Il 10 novembre è uscito “Radio Modem: Un Mixtape di Blue Virus”, l’ultimo progetto dell’artista torinese. Reduce da un album ufficiale, Blue Virus sceglie di tornare con un progetto corposo e con diversi ospiti al suo interno. In occasione dell’uscita abbiamo avuto il piacere di fare un’intervista durante la quale ci ha raccontato il mixtape, rispolverato qualche aneddoto e anche spoilerato qualche chicca.
Buona lettura!
Intervista a Blue Virus
Ciao Blue. Innanzitutto come stai e come stai vivendo l’attesa dell’uscita di Radio Modem? Hai qualche aspettativa più particolare rispetto ai lavori precedenti?
Ciao. Allora aspettative particolari in realtà no, ogni volta è una sensazione nuova ma sempre con qualche sfumatura diversa, dipende anche molto dal periodo in cui viene pubblicato un progetto e questo 2020 è particolare sotto molti aspetti. In qualche modo la vivo con una certa distanza per ovvi motivi, però è comunque una distanza positiva, sono comunque sempre lì a controllare i social e c’è sempre qualcuno in trepida attesa per l’uscita, diciamo che nonostante la distanza son preso bene.
Si certo, il periodo è particolare per tutti e quindi anche per l’intera industria musicale. Quello che volevo chiederti a riguardo è in che modo questa situazione che stiamo vivendo ha influito sulla realizzazione del progetto? Sia a livello di stesura che a livello di tempistiche.
Ci sono stati aspetti positivi e negativi sulla realizzazione del progetto per via della situazione. Ho iniziato a scrivere i pezzi prima del lockdown e avevo già iniziato ad impostare il progetto, ma con tutte le restrizioni ho avuto un sacco di tempo per scrivere una cifra di roba, probabilmente molta di più di quanto avrei fatto se fossimo stati liberi in quel periodo. Anche sotto il punto di vista dei featuring la cosa ha girato a mio favore perché essendo tutti a casa le strofe degli altri le ho ricevute subito, son stati super professionali e ho mega apprezzato.
A proposito dei featuring: sono stato piacevolmente colpito dagli ospiti presenti, troviamo nomi con cui collabori frequentemente come Mostro o Nick Sick, ritorni inattesi come Eddy Veerus e Solo Ap e diverse collaborazioni inedite. C’è stata una strategia fin dall’inizio su chi chiamare o è nato tutto in corso d’opera in maniera molto naturale?
È stato dettato molto dall’istinto, avendo la consapevolezza di voler fare un mixtape già sapevo che avrei chiamato molta gente. Ricordo ero sul tram prima del lockdown e mentre pensavo ho aperto le note sull’iphone dove mi sono appuntato i nomi che avrei voluto inserire. Quindi alcune cose sono nate addirittura prima di avere brani da proporre, altre sono nate in corso d’opera lasciando le canzoni a metà proprio per poter inserire l’ospite. Non c’è stata chissà quale strategia, ho chiamato come hai detto tu amici miei, magari qualcuno che non sono mai riuscito a coinvolgere, poi altri hanno detto di no per motivi personali ma sono comunque riuscito a portare a termine il risultato come volevo io, sono contento.
Hai deciso di impostare il concept del mixtape come se l’ascoltatore si trovasse sulla tua stazione FM personale. Effettivamente è un’immagine molto consona se poi si ascolta il disco, dato che ogni traccia suona diversa dall’altra, in particolare però ho notato una grande quantità di rap. Quanto ti sei divertito a tornare a realizzare un progetto con questo approccio e con questa attitudine? Non che tu avessi smesso, però le tue ultime scelte artistiche potevano lasciar presagire ad un tuo allontanamento dal genere.
Questa è una domanda molto interessante. Ho capito esattamente cosa con intendi con “allontanamento” e ci sta come discorso. Effettivamente dipende molto dal mood, quando faccio un disco ufficiale sono più proiettato verso un immaginario più vasto che vada oltre i 4/4, oltre la punchline o lo slego metrico, influenzato anche dagli ascolti di quel momento che mi aiutano a realizzare un progetto, magari ascolto meno rap ma ascolto un po’ più di indie o di pop. Invece in questo mixtape non ho abbandonato né il rap né altri ascolti che mi hanno influenzato, è un po la natura dei miei mixtape quella di essere una raccolta dei miei background, c’è sempre un po’ di tutto. E’ stato super divertente in generale poi nella fattispecie è stato divertente rappare, infatti non a caso ho scelto come primo singolo “Scemo” dove ti faccio capire che mi diverte ancora fare questa roba, quindi si “divertente” è la parola chiave per quanto riguarda il mixtape.
Si sente molto questa tua voglia di seguire il flusso di ciò che ascolti nel tempo, infatti Il progetto è musicalmente variegato, ce n’è veramente per tutti, però sullo sfondo spiccano sempre i due lati di te che dividono i gusti dei tuoi fan da sempre: Il Blue Virus più malinconico e il Blue Virus più esplicito. Secondo te questa caratteristica è un tuo punto di forza, che ha contribuito a fidelizzare i fan nel tempo, o più un tuo limite dal punto di vista della carriera?
Mi viene da dirti che sia un punto di forza, perché comunque sia ho costruito uno zoccolo duro e una credibilità tale negli anni per cui qualunque cosa io faccia non risulti ridicolo. Nel senso, magari chi ama di più il lato intimo e concettuale si ascolta quella cosa lì però poi non mi va a deridere quando mi metto a fare rap e basta, e così anche dall’altra parte. Sentono che sono un cazzone e che dico le cose divertenti in modo spensierato ma sanno che di fondo c’è un contenuto e una professionalità e che quando mi pare girarmi ed essere intimo, quindi questa cosa sicuramente va a mio favore. Mi spiace quando magari ci sono degli artisti che sono etichettati per una cosa e appena mettono il naso fuori dal recinto vengono subito bersagliati dal pubblico, per me è una cosa sbagliata perché gli artisti devono sentirsi liberi di fare quello che vogliono, quello che gli detta il cuore e la testa, quindi se io mi sveglio e ho voglia di rappare lo faccio, poi la sera mi metto a scrivere una roba cantata e super presa male. Sono le due facce della medaglia, come hai detto tu c’è Blue Virus e c’è “Sandro Terapia” ed è una cosa su cui mi diverto tanto a scherzare e a scrivere le mie storie, perché poi di questo si tratta.
Si sono d’accordo. Ti ho fatto la domanda sul punto debole perché sai agli ascoltatori piace etichettare e quindi è più facile per loro l’ascolto di qualcuno di cui sai che fa quella roba lì. Tu come dici anche nel mixtape Blue Virus non è etichettabile in un solo genere, quindi concordo che possa essere un punto di forza, soprattutto a livello artistico.
Si giusto sono d’accordo.
Il mixtape si apre con CLD, una sorta di rivisitazione di “Come Loro” presente in “Hiatus”, probabilmente per distacco il brano più triste e al contempo quello che ho preferito. Cosa ti ha portato a riproporlo in questa nuova versione e come mai hai scelto di posizionarlo in cima alla tracklist?
Diciamo che la risposta sta nella domanda, volevo spiazzare, non volevo cominciare il mixtape con il solito pezzo da mixtape, capito? Volevo che tu premessi play sul primo pezzo e ci rimanessi, per poi andare a sfumare e finire sulle sonorità mie solite di quando faccio i mixtape. Il pezzo è stato ripreso perché appunto in hiatus non gli è stata data la giusta importanza, un po’ perché inserito in mezzo alla tracklist un po’ perché dura poco, poi come ho detto in qualche intervista è il mio pezzo preferito e ho deciso di rendergli giustizia e dargli la giusta importanza mettendolo in cima e allungandolo, facendolo diventare una vera e propria canzone. Posso dire che la seconda parte abbia preso il posto della prima, nel senso che adesso CLD è la mia canzone mia preferita. Sono curioso di sapere come verrà recepita.
Spero che venga recepita bene, personalmente ho avuto la stessa reazione che hai descritto, sono rimasto abbastanza spiazzato.
Poi dipende alcuni mi hanno chiesto cosa volesse dire CLD, ovviamente devi un minimo conoscere quello che c’è stato prima, il titolo è volutamente criptato con le iniziali che ti fa capire e non capire, come a dire vediamo quanto hai seguito il percorso fin ora, poi se non capisci bella, è un pezzo che si chiama CLD e basta, diciamo che mi interessano fino a un certo punto i titoli.
Allora lasciamo il fascino dell’interpretazione a questo brano che mi hai detto essere il tuo preferito. Al contrario ti chiedo, a posteriori, c’è un pezzo che avresti rimosso o che avresti realizzato in maniera diversa?
Bella domanda. Allora pezzi che rimuoverei non ce ne sono, ho avuto sufficiente tempo per togliere e mettere tutte le robe che volevo, il mixtape esce adesso ma è pronto da 2-3 mesi, per dirti. i pezzi che ho inserito sono lì perché li volevo fare, chiaramente c’è gente che per questione di tempo o sbattimenti personali non sono riuscito ad inserire, con più tempo magari in un altro periodo storico sarei riuscito a realizzare qualcosa, quello un po’ mi spiace però non è stata neanche colpa mia. I brani di per sé sono venuti come volevo, è roba che ho ripreso in mano 500 volte, anzi ho scritto molte più cose di quante sono poi finite in scaletta ma poi sarebbe uscito un mixtape di 40 tracce, ho scelto i 20 che preferivo e son contento così. Diciamo che è un progetto che secondo me si regge bene in piedi, lo ascolto senza disdegnarlo, io che sono molto autocritico.
So che sei molto autocritico, infatti te l’ho chiesto anche perché leggendo tue vecchie interviste su tuoi progetti del passato spesso hai avuto da ridire su alcuni pezzi che hai rilasciato, anche se è vero che ci vuole del tempo per assimilare.
Esattamente, ma diciamo che sfido chiunque a dire che il disco che ha fatto 7 anni fa è perfetto e che tutt’ora gli piaccia, nessuno te lo dirà. Si cresce, si matura, si scoprono cose nuove ed è ovvio che potendo mettere mano ad una roba pubblicata anni fa cambieresti un sacco di cose, le aggiorneresti, non perché facessero schifo ma perché magari ai tempi erano più acerbe e adesso le puoi potenziare, è questo il discorso.
E tu quanto ti senti cambiato negli anni? Prendiamo per esempio, come inizio di un tuo percorso, “I migliori anni del nostro Mitra” (2014). Se tu guardi il Blue Virus di 6 anni fa che persona vedi?
Vedo una persona che si sta approcciando in maniera concreta con dei produttori. Ho realizzato quel disco per la prima volta con delle persone in studio, perché ai tempi facevo molti viaggi tra Roma e Milano, mi scambiavo la roba via mail per le produzioni e per i featuring. “I migliori anni del nostro Mitra” è il mio primo disco ufficiale ed è la prima opera per cui io andavo in studio con della gente in carne ed ossa vicina a me e da quel momento è cambiato tutto. C’è stata comunque un’evoluzione, anche personale, son stati cambiamenti naturali dovuti dal corso del tempo senza stravolgimenti assurdi. Non mi sento di dirti che sono arrivato nel 2020 in una maniera particolare e diversa da come sarebbe dovuta andare, è stato un cambiamento naturale, son cresciuto di 6 anni, son cambiati i gusti e come ti dicevo prima un disco del genere per tanti è culto, per tanti è la mia roba migliore, per me che l’ho fatto ovviamente no, perché se tornassi indietro cambierei almeno la metà delle cose, mi sembra più che normale.
Ho messo quel disco come inizio perché appunto da lì le cose sono iniziate ad essere più serie e hai iniziato lavorare in maniera fissa con dei produttori. In quel disco con i Drops to Zero, successivamente in “Fosse per lei” con Jack Sapienza e con Jo Diana in “Hiatus”. Invece per questo disco come hai scelto le strumentali e come ti ci sei approcciato?
I produttori hanno svolto un grandissimo lavoro. Io di base mi ero prefissato di beccare una cifra di produttori per lavorare insieme fisicamente, ma purtroppo non ci sono riuscito. Sono riuscito a fare qualcosa con Pole, lui produce 5-6 pezzi nel disco, ma 2 di questi li abbiamo fatti insieme quando lui è sceso da Milano e mi ricordo che è riuscito a ritornare su appena in tempo prima dell’inizio del lockdown. Poi quando si è sbloccata un po’ la situazione ci siamo beccati io e Jo Diana per fare CLD e altri brani, poi con Safe anche ci siamo incontrati in studio per fare “Scemo” e altre robe, purtroppo poi tutto il resto è avvenuto online. L’approccio è stato super figo e super naturale, chiaramente come ti ho detto prima ho fatto più di quello che ho inserito in tracklist quindi c’è del materiale con del potenziale che è rimasto fuori. Oltre a quelli che ho citato ho coinvolto Nick Sick che ha prodotto due brani, c’è Kava che è il produttore di Willie Peyote, Rayden dei One mic, Fractae che ha fatto sia ritornello che beat, insomma c’è tanta gente. Io poi sono molto timido, ho sempre paura a chiedere strofe o beat, anche soltanto fare i complimenti a un altro artista mi mette in soggezione ma poi alla fine è tutto nella mia testa, il problema poteva essere giusto questo ma come ti ho detto all’inizio è stato tutto naturale, senza strategia, e son contento così.
E’ anche stimolante lavorare con più persone per un progetto simile in cui sei libero di sperimentare e fare quello che vuoi, mentre magari per un concept album è meglio avere un produttore fisso con cui seguire una linea precisa.
Assolutamente. Poi i concept album veramente ti succhiano l’anima, ti prendono un anno e io ovviamente mi devo complicare la vita costruendo delle storie con tutte le tracce collegate, un inferno. Invece nei mixtape li faccio in cameretta senza dover rendere conto a nessuno, chiamo chi mi pare e va benissimo. Chiaramente un minimo di linea guida e di omogeneità deve esserci, però nei limiti. Diciamo che questo mixtape ha il filone logico del discorso radio, con le tracce collegate come se stessi ascoltando una stazione FM perché volevo dare un topic interessante al fatto che io faccia le robe tristi e quelle spensierate come dicevo prima. Quindi non volevo ficcare questa roba dentro un calderone a caso ma volevo dargli un’identità, non a caso mi sono conciato da speaker nella copertina, volevo che tutto fosse al suo posto.
Tu hai parlato di Storie, e qui vorrei soffermarmi. Ti seguo da tempo e mi piace pensarti come un cantastorie, un artista capace di raccontare situazioni frutto dell’immaginazione, spesso senza lieto fine, in cui ogni tanto inserisci tuoi aneddoti personali. Sentiremo mai la vera storia di Blue Virus raccontata senza filtri? Oppure già ce l’hai fatta ascoltare ma non ce ne siamo accorti perché l’hai nascosta in mezzo a quei concept e quelle storie che ti piace creare?
Dipende sempre un po’ dal contesto, delle volte parto con un’idea di fondo di una cosa che mi è successa realmente che poi viene ingigantita. A volte è tutto inventato, in altre ci sono piccoli riferimenti, è molto dettato dall’ispirazione di quel momento. Io poi sono una spugna, assorbo veramente di tutto, magari un amico mi racconta una cosa e io ci scrivo un brano. Tutta la capacità sta nell’essere credibile e nel riuscire a raccontare una cosa che sembra successa realmente, come se io fossi una sorta di sceneggiatore che ti crea delle immagini e tu sei uno spettatore che guarda e ascolta quello che gli viene proposto. E’ ovvio che si punta sempre a guardare un buon film quindi cerco sempre di fare una cosa più professionale e credibile possibile. La mia vera storia al 100% non è neanche così interessante per essere raccontata quindi dubito che uscirà mai una mia biografia sotto forma di brano, però ho tanti elementi sparsi negli anni, tanti ne arriveranno in futuro. C’è sempre un po’ di me in quello che faccio, su questo non ci piove.
Ovviamente aiuta essere una spugna nel processo creativo e in merito volevo chiederti, nel concreto, nomi di artisti e/o brani che ti hanno influenzato nella realizzazione del progetto.
Questa è una bella domanda ma non è difficile rispondere dato che ascolto veramente una cifra di roba. Ma nonostante ciò sono uno che sei poi si fissa su un disco si concentra solo su quello e non ascolta altro per un mese, dando poco spazio ad altro. Durante la realizzazione del mixtape sicuramente ho ascoltato molto ‘Music to be murdered by’ di Eminem, praticamente mio padre, che è uscito a gennaio e avevo già iniziato a scrivere Radio Modem. Poi nonostante sia uscito nel 2019 mi sono portato dietro IGOR di Tyler, The Creator. Sai cosa, spesso gli artisti realizzano i brani tramite reference, nel senso che io magari ascolto un brano che mi piace, vado dal produttore e gli chiedo di farmi una base simile a quella roba lì, poi da lì si parte per creare qualcosa di nuovo ed originale. In questo mixtape, esclusi pochi casi, tutte le strumentali che mi sono arrivate sono state tutte concepite dalla mente del produttore per cucirmele addosso, quindi non è che ci sia stato uno scouting nel sentire le robe per poi ricrearle da zero. Qualcosa di Eminem c’è sicuramente ma poi poco altro, in generale mi ascolto tante cose. Se dovessi farti altri nomi ti direi i Laundry Day, un gruppo americano di 5 ragazzini che spaccano e che ti consiglio, oppure i Brockhampton, un altro gruppo americano stra-conosciuto in America, forse in Italia poco. Quel rap dal suono molto americano che si rifà però al pop, questi gruppi che stanno uscendo negli ultimi anni che rappano, cantano, producono, registrano con la voce pitchata, si fanno le grafiche fighe. Ecco, io prendo un po’ di tutto da quella roba, ovviamente rifacendo una versione mia senza plagiare nessuno sia perché non sono bravo sia perché mi sgamerebbero e mi prenderebbe male.
Ci avviamo verso la conclusione, volevo farti un’ultima domanda, un momento spoiler diciamo. In “Colpa Mia” con Nick Sick e Yota Damore, nel finale annunci la nascita del trio Wish You Were Dead per il 2021. E’ un semplice outro o c’è qualcosa di più?
Questa domanda è fighissima perché mi dai modo di parlare di questa cosa. Quando ho realizzato il pezzo ho avuto la stessa paranoia e l’hanno avuta anche gli altri in studio ascoltando, hanno pensato che fosse un troll o un semplice skit. Invece no è tutto vero, Wish You Were Dead è davvero il mio nuovo gruppo con Nick Sick e Yota Damore. Ho inserito volutamente questo easter egg all’interno di un altro progetto, una sorta di inception, ed è reale, così ho modo di farmi pubblicità e che modo c’è migliore di questo. Nel 2021 usciamo con un disco, siamo io Yota Damore e Nick Sick e per ora non c’è altro da sapere. “Colpa mia” è una testimonianza, un primo teaser, un piccolo spoiler di quello che potrà esse il nostro disco, comunque è musica che si rifà all’immaginario un po’ più intimo dei miei dischi ufficiali, con la differenza che siamo in 3 ed è una cosa del tutto inedita. Sono contento che ti abbia piazzato e spero che spiazzi anche gli altri.
Siamo giunti alla fine, ti ringrazio per il tuo tempo e ti auguro buona fortuna per l’uscita di Radio Modem. C’è qualcosa in più che vuoi dire a chi leggerà l’intervista?
Grazie mille. C’è questa usanza di mettere i pezzi in playlist e farli partire in maniera shuffle, è una cosa sbagliata per questo disco quindi mettete in play dalla prima alla ventesima traccia e buon viaggio.
Un’intervista di Simone Locusta
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