Dopo il debutto, c’è la gavetta, dopo la gavetta, se tutto va bene, il successo, poi infine l’affermazione. Quasi ogni carriera ha seguito questo schema e quella di Marracash non fa di certo eccezione, ma c’è uno step in più di cui tener conto.
Dopo “Fino A Qui Tutto Bene” Marra era pronto per il disco dell’affermazione: “King del Rap“. Di quello parleremo la prossima settimana, perchè, proprio circa una settimana prima della sua pubblicazione, esce “Roccia Music 2“.
Da quel primo esperimento che ha messo Marra al centro dell’attenzione ne è passata di acqua sotto i ponti e stavolta Marra non ha bisogno di farsi notare. Quindi che scopo dare a questo secondo capitolo?
Prima di rispondere a questa domanda, facciamo un salto indietro nel tempo, vent’anni prima, in Iran.
Un fatto di cronaca molto particolare attira l’attenzione di tutta la nazione: un giovane disoccupato riesce a passare agli occhi di una famiglia benestante per un famoso regista e, promettendo gloria e successo, riesce a vivere a spese della famiglia finchè non viene scoperto.
Il regista Abbas Kiarostami, venuto a conoscenza di ciò, non solo decide di realizzare un film sulla vicenda, “Close Up“, ma decide di coinvolgere tutti i diretti interessati, facendogli interpretare loro stessi, riprendendo il vero processo in aula e coinvolgendo il vero Mohsen Makhmalbaf, il presunto regista imbroglione.
Kiarostami definisce questo il suo film “meno suo” in quanto la storia si è svolta davanti a lui, che si è semplicemente limitato a riprenderla lasciando che sia la essa stessa a raccontare le contraddizioni, i problemi ed anche i pregi del paese.
Ma che c’entra Marracash? “Roccia Music 2” e “Close Up” assolvono la stessa funzione, lasciare che un qualcosa si racconti lasciando all’autore solo l’ultima parola. Se il film ci descrive un paese che sta cercando di rialzarsi, il disco ci racconta una scena che è appena riuscita a farlo e lo fa dando voce al meglio che la avesse da offrire in quell’anno, quasi un “Best of the Year“.
Marra si fa accompagnare in ogni traccia inedita da almeno un’ospite, dai Co’ Sang a Noyz Narcos, rappresentanti di Napoli e Roma, dai giovanissimi Fedez ed Emis Killa fino agli amici della Dogo Gang, Ted Bee e Vincenzo da Via Anfossi. L’operazione coinvolge anche scene regionali, rappresentate da Max il Nano e Izio Sclero, e non chiude le porte al rap conscious ospitando il veterano Dargen D’Amico e la nuova leva Rancore.
Ma i Club Dogo? Fabri Fibra? J-Ax? Dove sono? Saranno, insieme ad un altra nuova leva del periodo, un certo Salmo, dentro “King del Rap”, niente paura.
Marra quindi sfrutta la prima parte del disco quasi fosse una vetrina per dire “questa è la scena Italiana” facendo un primo piano, un close up appunto, su ogni sottocategoria.
E sotto lo sguardo e la direzione di Marracash (qua più Albatro che scruta la nave dall’alto, piuttosto che capitano di essa) brillano tutti. Si annoverano qua dentro alcune delle migliori strofe degli artisti coinvolti. Se Noyz o Dargen erano comunque garanzie di qualità, non si poteva dire lo stesso di Fedez, Emis Killa o Rancore, ancora giovanissimi e con tutto da dimostrare, eppure riescono a stupire.
Vediamo qualche caso specifico prima di passare alla seconda parte del disco.
“Fiaba di Strada” con Vincenzo da Via Anfossi è la classica traccia gangsta rap che racconta una storia amara dei sobborghi, ma con un piglio particolare. Il beat, a metà tra l’Atlanta Rap e una ballad medievale, si presta ad un racconto fantasioso, ricco di analogie e metafore dove il rapper diventa un Re Stregone che si muove nella foresta di cemento.
L’altra traccia che voglio citare è, ovviamente, “L’Albatro“. Traccia probabilmente più celebre del progetto, realizzata con Dargen D’Amico e Rancore, si pone lo scopo di rinarrare “L’Albatros” di Charles Baudelaire.
Ognuno lo fa col proprio stile, Marra vede il cielo dove volano come la rete, Dargen come un una guerra e Rancore fonde il celeste con il colore del mare, fino ad arrivare ai fiumi, portandoci dal poeta maledetto francese al nostrano Giuseppe Ungaretti.
Nel mezzo, prima che inizino i remix (sui quali non ci soffermeremo troppo, sono tutte tracce già edite) introdotti dalla traccia “Mixare è Bello”, titolo emblematico, abbiamo “Amore in Polvere“, unica traccia solista del disco, e “Best of the Year”.
“Amore in Polvere” racconta in chiave adolescenziale il primo approccio con la cocaina, dipingendo su un beat di Del, una relazione tossica dove la sostanza assume connotati umani: una fidanzata della quale non riusciamo a liberarci nonostante tutto il male che ci faccia, perché quei bei momenti, sempre più rari, sono troppo belli da perdere.
È un tema molto complesso quello delle dipendenze e, negli anni dieci, raccontarle nel loro aspetto più marcio e cupo non era da tutti. Certo, lo faceva il Truceklan, ma la cocaina (ai tempi ancora “droga per ricchi”, ndr. Non lo è mai stata) non veniva etichettata troppo male, complice anche l’influenza del coca rap e di tutta la scena east coast.
“Best of the year” è invece una mossa geniale nel parere di chi scrive e trovo quasi strano non sia stata riproposta da nessuno (Kid Yugi ha 11 feat in un anno, io la butto lì): Dj Ty1 (Tyone ai tempi) realizza un lungo beat prendendo elementi da tutte le strumentali altrui che hanno ospitato Marracash nel corso dell’anno e quest’ultimo ci rifà sopra tutte le strofe che ha distribuito nel corso dell’anno. Marra fa scoprire i dischi di quell’anno al pubblico, rendendo il suo close up sulla scena ancora più completo.
Vogliamo parlare del divertimento di sentire la strofa di “Grand Guignol” (Noyz Narcos feat. Marracash) sul beat di “Tranne Te “di Fabri Fibra?
Il disco riesce a fare una foto ad una scena allora ancora molto divisa, un primo piano capace per la prima volta forse, di stringere l’obbiettivo senza perdere nessuno. Tutt’ora a quindici anni dalla sua realizzazione riascoltarlo riporta a quella scena lì, quando ancora tutto doveva succedere ed ancora si percepiva della genuina amatorialità.
Un progetto interessante quindi, che informa e diverte, ben scritto e realizzato, una passeggiata dentro il proprio regno. L’ultima forse: la settimana dopo il re sarebbe salito sul trono.
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