Il 13 febbraio Nayt ha annunciato il terzo capitolo della
saga di Raptus, un disco che richiama i precedenti lavori usciti sotto lo
stesso nome. Il 15 Marzo, quasi un mese dopo, Raptus 3 di Nayt ha visto la luce.
L’album, a detta
dell’artista, è uscito più per necessità che per continuare la sua evoluzione
artistica. Nayt, come una seppia che spruzza inchiostro, aveva la necessità di
spremere tutti pensieri che aveva in testa per poterli intrappolare nelle
strumentali.
La tracklist conta undici tracce per un totale di 27 minuti, durata relativamente bassa per un disco, va anche fatto presente che quattro tracce erano già uscite come singoli, riducendo a sette i brani inediti. Se diamo uno sguardo alla lista dei brani possiamo notare la presenza di un solo featuring (Madman), scelta strana, non tanto per il rapper chiamato in causa, bensì per un discorso di marketing e di algoritmi inerenti a Spotify, visto che una maggiore presenza di artisti nel lavoro non può che attirare altri ascoltatori a fruire della propria musica. MadMan non aggiunge nulla al disco, bensì accompagna il giovane e talentuoso rapper in un esercizio di stile dalla forza disarmante (“Fame”). La scelta di un solo featuring è probabilmente riconducibile al fatto che soltanto Nayt, agevolato da 3D, poteva mettere nero su bianco i suoi pensieri. Questo è un progetto prettamente suo.
Musicalmente troviamo una discreta varietà, con tracce maggiormente aggressive ed improntate sulla tecnica di alto livello, dote con cui il rapper romano ci aveva già deliziato in passato, alternandole a canzoni più cantate ed introspettive, con atmosfere abbastanza malinconiche. Grande merito va dato anche a 3D, che si riconferma essere un egregio produttore e una colonna portante del rap targato “Roma”, capace ancora una volta di costruire basi molto affini alle caratteristiche canore di Nayt.
La copertina rispecchia particolarmente bene quello che il disco è stato in grado di trasmettermi: le varie sfumature di Nayt che, percepibili nei mood che assume nelle varie sezioni del disco, nei contenuti, consegnandoci una grafica che, a posteriori, ci dà subito un anticipo di quello che sarà l’ascolto.
Nel disco campeggia l’introspezione come avevamo già detto,
ma il tipo di sfogo viene incanalato ed espulso in diversi modi: alcune tracce
sono dai toni confidenziali (“Per essere vivi”, “A Silvia”, “Ti am*”), altre
tracce invece scaraventano la rabbia più totale fuori dall’artista come se il
mondo esterno fosse un sacco da boxe da riempire di mazzate (“La mia voce”,“Brutti
Sogni”,“Animal”, “Gli occhi della tigre”).
Personalmente il basso numero di canzoni, la mancanza di ospiti e l’alto rapporto tra singoli usciti in precedenza e canzoni inedite mi hanno fatto abbassare abbastanza l’attesa per il progetto,forse probabilmente per questo l’album mi ha stupito in positivo. Avessi avuto maggiormente hype ci sarebbe stata la possibilità di rimanere delusi, vista la breve durata e alcune canzoni non riuscite così bene (anche se questo, naturalmente, è assolutamente soggettivo), ma fortunatamente non è andata così. Raptus 3 di Nayt, con tutta probabilità, non verrà ricordato per lungo tempo, anche se forse non era nemmeno l’intento originale con cui è stato concepito il lavoro. È un disco fatto per il momento, per l’esigenza di manifestarsi nuovamente al pubblico come rapper da competizione; il rap serve anche a questo, non tutti i dischi possono essere pietre miliari o progetti da record.
La tanta tecnica e il buon equilibrio musicale, che aiutano a far capire tutte le mezze tinte del cantante, lasciano aperte una moltitudine di porte: una di queste porterà ad un’ipotetica evoluzione definitiva di Nayt. Rimane però un grande dubbio: quale via sceglierà il rapper classe ’94? Continuerà a rimare in maniera tecnica dando lustro alle sue punchlines? Ritornerà sui vecchi solchi dello pseudo cantautorato che aveva già imboccato con il progetto “Un bacio”? Proverà a mettere insieme tutte queste caratteristiche? Ai posteri l’ardua sentenza, nel frattempo è giusto fare i complimenti a Nayt che è riuscito nel suo intento, proponendo un disco nel complesso piacevole e che si lascia ascoltare, senza picchi particolarmente alti. Seppur risulti un lavoro impegnato ma con l’intento di arrivare a più ascoltatori possibili, è doveroso segnalare che ci sono pezzi leggermente sottotono o eccessivamente sperimentali.
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