Per presentare “Unabomber” bisogna fare un passo indietro: era il 2012 quando i Brokenspeakers, storico collettivo romano formatosi nel 2007 dall’unione dei gruppi Circolo Vizioso (Coez, Nicco e Franz), Unabombers (Lucci, Hube e Ford78) e i due storici DJ Ceffo e DJ Sine. A seguito dell’album “Fino al Collo”, pubblicato nel 2012, annunciarono la loro separazione e l’avvio della loro carriere da solisti.
A distanza di 7 anni da quel fatidico scioglimento, gli Unabombers ritornano il 27 settembre del 2019 con l’EP “Unabomber”. Tale extanded play è composto da 6 tracce: una ventina di minuti di rap, senza esclusione di colpi che riprende vita da quel progetto interrotto nel lontano 2001, per poi essere ripubblicato per La Grande Onda dopo 18 anni.
Grazie al tocco di Ford, le lyrics taglienti si intrecciano a strumentali in cui l’old school e il boom bap riescono a suonare attuali anche grazie alla variazione di sonorità più vicina all’elettronica, sebbene questo non sia un periodo in cui l’hardcore primeggia; tale sottogenere viene ormai quasi evitato e dimenticato dal pubblico di ascoltatori.
Gli Unabombers continuano a tenere con onore la nomea di essere “Vecchia Scuola”: Lucci e Hube sembrano un po’ dei “Survivors” che continuano, a colpi di rime crude, a dimostrare la loro presenza nella scena. Testa alta e pugni stretti, oltre a grondare sudare i due MCs trasudano rime, ciò che emerge dal disco è chiaro: possono dare ancora tanto al nostro Paese.
“Ancora vivi in mezzo al gioco puoi chiamarci Survivors”
Sei tracce in cui l’anima e il cemento fuoriescono fortemente in ogni barra, suonando compatte e tutto d’un pezzo.
Lucci e Hube, aiutati dalle basi di Ford, rappano senza filtri e senza porsi limitazioni, attingendo sia dalle proprie esperienze personali che dalla nostra storia, presente e passata, raccontando l’esigenza di rivendicare il proprio schieramento e la propria visione della società.
Quei sentimenti che legano il trio alle proprie origini si snodando poi tra cronaca, tristezza e politica, dove il collante che lega tutto insieme questo viaggio di pensieri è la speranza.
Speranza per un genere in continua evoluzione ormai arrivato alla ribalta e al successo che però sembra essersi scordato delle proprie origini, ed è proprio qui che il gruppo si fa sentire schierandosi in “Prima Linea” rappresentando quelle radici con gli occhi di chi le ha vissute sulla propria pelle.
“Non spegni il sole se gli spari
addosso
Vivo la vita in Prima Linea ad ogni
costo”
In conclusione, non possiamo che ringraziare gli Unabombers per aver portato nella scena attuale questa piccola perla che rende onore alle radici di questo genere. Nonostante le rivoluzioni e i cambiamenti naturali di questa musica, il collettivo ha mostrato con coraggio la volontà di riproporre l’hardcore in una scena allontanata dall’ormai cruenta visione dell’hip hop cruda di un tempo.
“Unabomber” è evocativo, rétro il giusto, da gustare assimilandone i messaggi e i contenuti tranquillamente apprezzabili sia da quelli che vengono dalla Golden Age dell’hip-hop italiano, ma anche da quelli che al rap si sono avvicinati solo ultimamente. La potenza del prodotto sta nel riuscire a creare uno spaccato di realtà lontano dalle chiacchiere e dall’autocelebrazione illusiva che contraddistingue la scena attuale in cui si predilige la finzione all’autenticità dei contenuti.
Di Modesto De Luca
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