Partiamo da dove ci eravamo fermati. Partiamo da Nuova Sardegna come collettivo di artisti che ha fatto sognare una generazione intera dandole voce e rappresentandola. Per tanti giovani sardi, “4 The Island” non è stato solo un album e Nuova Sardegna non è stato solamente un gruppo.
Sono stati entrambi un grande movimento capace di intercettare problemi e sogni della gen z sarda. Lo hanno fatto nel posto giusto al momento giusto dopo qualche anno di incertezza e di smarrimento, ovviamente solo a livello di percezione, targato Machete e del suo rebranding.

Nuova Sardegna è stata capace di unire musicalmente Cagliari e Sassari, le due città più grandi dell’isola spesso vengono in contrapposizione ma sono più simili di quel che si crede. Ovviamente, non è stato il primo progetto che ha unito le due città perché prima di loro ci sono stati anche Giocca e Cool Caddish, così come Futta e Isma Killah, che hanno unito le forze per dei progetti.
A dire il vero, a livello musicale Cagliari e Sassari si sono sempre tese la mano e la cosiddetta rivalità è prettamente legata all’ambito sportivo e campanilistico. Nel caso di membri di Nuova Sardegna, la novità è proprio la formazione di un gruppo vero e proprio che percorre tutta l’isola come la Strada Statale 131 che collega il capoluogo sardo alla città turritana. Le particolarità non finiscono qui perché per la prima volta anche Alghero, con una scena in forte sviluppo da qualche anno, viene rappresentata nel collettivo.
La bravura di Nuova Sardegna è stata mettersi allo stesso livello dei fan e farli sentirli parte di qualcosa di grande che stava cambiando gli equilibri del rap isolano. Il successo del disco “4 The Island” risiede proprio qui, oltre che nelle grandissime capacità di tutto il team di lavoro. Un modo di fare che ha permesso a tutti di brillare, fino a formare una costellazione.
Dopo questo grande riscontro però il silenzio. Un grande silenzio durato anni. La costellazione Nuova Sardegna ha disperso le sue stelle nel cielo lanciandole in diverse direzioni e distanze: alcune, come nel caso di Low-Red, hanno continuato a brillare e a farsi riconoscere; altri, invece, hanno avuto un periodo di incertezza. Insomma, il periodo post “4 The Island” è servito a tanti per fare un po’ di ricognizione e capire come muoversi successivamente.
Per Praci, per esempio, è stato il momento del passaggio in major anche come artista solista e di tracciare un nuovo cammino. Non a caso, infatti, il rapper cagliaritano si presenta con dei biglietti da visita importanti, dei singoli come “Cosa C’è”, che è stato un anthem per la città di Cagliari, di cui eravamo presenti alle registrazioni del video.
Possiamo dire che si respirava un’aria di cambiamento, di nuovo capitolo, di forte unione, forse anche perché il video è stato simbolicamente girato poco dopo la scomparsa di Gigi Riva che ha scosso l’isola intera. Al brano, ne sono seguiti altri due e poi una pausa dai riflettori coincisa col trasferimento a Milano del rapper e di una convalescenza che ritroveremo anche nel progetto che analizzeremo oggi.

Possiamo ipotizzare che “The Blue Hour”, il nuovo album di Praci per Warner Music Italy, ha avuto la genesi proprio in questo periodo fatto di cambiamenti. Ciononostante, Francesco prima ancora di Praci non ha mai dimenticato Cagliari e non l’ha mai abbandonata, anzi! Ha rafforzato il suo legame, ha consolidato il suo accento e ha deciso di rappresentarla al meglio delle sue possibilità. Però il ritorno di Praci è stato molto diverso da come ce lo potevamo aspettare, decidendo di ripartire direttamente da sé stesso.
E così è arrivato il singolo “5 AM” che ha sorpreso tutti e ha messo le basi per un nuovo Praci, sempre con la solita carica al microfono ma una rinascita personale messa in primo piano. Il brano, infatti, racconta un’esperienza simile vissuta anche da Kanye West e raccontata in “Through The Wire”, contenuto nell’ormai classico “The College Dropout” (2004). E come il rapper di Chicago, Praci ha subito un’aggressione su cui non c’è nulla da aggiungere oltre alle sue rime:
“Cinque del mattino, scendono sette gorilla dalla macchina
Uno acchiappa Edo, l’altro mi spacca la faccia
Due fratture vedo doppio, c’ho fiumi di sangue in bocca
Sto pregando per mia mamma, non so più di chi è la colpa
Sono giù, vedo il mondo scoppiare come una bolla
Dimmi tu la verità, io voglio solo stare a galla
Sto pensando solo a un ferro e dopo metterglielo in bocca
Ma sta violenza è troia: mente a tutti e quanto costa?”
Praci – 5 AM
Praci però interpreta questa batosta anche come un segnale divino per non giocare più con la sua musica e per fare sul serio. Questo argomento è uno dei temi principali di “The Blue Hour”, nel quale troviamo la sua versione più riflessiva e che occupa, tra l’altro, anche la maggior parte del disco.
“The Blue Hour” si apre con “Guerra & Pace” che forse rappresenta proprio l’incontro perfetto tra le anime che compongono il progetto. L’intro, infatti, ripercorre i passi che hanno portato il rapper dov’è ora: dal disturbare il suo condominio mentre si allenava per diventare un artista fino alla firma con le grandi etichette con i suoi amici sempre attorno. La seconda parte del brano, invece, ci restituisce il Praci a cui siamo abituati, pronto a distruggere il beat à la Meek Mill di cui si sente la forte ispirazione.
La prima parte dell’album, in realtà, ha proprio questa cifra stilistica, oseremmo dire una beast mode, proprio come la seconda traccia. Nelle prime 5 tracce, che compongono questa versione del disco, troviamo un Praci assolutamente in forma e agguerrito, che ha riconosciuto sé come miglior avversario per stimolarsi a fare meglio.
Il brano “Da Dove Vengo Io” merita una menzione speciale perché ci mostra anche l’unione con un’altra scena che si va creando, fiera di rappresentare la provincia e di essere per certi versi anche un’alternativa a Milano.
Questo è il primo brano del progetto che presenta delle collaborazioni con altri rapper e qui troviamo non solo Sgribaz, amico di una vita, ma anche 22simba. Quest’ultimo si è reso autore di una strofa che ha fatto tremare le pareti non solo durante l’ascolto del disco ma anche al release party, a cui abbiamo assistito in prima persona.
Nelle tracce successive, invece, Praci consolida il suo posto nella scena e ci mostra il suo lato più aggressivo spaziando tra l’aggressività e il voler una vita veloce, come diretta conseguenza del successo. Tutto fino a che non arriva “Tony Skit (18 Giovedì)”, skit nel quale troviamo una chiamata con un suo amico che è stato arrestato all’estero, che taglia il disco a metà.
Da questo momento, la famosa ora blu che dà il titolo all’album arriva a suo compimento, pronta per lasciare spazio alla lucidità dei pensieri e presto anche alla notte che prenderà il posto del giorno. Come se Praci avesse avuto una visione, un grande momento di lucidità, proprio come quando la sera l’ego si azzera e lascia spazio ai pensieri più intimi.
In questa seconda sezione di “The Blue Hour”, il rapper si mostra come mai prima. Non ci troviamo più davanti a un artista che vuole sbattere i pugni sul tavolo ma vuole dare voce a sé e ai giovani della città di Cagliari.
Lo fa parlando di temi che stanno a cuore a tanti sardi, a partire dal lavoro stagionale, alla desolazione invernale delle città al servizio dei turisti in piena estate e l’avversione al denaro estero che spesso è più vicino al riciclaggio che agli investimenti. Ma c’è anche dell’altro e soprattutto c’è Francesco che vuole il suo spazio e per il suo primo disco solista in major ha deciso di aprirsi.
Per questo motivo, “Dream Chasers” e “Sopravvissuto” forse sono i punti più alti dell’intero progetto. Ci sono delle intuizioni di scrittura interessanti, sempre in bilico tra il divertimento e l’essere serio. Per esempio, “Dream Chasers” è la traduzione in musica dei desideri dell’artista che, in fondo, riconosce che la cosa più importante è il sapersi divertire, riuscendo a dare una dimensione ai suoi sogni assieme ai suoi amici.
Praci vuole rischiare, non accontentarsi, per diventare magari un’icona e potersi riposare solo quando sarà morto, citando direttamente Marracash. Dietro la corazza di un rapper sempre in guerra c’è anche un ragazzo che si è reputato uno sfigato e che ora vuole liberarsi dei suoi pensieri. Per questo viene accompagnato da un pianoforte che lo supporta mentre cerca un motivo per continuare poiché si sente solo e smarrito ma forse, come dice lui stesso, è “quando tutto crolla che ci sei vicino”.
Ci avviciniamo verso la chiusura del disco con un brano come “Balloon”, col featuring di Néza, pronto a mostrarci anche una possibile direzione potenzialmente più pop per poter arrivare anche a un pubblico maggiore.
Nella prima parte dell’articolo, abbiamo parlato di un legame rafforzato con Cagliari, la sua città di provenienza, e paradossalmente lo fa proprio in “Milano” che suona quasi in contrapposizione con la sua persona. Milano, in questo caso, è place to be per farcela ma non esattamente quello in cui essere per stare bene con sé.
A volte Milano, dalle parole dell’artista, sembra essere sia positiva che schiacciante, dove anche gli artisti si sentono delle formiche. E forse è proprio stando a Milano per lavoro e raccontando il suo rapporto con lei che anche Francesco vuole ritornare alle origini e non abbandonare mai il suo passato.
E allora potremmo trovare proprio qui il senso alla posizione di “La Prima Volta” a fine disco, pezzo in cui Praci scava nel suo passato e fa uno storytelling in cui racconta la sua prima relazione con una ragazza.
Lo fa da un punto di vista quasi inedito: mette in mostra le sue fragilità, rapportandosi anche con gli altri ragazzi della sua età e non sentendosi mai abbastanza per lei. Siamo sicuri che sentiremo altri brani del genere in futuro. Il disco si chiude con “The Blue Outro”, dove il blu del cielo e l’universo emotivo di Praci si fondono e trovano finalmente la tonalità perfetta per mischiarsi l’uno con l’altro.
Articolo in collaborazione con Il Rap Sardo.
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