Confronto tra Marketing e Ghost
L’ultimo anno ha sancito l’affermazione definitiva di diversi esponenti della scena underground romana. Roma ha sempre forgiato artisti di livello, basti pensare a Noyz Narcos o al Colle der fomento; mentre per quanto riguarda l’ultimo biennio non possiamo non pensare al collettivo Centoventisei (126,CXXVI).
L’articolo non riguarderà quest’ultimo, ma due artisti adiacenti ad esso: Il Wing Klan, duo composto da Tommy Toxxic aka Goya e Joe Scacchi.
Nel 2018 il duo ha pubblicato il primo progetto “I CAN FLY”, il quale però non ha riscosso successo passando quasi inosservato. Il suono era più immaturo e anonimo rispetto ad oggi che sembrano invece avere un carattere marcato e ben definito, un cambiamento frutto di un’evoluzione naturale che li rende due facce della stessa medaglia.
Goya è stato il primo tra i due ad imporsi tra gli scettici con l’uscita di “Ghost”, il suo primo album solista. L’appellativo scelto in occasione dell’uscita del progetto è un chiaro riferimento al pittore spagnolo Francisco Goya. E’ interessante capire il perché di questa scelta, o almeno provarci. Il pittore è incline a rappresentare nelle sue opere i mali che si celano nella vita e nella mente umana, accostandola anche a scene di feste nelle quali teoricamente non andrebbero rappresentati. Allo stesso modo per tutto l’album si respira un’atmosfera cupa e malinconica, nella quale il rapper alterna esternazioni più personali attraverso un linguaggio onirico, a racconti di vita quotidiana quali droghe, videogiochi o altri riferimenti popolari. L’emotività trasmessa all’interno del disco riflette le emozioni di un uomo che vive un conflitto con sé stesso e che, quando ritrova il senno, riesce a combattere i suoi mostri, proprio come nell’opera dell’omonimo pittore “Il sonno della ragione genera mostri”.
Come ho già brevemente preannunciato, la presenza di citazioni alla cultura popolare è una caratteristica principale per entrambi i membri del Wing Klan. Troviamo infatti abituali riferimenti a figure e immaginari che negli anni hanno contribuito a formare il capitale culturale (Bordieu) come le gemelle Kessler, Bill Gates o Marylin Monroe fino ad arrivare ai Pokèmon, sui quali si soffermano in diverse occasioni.
L’atmosfera buia e i vari riferimenti sono una costante nella musica di entrambi i membri, ma l’approccio distinto li rende complementari. L’elemento fondamentale per il successo di un artista sta nella bravura e nell’alchimia che si crea con il proprio produttore. Questa figura è rappresentata da Nikeninja nel loro caso, il quale è il vero valore aggiunto dei progetti dei due rapper trasteverini.
Ghost è quasi un concept album, con zero featuring, mentre Marketing di Joe Scacchi è concepito in maniera diversa.
Marketing di Joe Scacchi ha il pregio di avere ciò che in “Ghost” viene a mancare, mentre quest’ultimo ha come pregio l’avere ciò che in “Marketing” non c’è. Il tedio esistenziale, i problemi d’amore, la vita di strada sono tutti argomenti che accomunano i due. Joe Scacchi approccia in ogni traccia con un’attitudine seconda a pochi nella scena italiana, e sembra affrontare i suoi problemi prendendoli di petto.
Droga e alcool in quest’album accompagnano per larghi tratti la narrazione di un primo piano tetro con le strade di Roma sempre presenti sullo sfondo. In Marketing Roma è onnipresente, anche nei featuring. Oltre al socio Goya, la 126 già citata in precedenza sopraggiunge in massa a dar spessore al progetto: Ugo Borghetti, presente in due tracce, è il membro del collettivo romano che per attitudine più si avvicina allo scenario presentato da Joe Scacchi e che ha scritto due strofe dal forte impatto emozionale; Ketama126, presente in “#Free” con Ugo, prende le vesti di ritornellaro con un ritornello ad hoc per il mood del brano; Pretty Solero, il quale non ha brillato ma ha saputo creare un contrasto a livello vocale con Joe Scacchi tale per cui il brano ha reso bene l’idea di doppio; Franco126, ultimo featuring presente ovviamente nella traccia romantica e quindi nella sua zona di comfort, un tocco di classe la sua presenza, un pizzico di cantautorato in un album dall’attitudine prettamente trap.
Per capire il Wing Klan non necessariamente serve essere di Roma, basta ascoltare bene le immagini che loro propongono: i vicoli e le strade dissestate dalle buche diventano un immaginario non perfettamente delineato che fa solamente da sfondo, ciò che impreziosisce i loro testi sono invece i riferimenti pop, vero punto di contatto con tutti gli ascoltatori. In particolar modo i fruitori musicali della generazione Z (fine anni 90,inizio anni 2000) e precedenti, nel sentir nominare alcuni cimeli dell’oggettistica di quegli anni o nel sentir citare nomi o titoli illustri, non potranno non fare un bagno rigenerante di bei ricordi capace di alleviare le delusioni del tempo che vive. L’identità territoriale e il linguaggio nazionalmente condiviso ha conferito al collettivo romano la giusta credibilità per mettere piede fuori da Trastevere, giungendo alle cuffie degli ascoltatori rap italiani più esigenti.
Di Simone Locusta
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