È da poco scattata la mezzanotte del 9 giugno 2023, e finalmente, dopo più di 2 anni da Coraggio, è uscito Migrazione, il terzo album del cantautore e produttore discografico Carl Brave.
Anticipato dai singoli Remember e Lieto Fine, il nuovo corposissimo progetto si compone di 19 pezzi, di cui 10 featuring con artisti legati sia personalmente che artisticamente al rapper romano. Fra questi, infatti, troviamo alcuni compagni fedeli, come Noemi, Sean Micheal, Rose Villain, Dylan e Mara Sattei, ma anche collaborazioni inedite quali Nayt, Bresh, Dargen D’Amico, Clementino e Jake La Furia.
La Migrazione di Carl Brave, tra Roma, amore e gioco di squadra
Migrazione nasce dopo un paio di anni in giro per il mondo a caccia di nuovi stimoli, culture, sound e strumenti. Carlo Luigi Coraggio (all’anagrafe) ha raccolto pezzi di Giappone, Spagna e Marocco ed ha riempito un ricco bagaglio con il quale decorare casa. Ci ha messo qua e là un piano a coda, un taiko, uno shamisen, delle percussioni marocchine, giocando con colori che nei due album precedenti non aveva usato, ma che si son rivelati in perfetta armocromia con il concept dell’artista: quello di acchiappare, con delle istantanee fatte di parole, la verità nuda e cruda della capitale, e non solo di quella.
Ascoltare Migrazione è come sfogliare il suo diario di viaggio, all’interno del quale ha annotato coordinate, abbozzato disegni, tracciato percorsi e memorie lontane, che una volta tornato si sono letteralmente stratificati negli occhi, e gli hanno permesso di percepire le vie del proprio quartiere sotto una luce diversa, rinnovata.
Gli artisti, i pittori soprattutto, lo sanno: per studiare meglio il soggetto che devono rappresentare nelle loro tavole è tanto importante viverlo di persona, toccarlo, scrutare da vicino ogni suo dettaglio, quanto allontanarsene, cambiare punto di vista, lasciarsi influenzare da tutto quello che con ciò viene a contatto, anche in modo indiretto.
È proprio questo il modus operandi con cui Carl Brave ha deciso di raccontare la sua Roma, e attraverso essa, di rivelare sé stesso. Alla pura descrizione di ciò che è quotidianità, il Gianicolo, Trastevere, le birrette, lo stadio, limpide pennellate stese con l’iconica inflessione strascicata ormai diventata inconfondibile firma d’autore, in questo nuovo progetto si aggiunge qualcosa. È vero, la capitale rimane la musa ispiratrice, ma la produzione, totalmente curata dall’artista tiberino stesso, acquisisce nuove sfumature, in quanto realizzata in varie città, come Malaga, Lisbona, Tokyo, Marrakech, addirittura con la partecipazione di musicisti locali.
Le 19 tracce vanno ascoltate tutte d’un fiato, come fossero fermate di un tram che corre sui sampietrini, ad ognuna delle quali salgono e scendono i vari compagni. Carlo fa da conducente, ma il suo è da sempre, in quanto buon cestista ex-professionista, un gioco di squadra. Assieme a lui, in studio come sui palchi, ben 11 giocatori titolari: Mattia Castagna al basso, Lorenzo Amoruso e Massimiliano Turi alle chitarre, Simone Ciarocchi alla batteria, Lucio Castagna alle percussioni, Edoardo Impedovo e Gabriele Tamiri alle trombe, Marco Bonelli al sax, Matteo Rossi alle tastiere e Marta Gerbi e Francesco Sacchini ai cori. Li troveremo tutti, riuniti per un grosso tour estivo a partire dal 23 giugno con la data di apertura al Sequoie Music Park di Bologna.
Migrazione non è solo un percorso segnato su Tuttocittà, è un viaggio emotivo che tocca vari argomenti, spesso tutt’altro che leggeri. Si parla di amore, di Rimpianti, c’è ampio spazio anche per la morte e per la nostalgia; perché “Quando va tutto bene non riesco a buttare niente su carta, sono fermo, quindi sì, ho bisogno di turbolenze e spesso me le vado anche a cercare” – dichiara Carlo citando il titolo del feat con Dargen D’Amico.
Carl Brave in questo è un vero maestro: un attimo prima ti fa saltellare tutto fresco fra le note di Lisbona, l’attimo dopo ti lascia sotto un treno, colpito dalle coltellate di Un’altra vita. Eppure questo ossimoro descrive perfettamente non solo la condizione umana, ma Roma stessa, in tutto il suo essere al contempo immensa e splendente, e invasa da ratti e gabbiani, che sono anche i protagonisti della copertina dell’album. Realizzato da un Carlo 4enne, il disegno riassume con una metafora visiva il succo del progetto, quella migrazione che, partendo da un pezzo come Biscotti, ramificazione diretta dei progetti precedenti, arriva a toccare corde inesplorate, angoli inediti in cui noi non vediamo l’ora di andare a rifugiarci.
Che dire, dunque, questo album non può che chiudersi con degli Applausi. Ma non come uno scroscio liberatorio e incontrollato, quanto più una reazione malinconica, che volontariamente vira verso l’introspezione, piuttosto che cavalcare la spensieratezza dell’estate alle porte.
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