Faccio difficoltà a ricordare la prima volta che ho ascoltato Tony Boy, sembra passata una vita da quel giorno. Una vita musicale lunghissima, visto che riesce «in un mese a vivere sette mesi». Una costanza di pubblicazione che in qualche modo mi sento di dire, dilata la vera energia di Tony Boy. Un ragazzo con la testa fra le nuvole, visibilmente timido, che tende a rimangiarsi le parole, quando lo fa davanti a un microfono riesce a sintonizzarsi con tante persone in maniera viscerale.
Parlare di Tony Boy senza accennare minimamente al suo “cult following” sarebbe non analizzare con la giusta attenzione il percorso di un artista che si è mosso in silenzio negli anni, per costruire piano piano una vera e propria comunità di persone che lo “venerano” (nell’accezione del termine) e sono capaci di mandare sold out le copie fisiche “a busta chiusa”, per così dire.
Stiamo parlando di un pubblico materiale che dimostra la sua presenza più per i dischi che per le singole hit, uno zoccolo duro che ha preso con impegno questo rapporto. Anche Antonio ha preso il rapporto coi suoi fan sul serio: la relazione fan-artista in questo caso sfonda le pareti digitali e le dovute distanze, grazie ad una comunicazione di marketing efficace e una sfacciatissima volontà di Tony nel voler rendere partecipe il suo pubblico di ciò che impara quotidianamente in questa ruota del criceto.
Ma prima che Tony Boy droppi altra musica, meglio iniziare a parlare di “UFORIA”, terzo disco in studio per il rapper padovano. Il progetto ha l’estetica di un trip dominato da colori accesi, a volte caldi e a volte freddi, che avvolgono il pubblico pronto ad entrare in contatto con un disco variegato e senza schemi precisi, ma che già dal nome fa capire dove vuole andare a parare.
Sì, perché Tony per tutto il progetto è alla ricerca della melodia, del suono, della barra che offra la possibilità all’ascoltatore di raggiungere alti livelli di euforia, stato emotivo caratterizzato da diverse sfaccettature, ma questo tasto lo andremo a toccare nel momento giusto.

“UFORIA” è dominato dai suoni sporchi del mumble rap e della trap, rappresentati dal duo Sadturs e KIID alla produzione della maggior parte dei brani, alternati a una buona quantità di pezzi più melodici in cui Tony con poche parole ma giuste riesce ad aprirci le porte della sua anima senza vergogna ed esitazione.
Da sottolineare l’assenza di Wairaki che apre a Tony la possibilità di uscire dalla zona di comfort e di potersi misurare con suoni un po’ più vari di quelli sperimentati fino ad ora in carriera.
Il trip di “UFORIA” si apre con “Uap”, un brano che porta l’ascoltatore in una dimensione quasi spaziale, a cui probabilmente allude anche Tony Boy nel titolo, probabile riferimento all’acronimo di UAP (Unidentified Anomalous Phenomena); in astronomia, è un termine più ampio del classico UFO (Unidentified Flying Object), quindi non si limita a raccogliere nel suo campo semantico oggetti volanti, ma include qualsiasi fenomeno anomalo osservato nei cieli o nello spazio, anche se non necessariamente di forma circolare o a forma di disco. Tony già dal titolo della intro si definisce indefinibile, allo stesso livello dei fenomeni celesti su cui l’uomo ancora deve scoprire molto.
Un disco così smaccatamente statunitense ma personale in termini di suoni e flow, era ciò che mancava nella sua discografia e il trip di “UFORIA” rappresenta, secondo me, un tentativo di esplorazione del proprio sound, un viaggio intergalattico con sullo sfondo le sostanze psicotrope di cui Tony si serve per creare la sua navicella spaziale.
I timbri e i vocalizzi che accompagnano il flusso di stimoli incastonati da Tony nel beat mi hanno dato spesso per tutto il disco la sensazione di ascoltare un rapper unico in Italia e soprattutto, il parente più vicino alla scena emergente di cui Alessio Marras vi ha parlato qualche settimana fa, figlia dell’imprinting dei sottogeneri del rap statunitense.
Tra i tanti feat del disco spiccano Shiva (in “Società”) e Gué (in “Zio”), due brani diversi ma entrambi funzionali nella stimolazione della produzione di dopamina, ormone dell’euforia prodotto nell’area tegmentale ventrale e che coinvolge la corteccia prefrontale e il nucleus accumbens, porzione del cervello particolarmente attiva nel momento dell’ascolto della musica proprio perché sede della gratificazione e del piacere di qualsiasi tipo.
Tony coi suoi colleghi in questi brani et similia (“Step” feat Lazza, “Wet” feat Glocky, “Oppio” feat Simba La Rue, ) gonfia il petto, si autocelebra, gode dei suoi risultati e cerca la motivazione per ottenerne altri, oltre a stimolare la produzione delle endorfine, ormoni specializzati nella regolazione del piacere fisico e dell’euforia post-sforzo, riconosciuti anche come “oppioidi naturali” visto il legame che avviene con i recettori degli oppioidi che l’uomo possiede nel cervello.
Con i brani da solista Tony Boy culla chi ascolta, tenta di fargli produrre serotonina, l’ormone che si occupa della regolazione emotiva e dei livelli d’umore, coinvolge l’amigdala e l’ippocampo amplificando le emozioni e collegando esse ai ricordi della memoria a lungo termine. Brani come “Giusto”, “Lacrime”, “2000 Pensieri”, “Ibiza”, “Passa il tempo”, “Anomalia”, oltre a regolare l’umore dell’ascoltatore, vanno, a mio parere a stimolare la produzione dell’ossitocina, l’ormone dell’amore che coinvolge anch’esso l’amigdala, centro delle emozioni, e la corteccia orbitofrontali, che regola i comportamenti i sociali e permette la connessione umana emotiva.
Con i brani di questo tipo Tony Boy è riuscito a sintonizzarsi e a creare quella rete neurale con il suo ascoltatore, come se il cervello del “progetto musicale Tony Boy” coinvolga anche le ramificazioni nervose del pubblico, componente troppo importante e distintiva a confronto con le altre realtà dei suoi colleghi.
“UFORIA”, a mio parere, è un disco ambizioso e più sottile di quanto può arrivare con un solo ascolto, perché con più riproduzioni si tocca con mano il lavoro che c’è dietro alla costruzione dei suoni che possano rievocare determinate immagini o stimoli capaci di innescare una catena di sentimenti che ci permettono di muovere la testa o vibare il progetto.
All’inizio vi avevo proprio parlato di una ricerca di Tony Boy della melodia e della barra che possa stimolare l’euforia: ecco, questo punto per chi fa parte del suo “cult following” potrebbe rappresentare una criticità, soprattutto perché in un disco del genere è impossibile non percepire la maggiore artificiosità che la musica di Tony ha raggiunto.
Il suggerimento che posso dare a chi non ha ancora ascoltato il disco è quello di prendersi il giusto momento per poter cercare di intercettare tutti i dettagli che vanno a costruire questo viaggio verso il piacere e la soddisfazione, con la compagnia di Tony Boy, il UAP più splendente del cielo del rap italiano mainstream.
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