Questo non è un articolo canonico, ma una sorta di riflessione su quali effetti comportano il legame musica-psiche, scaturita mio malgrado a causa di esperienze personali che non andrò a specificare, ma di cui vi voglio parlare come possibile aiuto, sia per me che per chi potrebbe soffrire di un’analoga situazione: d’altronde la scrittura serve anche a questo. C’è un preciso momento che si palesa inevitabilmente nell’esistenza di tutti noi, uno stato psico-fisico che ci porta all’autoisolamento e, in determinati casi, al desiderio di autodistruzione.
Sto parlando della depressione, che sia una mera sensazione che solo ed esclusivamente noi stessi possiamo percepire o che sia una vera e propria patologia psichica. Le manifestazioni sono molte, ma questo non è un trattato medico, per cui mi limiterò a descrivervela secondo la mia personale percezione: essa è il palesarsi dei nostri incubi, nella sfera reale od onirica ha poca differenza, come nelle buie visioni lovecraftiane. È una situazione in cui la scelta più sbagliata è lasciarsi soccombere ai propri demoni, lasciare che prendano il sopravvento assumendo forme reali e dannose, quali potrebbero essere l’alcolismo o l’abuso di medicinali. Bisogna invece affrontarli, uscirne vincitori e più forti, come gli eroi dei racconti, come chi soffre di mali ben peggiori ma ogni giorno ci insegna che nessun ostacolo è insormontabile.
Come mi ha aiutato la musica ad affrontare la depressione
Fatte tali premesse vi starete chiedendo: ma cosa c’entra la musica con tutto ciò? Perché, leggendo una rivista di musica, è lecito aspettarsi di trovare quello come argomento principale.
Beh la musica c’entra sempre, è il filo conduttore che dà il ritmo alla nostra vita, senza la quale ci sentiremmo vuoti, spaesati, cupi percependo la mancanza dei colori e delle sfumature che questa ci regala (paradossale come dei suoni siano in grado di dipingere le nostre esistenze, vero?). E in momenti bui come questi acquista un’importanza ancora maggiore, come un aiuto, un amico, uno psicologo e un’ancora di salvezza, grazie alla sconfinata variegatura che la musica è.
Ma che tipo di musica si addice meglio a impersonare questo aiutante spirituale? Questa è una domanda a cui nessuno può dare risposta, visto che è una questione meramente soggettiva, come la maggior parte di quello che si può dire di questa arte. C’è chi predilige suoni che rispecchino il proprio stato d’animo, con canzoni dalle melodie cupe e dai testi che fanno della depressione il loro punto cardine e chi invece cerca l’opposto, musiche felici e spensierate con tematiche di rivalsa e ottimismo. E questa è solo una, l’ennesima, premessa.
Io appartengo senza dubbio alla prima categoria, pertanto è quella che vorrei approfondire: in questo periodo così buio mi sono accorto di trovare una sintonia quasi viscerale con determinati artisti, quali Lil Peep, XXX Tentacion, CoCo, gli Psicologi, Mecna ed altri, alcuni perché della depressione ne parlano, regalandomi un punto di vista esterno da chi già l’ha vissuto e un conforto, grazie alla percezione di non essere l’unico e, in qualche modo, di essere capito. Ma non solo, perché ad esempio CoCo di depressione e argomenti simili non ne ha mai parlato. Tuttavia le sonorità rimangono affini, sono tristi, cupe, nostalgiche, e si legano alla perfezione con le vibrazioni delle corde della mia anima regalandomi una percezione di pace. D’altronde a chi non è capitato, magari in fase adolescenziale, per chi come me ha già superato quel periodo, di trovare conforto nella musica triste in un momento di tristezza? Ad esempio dopo un amore non corrisposto, una delusione scolastica o un problema familiare. È un processo naturale, una ricerca di serenità, alle volte un grido d’aiuto, a cui troviamo una parziale risposta grazie a questo stimolo in sintonia con le nostre percezioni, l’unico stimolo esistente forse in possesso di questa caratteristica.
Naturalmente non ascolto solo questo tipo di musica, gli artisti che solitamente ascolto rimangono nella mia rotazione, anche perché sarebbe sbagliato buttarsi solo su quello per provare sempre le stesse emozioni. Per uscire dalla nostra palude mentale abbiamo bisogni di diversi stimoli e di diverse sensazioni, perché la nostra mente non deve andare alla deriva completamente in un mare di oscurità; bisogna mantenere ciò che ci piace, le nostre abitudini, e trovare nei momenti peggiori qualcuno che ci capisca e che ci parli, per farci stare meglio.
Di Simone Molina
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