In un certo senso, “Outsider”, il quinto album ufficiale di Nitro, uscito il 7 aprile 2023, è una sorta di nuovo primo album del rapper veneto. Quasi come una rinascita artistica. Questo per differenti ragioni: la prima, su tutte, è legata al contesto storico e sociale in cui il disco si colloca, a cui bisogna aggiungere anche un cambiamento endemico nella scena rap italiana, un po’ meno patinata e tornata nuovamente a “sporcarsi” grazie alla nuova ondata drill e ai suoi esponenti.
Nicola, ancora prima di essere Nitro, è un cultore musicale, sebbene questo però non emerga così spesso dagli articoli che gli vengono dedicati. Perciò è corretto sottolineare che la scelta intrapresa nel 2020, ossia tenere in considerazione le necessità (sue e dei fan) in termini di musica in luogo del mero guadagno, non è da tutti. E, infatti, a fare così non è stato praticamente nessun altro. Pubblicare un progetto nel quale sono state investite risorse economiche, fisiche ed emotive, bruciando la possibilità di presentare il disco con un tour dedicato e non sapendo quale destino avrebbe atteso le nostre vite è una premessa doverosa prima di parlare di “Outsider”.
Perché il nuovo progetto non potrebbe avere altro passato che questo. Il fratello maggiore, “GarbAge” (a cui abbiamo dedicato un articolo), parlava della cosiddetta “età del pattume”, non solo in senso materiale ma anche metaforico, facendo esplicito riferimento alla quantità che ne abbiamo accumulato pure noi e non solo il pianeta per via della nostra noncuranza e della ricerca spasmodica di autodistruzione che probabilmente raggiungeremo molto presto.
“Outsider”: la realtà 4.0
Il filo conduttore che lega “GarbAge” a “Outsider” è la consapevolezza nel detestarsi così come si è senza timore di spiattellarlo in faccia a chi ascolta, cercando appositamente un disgusto da tramutarsi in riflessione. Se in “GarbAge” esisteva ancora, seppur in maniera remota, il conflitto tra Kosmos e Chaos, così come la possibilità di un futuro idilliaco; in “Outsider” il secondo ha avuto la meglio, sovvertendo l’armonia dell’universo e consegnandoci uno scenario quasi post apocalittico nel quale riprogrammare le nostre coscienze e i rapporti interpersonali.
La plastica che faceva da collante nel progetto precedente è stata resa in ogni sua forma parte integrante della dieta degli esseri umani, come in “Crimes of the future” (2022), film diretto da David Cronenberg, come unico modo per smaltire la sovrapproduzione industriale e ricordare a noi stessi che siamo solamente degli ospiti e non i padroni che pensiamo di essere. La dimensione onirica, pertanto, è uno degli elementi principali dell’immaginario dell’artista vicentino e forse mai come in “Outsider” la si può considerare tangibile anche solo leggendo il diario di bordo di chi ha visto entrambe le estremità del ponte di Einstein-Rosen.
Come in tutta la discografia di Nitro, infatti, sono numerosissimi i riferimenti al mondo del cinema, grande fonte di ispirazione di diversi brani. Per entrare in sintonia con la musica del classe 1993 non basta, dunque, conoscere a fondo la cultura hip hop ma occorre approfondire anche i film body horror del sopracitato Cronenberg e la filmografia di David Lynch, uno dei maestri dell’esplorazione dei meandri della mente. In ogni suo disco si avverte quasi il bisogno materiale di sacrificare un po’ della sua vita per “cancellare” parte dei pensieri negativi, come Jack Nance che, esasperato, lascia morire lentamente suo figlio moribondo e crolla inesorabilmente in una spirale di allucinazioni e incubi.
Questo Nicola lo ha capito ed è proprio ciò che cerca di comunicare come fece Platone con l’allegoria del mito della caverna. Il risveglio da questo incubo a occhi aperti può essere brusco ma è ciò da cui bisogna ricominciare: capire cosa è la realtà 4.0 e “restare umani”, citando Vittorio Arrigoni, in un mondo che ci deumanizza ogni giorno di più. La realtà 4.0 non è altro che quella che viviamo tuttora, regolata dal denaro, come in passato lo siamo stati da materiali come il bronzo e il ferro. Il nostro mondo però è molto più vicino a quello distopico raccontato da Aldous Huxley che a quello che abbiamo sempre sognato.
Il progresso, secondo il racconto presente nel disco, richiede un ritorno alle origini, una sorta di ciclo ormai al termine, come sovente accade anche nella musica e nei movimenti artistici: dopo le avanguardie, il cerchio si chiude e si ritorna ai classici. Da “Outsider” emerge una richiesta di basare il nostro futuro sulle risorse invece che nella rincorsa sfrenata al prodotto e alla consumazione bulimica dello stesso.
Al contrario, chiaramente di ciò che imperversa oggi, dove tutto è regolato da bisogni imposti dall’esterno grazie all’accesso fin troppo semplice dei dati personali che accettiamo di cedere in cambio di dopamina, altro tema ricorrente nella poetica dell’album, in bilico tra una realtà à la “Videdrome” ed “eXistenZ”, dove il limite tra realtà e illusione è sempre è più labile e spesso nemmeno esiste più e che ci ha portato al punto di non ritorno.
Il disco
La realtà 4.0 è ciò che assembla tutto il disco ma sono diversi anche gli stati d’animo che il rapper presenta nel corso dei 37 minuti e 57 secondi del suo ultimo progetto. Tra questi si evince anche la preoccupazione nei confronti di un mondo che forse in maniera cosciente si appropinqua a uno scontro, ideologico e non, in un mare di accesso a fonti di informazione tali che essere disinformati dovrebbe essere quasi fuorilegge.
Eppure, non solo nel nostro Paese ma in tutto l’Occidente culturalmente detto, l’uso anomalo dei megadati da parte di grandi corporazioni (si pensi al caso di Cambridge Analytica e alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti del 2016) non fa altro che distorcere i fatti, generando solamente ansia e panico, passando per le teorie del complotto di QAnon.
Come in tutti gli album di Nitro, viene riservata grande importanza alla struttura degli stessi. Ognuno di essi si apre con un incipit che fa un sunto dei principali argomenti trattati e generalmente l’ultima traccia è dedicata all’introspezione, quasi a raccontare che, dopo tutta la musica offerta, ciò che conta più di ogni altra cosa è il sapersi conoscere internamente anche se ciò comporta sofferenza. Lo stesso Albera in “Horror Vacui”, contenuta in “No Comment” (2018), che l’essere umano sembra essere programmato per deludere ed essere trascinato in un oblio di domande senza risposte o al massimo da risposte con contorni vaghi di supposizioni estemporanee attorno ai concetti di vita e di morte, altro argomento cardine della sua discografia.
“Outsider” si apre, infatti, con “Control”, scelta non casuale anche a livello di singolo, pubblicato il 3 marzo 2023 su tutte le piattaforme digitali, compresa YouTube in cui è presente il video ufficiale. Il nuovo viaggio inizia qui, con un Nitro che ci mette davanti le due anime principali a livello musicale, fondendosi in un crossover che in Italia non è mai esistito, perlomeno non con questa esposizione, mentre all’estero ha ispirato tante generazioni tramite i Korn, gli Hed P.E. e i Limp Bizkit.
Il video, così come il brano, pongono l’accento sul concetto di rabbia e la polarizzazione delle opinioni, che trova terreno fertile su Internet dove il senso di appartenenza e di squadrismo sovrasta ogni tipo di discussione costruttiva. Si gioca sul paragone degli opposti e sull’altra faccia della medaglia “che poi è uguale a quella opposta” (“Stronzo”, 2015) e in cui essere alternativi vuol dire uniformarsi a un’altra schiera di persone.
Qui Nitro sceglie di stare unicamente con sé, con le sue opinioni e di sposare battaglie eticamente valide, lontano da questioni come una neolingua che non denota altro oltre a lacune di glottologia o la stessa religione che con le sue “manette invisibili” imprigiona ancora oggi milioni di persone. L’invito del brano è quello di considerare le persone in quanto tali, in primis gli artisti, mettendo sulla bilancia i loro pregi e i loro difetti, permettendogli anche di sbagliare senza che vengano messi per forza sulla graticola. Da un altro punto di vista, è proprio la stessa pressione di cui parlava anche Kendrick Lamar in “The Art of Peer Pressure”.
Il video si conclude con un’anticipazione di “Outsider”, diventato poi il secondo estratto. Il pezzo richiama tanti concetti ed è dedicato a chi è fuori dagli schemi, anche orgogliosamente, un po’ come tutti i fan del rap che fino a pochi anni fa venivano emarginati o bullizzati perché visti come dei fenomeni da baraccone che “scimmiottavano gli americani”. Non conformarsi ai modelli propinati, per Nitro è vitale e motivo d’orgoglio, asserendo che il denaro non comprerà mai il suo spirito, ma anzi! Il denaro in questo disco è etichettato come uno dei mali assoluti, dove chi ne possiede di più può controllare tutto a suo piacimento. Addirittura, pur di ottenerlo non è raro che si faccia a gara a essere dei leccapiedi di chi non avrebbe pietà a spazzarci fuori.
Anche in questo caso non c’è nulla di casuale: dal video con gli amici di una vita a un’anticipazione del video di “Snakes”, a costruire un vaso comunicante di singoli, senza che uno possa esistere senza quello successivo.
A livello di produzioni, “Outsider” è probabilmente il miglior disco di Nitro: chiaro, coeso e con influenze ben precise. Oltre a quelle crossover, troviamo anche del grunge, il sempreverde rap stile Wu-Tang Clan, Mobb Deep e Busta Rhymes ma anche con sonorità elettroniche più tipiche della elettronica industrial, spesso in linea coi club di Berlino o in stile “Yeezus” di Kanye West, così come Jpegmafia, Aesop Rock, Danny Brown e Run The Jewels. I cambi stilistici sono molteplici, come testimoniato anche dal progressivo cambio delle strumentali in “Paranoia” con Sally Cruz e “Fiori”, partendo da un intro quasi grunge e finendo per avere uno stile molto simile al rap della scena di Toronto.
Una menzione d’onore va fatta al campione di “In Heaven” con Ernia, presente in Eraserhead (1970), di David Lynch. Questo pezzo in particolare sembra quasi voler concettualmente chiudere una “trilogia dell’artista”, iniziata con “Storia di un presunto artista” (2013), confluita poi nella sua metaforica morte raccontata in “Storia di un defunto artista” (2015), di cui peraltro viene ripreso il flow, arrivando poi alla situazione post mortem dove il concetto di paradiso viene esposto da chi si trova in un posto molto più simile all’inferno.Non mancano nemmeno in questo album i momenti tipicamente introspettivi, in cui Nicola scava dentro di sé per conoscersi e raccontare i suoi drammi, rivelandosi sempre sincero per quanto realista e in fuga dalla sua coscienza.
Pezzi come “Ti Direi”, “Fiori” e “Abissi” sono struggenti ma sottolineano quanto le emozioni siano la cosa più umana che abbiamo: dal legame profondo, molto maturo, raccontato in “Ti Direi” che diversamente da “Pleasantville” (2015) non racconta l’inizio di una relazione, bensì il suo consolidamento e la gratitudine dell’artista nei confronti della compagna; dall’altra parte, sia “Fiori” che “Abissi” ci dicono tanto della personalità della persona prima che dell’artista, in bilico tra l’accettare che crescendo si fanno inevitabilmente dei compromessi, che non per forza sono negativi, e il rifiuto dei cliché che in qualche modo vengono rappresentanti dai fiori.
Non a caso, dice, si danno ai morti perché la morte riesce a rendere martiri pure persone atroci; dunque, meglio essere sé stessi e al massimo correggere i propri errori. Nell’album c’è spazio che per Phil De Payne, alter ego presente come collaborazione nella bonus track “Death Note” ma che come Devil Jin per Jin Kazama di tanto in tanto si innesta anche in altri brani per sfogare la parte più cattiva del disco.
Le collaborazioni e la mostra d’arte.
Tra i featuring, oltre all’appena citato Phil De Payne, troviamo soprattutto volti molto giovani. Di solito, negli anni, è sempre stato Nitro “quello piccolo” ma stavolta ha deciso di passare il testimone ad artisti più giovani come FreshMula, Il Ghost, Kid Yugi e Sally Cruz, a rimarcare il concetto di “outsider” in tutto e per tutto, dando ancora una volta spazio alle nuove leve. L’altro featuring presente è quello di Ernia, coetaneo di Nitro anagraficamente, la cui strofa killer è una entrata che ha la stessa leggiadria di un elefante in una cristalleria.
E poi gli scratch, elemento sempre più trascurato nei dischi rap, sebbene sembri paradossale a livello culturale, ma sentirli anche in questo progetto denota attaccamento alla cultura hip hop e un rifiuto totale delle regole di mercato. Nessun compromesso, se non quello del gusto, che spesso viene riproposto pure con omaggi come, tra gli altri, anche allo stesso Salmo negli scratch in “Fangoria”. Assieme al tour che porterà Nitro in giro per l’Italia, il disco è stato affiancato anche dalla mostra “OUTSIDER VISUAL GALLERY” ispirata a tutti e 14 i brani, con opere realizzate da altrettanti crypto-artist italiani. La mostra, esposta il 7 e l’8 aprile a Milano, ruota attorno al concetto del disco, quello di vivere controcorrente, ed è curata da Mendacia e Holy Club Digital art gallery.
Conclusioni
Ci chiediamo quale sarà il futuro di Nitro, dato che “Outsider” ha la stessa carica di una bomba nucleare. Sarà curioso osservare la sua evoluzione artistica e sapere se toccherà anche ulteriori temi o se, pure lui, come Samsa compirà una trasformazione, magari diventando come la libellula citata nell’outro del disco precedente e verrà risucchiato nel vortice dell’alienazione o magari in un buco nero da cui trovare sarà difficile trovare un’uscita, anche a costo di deludere i suoi ascoltatori. Ma a lui, giustamente, non importa e importano ancora meno i paletti che i manager e chi tesse le fila dell’industria musicale cerca di imporre, approfittandosi nel vero senso della parola della sensibilità degli artisti, trattati come prodotti con data di scadenza.
“Outsider” è questo: un disco senza compromessi e per fare un disco così nel 2023 bisogna essere davvero fuori dagli schemi ma è proprio in questi casi che vince l’originalità ed è come riuscire finalmente a battere la morte in una partita a scacchi.
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