Certi amori fanno dei giri immensi e poi ritornano. Questa è forse la frase-stereotipo più adatta a descrivere la reazione dei fan del rap italiano, in particolare di Guè Pequeno, all’annuncio dell’uscita di Fast Life 4. Una saga che parte dal lontano 2006, 15 anni fa ormai, anche se probabilmente percepiti 25 se pensiamo al ritmo delle mode e del susseguirsi di stili nuovi nel mercato discografico odierno.
Mentirei se dicessi che la scelta di pubblicare un progetto di questo tipo, con questi suoni, concetti e riferimenti, non fosse in controtendenza con tutto il resto, ma è anche vero che Gué Pequeno non ha mai distolto lo sguardo dalle sue radici, portandole con sé ovunque, anche quando sembrava essere entrato nel mondo pop dopo i successi con “Bravo Ragazzo”.
Fast Life 4 è la dichiarazione d’amore più grande che Guè Pequeno potesse fare nei confronti della sua cultura d’appartenenza. Ma non è l’unico in tutto lo Stivale, sia chiaro: nonostante il rap sia in cima alle classifiche c’è ancora chi si fa pioniere del genere proponendolo agli ascoltatori nella sua forma più classica e avulsa da influenze moderne. Artisti come Egreen o Nex Cassel, passando per Gionni Gioielli (tanto per fare dei nomi). Ciò che rende Fastlife 4 così importante rispetto a prodotti simili è il fatto che sia uscito come mixtape rap, crudo e tutt’altro che politically correct in un contesto mainstream, nel 2021; una “falla” nel mainstream italiano.
Questo progetto rappresenta la passione per la cultura e l’amore per i fan, dimostrato anche in un’intervista che Guè ha rilasciato pochi giorni fa, nella quale critica i colleghi che durante questo periodo hanno deliberatamente scelto di non fare uscire musica, esortandoli piuttosto a cambiare mentalità.
Il disco lo assimileranno bene in pochi, non tutti hanno gli enzimi per destrutturarlo, serve una cultura che non si fermi soltanto al mero Hip Hop, anzi, come fa ben intendere anche nel “Disclaimer“, sarebbe ottimale per l’ascoltatore saper cogliere i vari riferimenti filmici (Arancia Meccanica, la saga di Gi. I. Joe, Taken… Ecc) e alla cultura popular.
Nonostante ciò, la comprensione è stata resa più alla portata, almeno a livello di attitudine per capire il viaggio e il modo d’espressione, grazie alla riedizione de “Il Ragazzo D’oro” uscita pochi giorni prima, dando’occasione, a chi non lo conoscesse o non lo avesse ancora fatto, di metabolizzare quei messaggi e quelle esperienze per spianare il terreno e renderlo adatto alla semina di Fastlife 4.
Attenzione però a considerare questo disco come un possibile trendsetter per quelli futuri come fu ad esempio “Persona” di Marracash: Guè non vuole riportare in auge quel suono classico, l’intenzione che è passata è quella di voler fare un omaggio e di poterlo fare senza rischiare nulla.
Oltre ad avere la consapevolezza che questo sia un prodotto di nicchia, lui sa di essere uno dei pochi in ambito mainstram a potersi permettere di uscire con un disco che suoni come vent’anni fa senza che questo abbia ripercussioni sulla sua carriera. Il Guercio attualmente ha uno status che gli permette tali mosse rimanendo comunque in cima alla classifica, e questo, soprattutto in Italia, non è mai scontato. Oltre al suono, è stato interessante vedere alcune scelte: lo spazio ai nuovi emergenti come solitamente si fa in un tape che si rispetti (Vettosi, MV Killa, J Lord), il ritorno insieme a Salmo sulla stessa traccia, il featuring con Rasty Kilo, ma soprattutto la scelta di coinvolgere Bassi Maestro all’interno del nuovo progetto anche con il nuovo pseudonimo North Of Loreto.
Che il rap italiano riparta da Fastlife 4. E no, non è uno slogan politico, ma un auspicio. Non parlo di contenuti o di suono, ma di attitudine: i rapper italiani devono approcciarsi a questa musica con la giusta passione, devono farla trasparire attraverso rime, sporche e silenzi, devono far innamorare anche i neofiti se vogliono esser compresi fino in fondo, perché come mi ha detto un amico, “se non ti sei mai innamorato non potrai mai capire”.
Di Simone Locusta
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