione, di questo scontro, dove i due tirano le fila una volta tornati a casa dall’incontro. Seduti alla finestra bevendo un bicchiere alla luce di una lampada, soli a riflettere e a discutere con la propria psiche. Il disco si chiude con “Erba & WiFi”, pezzo completamente discostato dal film visto fino a questo punto, quasi a voler rappresentare un risveglio da un sogno così vivido da averlo vissuto. I due riemergono da questo trip figlio delle recording sessions in Brasile e alle Canarie. rendendosi conto che tutto sommato basta poco per stare bene.
“Santeria” non è perfetto. L’Outro, come detto, sembra fuori posto, e i brani del blocco centrale risultano deboli rispetto al resto del progetto, probabilmente vittime del livello complessivo estremamente alto.
Non sono brutte canzoni, suonano bene, ma rischiano di intaccare l’aura del film che Marra e Guè hanno costruito con un mood troppo “ballabile”, figlio e forse vittima di quel bisogno di andare contro l’indifferenza delle radio e dei giornali, bisogno palesato dall’ironia sbruffona e tagliente di “Cantante Italiana” dove i due vanno contro a quell’obbligo non dichiarato di avere una cantante italiana nei brani per essere passati nelle rotazioni (resistito fino ad oggi dove, nonostante si sentano molti più brani rap, il feat con una voce femminile del pop rimane un lasciapassare privilegiato, vedi “Sesso e Samba”).
L’Hip-Hop rimane la base di tutto, la cultura su cui i due hanno basato la propria esistenza e che vogliono diffondere ad ogni costo, così come Milano, quella città che c’è sempre stata e sempre ci sarà nella loro poetica, madre personale ed artistica dei due che tanto gli ha dato e altrettanto si è presa, diventando essa stessa maledetta e maledizione, un cordone ombelicale infrangibile e visibile che rimane la scenografia di “Santeria”.
Questi due elementi fanno sì che la visione del progetto sia esterofila, alla ricerca di un sound internazionale figlio di ascolti condivisi e cultura musicale molto ampia che sappiamo in possesso dei due, sulla scia dei movimenti americani ed europei del periodo ed estremamente avanti per l’Italia del 2016. Emblematico anche l’inserimento di un Charlie Charles in rampa di lancio nella produzione di “Salvador Dali” (e di Sfera poi nel remix di “Scooteroni”).
“Santeria” vuole rifuggire la provincialità, vuole essere cittadino del mondo, vuole rivoluzionare l’ambiente e la vita di Marra e Guè. Loro sanno di essere maledetti, sanno che i soldi non fanno la felicità e che il potere non è tutto, ma credono che la musica possa essere la via per la loro salvezza nonostante sia essa stessa la causa principale della dannazione che sopportano. Non è un caso che dopo questo progetto le carriere dei due cambieranno, con una svolta più personale, alla ricerca di quell’ancora di salvataggio per sfuggire da tutto questo.
Guè con “Mr. Fini” e “GVESVS” e Marra con “Persona” e “Noi, Loro, Gli Altri”. Gli effetti di coda di questo progetto ancora si percepiscono, “Santeria”, così come a Cuba, è culto, finito col diventare esso stesso quasi religione per gli amanti del rap italiano, sicuramente pietra miliare, possibile redenzione per due anime dannate.
Con la collaborazione di Simone Locusta
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