Siamo in un museo e la guida, nel silenzio assorto degli scolari seduti, spiega l’importanza storica del personaggio raffigurato nel quadro che stanno osservando. Nel quadro è raffigurato Diss Gacha, è già un personaggio di portata storica, è già nel museo.
Con “Cultura italiana pt.2” Diss Gacha è il primo rapper italiano della storia che finisce dentro un museo; da una parte perché è fedele alla cultura Hip Hop, e dall’altra perché tratta questa cultura come una forma di arte alta e non più come qualcosa che sta al di fuori delle istituzioni culturali. Gacha è consapevole che il rap è il veicolo per diffondere la cultura hip hop, e la forma culturale dell’hip hop è il mezzo con cui lanciare la cultura italiana a livello mondiale.
Il connubio tra Gacha e Sala è come “globalizzare” le lasagne ma senza snaturarle, senza trasformare il cibo fatto in casa in fast food, ma guardiamo meglio la visione artistica dei due.
Partiamo dal modo in cui hanno fatto uscire il loro secondo disco ufficiale. Contrariamente alla maggioranza delle uscite rap nostrane, infatti, questo non è concepito come una deluxe della prima parte del disco, bensì come il suo secondo lato, è il completamento del lato A di un vinile virtuale.
Questa scelta denota un rifiuto dell’imperante logica industriale nel mercato musicale, per cui non hanno aggiunto due brani per grattare gli ascolti sull’album precedente, ma hanno pubblicato 8 brani che sono pensati per completare e restituire al meglio un prodotto finale unico.
Cultura italiana pt.2 e pt.1 compongono un disco completo che permette di farci entrare nel magico mondo di Gacha, un viaggio nel mondo italo-americano del rapper classe ’01, è come entrare nel mondo ribaltato di Alice oltre lo specchio di Lewis Carroll. Un mondo fatto di frammenti di cori gospel e di un caleidoscopio di onomatopee sonore che conferisce a Gacha il titolo di re delle sporche, o ad-libs come spiegato dal Mir.
“Cultura Italiana pt. 2”, il disco
Il viaggio inizia con il brano “San Fierro”, la città immaginaria di GTA San Andreas, ispirata alla città californiana di San Francisco, e rappresenta il limes sacro di frequenze che attraversiamo per entrare nella Cultura italiana di Gacha: “Mai giocato a paddle, solo a Grand Theft Auto, è da lì che ho imparato il vocabolo” (San Fierro).
Quello di Gacha e Sala è un viaggio immaginario e reale allo stesso tempo, perché come la passione dell’mc per il rap ha creato una doppia coscienza in Gabriele Pastero che, senza alcuna contraddizione, senza alcun attrito è sia “Americano dalla testa ai piedi” (+++!) sia talmente italico che puzza di pistacchio (GACHA).
La seconda traccia è propria “America” e come recita il ritornello “Entro in studio e mi sembra l’America”, confermando l’idea che il suono diventi realtà, così come le figure sonore di Gacha, a forza di ripetersi, diventano significati pregrammaticali. Possiamo dire che, come Alice nel paese delle meraviglie, anche Gacha vive senza problemi in un mondo paradossale, dove i versi che fa a completamento delle barre, sono al tempo stesso onomatopee quindi suoni puri, che acquisiscono un senso.
“GACHA” è il terzo brano costruito sul sample di “And the beat goes on” dei The Whispers, che è alla base di un grande successo della musica hip hop mondiale, cioè “Miami” di Will Smith. È un brano che, oltre a dimostrare l’attenzione di Sala per quello che sta succedendo nel mercato americano, ossia un massiccio ritorno del suono West Coast (penso ai lavori di Ice Cube e di Kendrick Lamar), consacra l’iconicità di Gacha, confermando la knowledge, o consapevolezza, che caratterizza la visione artistica dei due.
Una sincerità negli intenti che si fa ancor più trasparente in “Verità Nel Mezzo”. Un brano che mette in evidenza l’abilità nella scrittura di Gabriele, che dimostra di non essere un meme linguistico, ma anzi è capace di costruire un dialogo immaginario con le proprie amicizie passate. Il brano è un confronto a cuore aperto con una sua vecchia amica, che è chiamata a rendere le ragioni e i giudizi che le compagnie dell’infanzia esprimono nei confronti del giovane emergente, accusandolo di aver messo “prima l’artista della persona”.
Il brano dimostra l’onestà e sincerità del rapper, che ancor prima di diventare effettivamente famoso, ci tiene a precisare la sua coerenza a dispetto di chi, forse, ha cambiato il modo di rapportarsi con lui per invidia. La cura nella scrittura dimostra quanto, nonostante gli attriti, in realtà Gacha ci tenga a riallacciare i rapporti con la compagnia di Avigliana.
“8pm” in collaborazione con Nayt è un brano che potrebbe sfondare qualsiasi tipo di classifica e mette in mostra quale potrebbe essere il prossimo futuro artistico dell’ospite romano. L’appeal del brano è iconico, il ritornello accompagnato dal coro in sottofondo, contribuisce al suo potenziale da sfonda classifiche. “8pm” è un brano che solo chi ha combattuto e combatte per restare calmo con sé stesso può apprezzare da subito fino in fondo.
Nayt così come tutti gli altri ospiti di Cultura italiana pt.2 e pt.1: CLARA, Niky Savage, Rosa Chemical, Izi, Vegas Jones, Wiz Khalifa, Bresh, sono perfettamente amalgamati al viaggio dei padroni di casa. Non solo, Sala e Gacha dimostrano di saper collaborare con ogni tipo di rapper valorizzando l’attitudine dei singoli approcci, ma riescono anche a restituirci l’immagine di una scena unificata e intergenerazionale.
I concetti di Cultura italiana pt.2
Le produzioni di Sala, come ben detto da Valerio per Cultura pt.1, sono un’esplorazione delle sonorità gospel. Il produttore sembra aver letteralmente tagliato e sminuzzato una sessione di cori gospel. I beats sono costruiti su frammenti di un genere musicale che è per eccellenza black culture, nato dagli spirituals degli schiavi nei campi di cotone americani e che, col tempo, si è evoluto ed espanso fino a diventare un fenomeno globale.
Fede e musica sono intrecciate sia dal punto di vista sonoro che da quello testuale, Sala costruisce le basi spirituali per dare consistenza alla sconfinata fede che Gacha ha in sé stesso, nel suo progetto, in Dio e soprattutto nella cultura. Il gospel e le sporche all’interno di Cultura Italiana si reggono su un principio comune, ossia sulla struttura della chiamata e della risposta detta “antifonia“, che è tipica delle cerimonie religiose metodiste.
La fede e il rispetto per la cultura hip hop si ritrovano non solo nella struttura concettuale dell’album, ma sono costantemente riflesse nei testi: “Cresciuto con valori, fortuna, così solidi grazie a quelli farò tanti, tanti, tanti soldi” (Punto di vista).
Gacha ribalta l’opinione dell’ascoltatore “poco educato all’ascolto e sul vero concetto di artista” (14€), poiché invece di presentarsi come il gangster cinico e privo di scrupoli, è il detentore di un valore più alto. Diss Gacha è convinto profondamente che il suo successo non dipenderà dall’essere scaltro, dall’essere più furbo per fottere gli altri, ma dall’avere dei principi morali solidi. Il suo successo, che sia effettivo o potenziale, dipende dalla priorità che egli dà alla verità e alla coerenza nei confronti di sé stesso:
A questo punto è inevitabile soffermarsi sul concetto di cultura hip hop come arte alta, come ci suggerisce la cover dell’album, descritta sopra, il rap di Gacha è arte da mettere in esposizione. Quindi la musica di Cultura italiana è arte, e lo skit 14€ ne è il manifesto artistico:
«L’arte non ha classifica
Diss Gacha – 14 € Skit (Cultura Italiana pt.2, 2024)
non si parla di Spotify o Instagram
se c’è un numero io non lo indosso, il valore non rispecchia la cifra
pubblico poco educato all’ascolto e sul vero concetto di artista
musica fast food riempie lo stomaco ma lascia sporcizia»
Nello skit Gacha fa un’aperta dichiarazione d’intenti, potremmo dire che elenca i principi che conferiscono solidità alla sua visione artistica, e non possiamo che essere d’accordo con lui quando dice che “è diverso promuovere l’arte da un trend”.
La cura nelle produzioni di Sala, con tanto di campioni utilizzati senza barriere mentali che separano la campionatura dalla trap, e i cambi improvvisi di base, fa risplendere l’arte del duo e ci farà sempre esclamare: – “ah ma questo è Sala!”.
Conclusioni
Gacha è il nuovo rappresentante di un rap positivo, in cui rime riflessive e intime si fondono ad un’atmosfera da festa tipica del rap delle origini. Diss Gacha è ciò che Nesli sarebbe potuto diventare se non fosse stato inghiottito dall’industria tritacarne del pop (non perdo l’Hip per seguire il Pop), non si droga, non fuma, anzi Gabriele corre, corre e corre e distanzia gli stereotipi del rap:
L’unicità di Cultura Italiana non si esaurisce qui, c’è qualcosa di più. Le figure sonore o sporche, la doppia coscienza (immaginaria) italo-americana, per cui il rapper è sia italiano come un operaio o come un pescatore sardo, ma al contempo ha “l’America in tasca/ c’è puzza di bacon” (200%), lo hanno portato a creare un proprio vocabolario, così come negli anni ’90 erano riusciti a crearlo Neffa e i Messaggeri della dopa.
La creazione di un proprio slang, di un proprio lessico, ci porta alla memoria la figura dello straniero, sempre tanto cara ai Sangue Misto, poiché il balbettio dello straniero, che cerca di imparare la lingua ufficiale della nazione in cui si trova a vivere, crea un linguaggio nuovo. Si tratta di un divenire minoritario all’interno del territorio di cui lo straniero è “ospite”, in questo caso la lingua italiana, e Gacha, come tanto tempo fa fecero i cani sciolti del rap italiano, con le sue iniezioni di americanità e l’ipertrofia di sporche diviene straniero nella propria nazione, immigrato nella propria lingua.
Al di là dei miei vaneggiamenti, quel che è sicuro è che Diss Gacha e Sala sono una delle proposte più originali e fresche della musica italiana. Non c’è copia, non c’è emulazione, non c’è falsità, ma solo una passione sincera per la cultura, anzi una vera e propria fede.
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