Complementari l’uno con l’altro, uniti dalla passione per la musica fin dalla tenera età, i Tauro Boys decidono di sperimentare il loro modo personale di vedere il mondo e la società, sempre più complicata.
Con la produzione minuziosa di Machweo che ne ha fatto il sound potente ed unico e l’estetica visiva eclettica dei registi Giorgio Cassano e Bruno Raciti, il 6 Ottobre è uscito il videoclip ufficiale del singolo autodistruttivo a tratti malinconico di questi tre giovani artisti che non hanno mai smesso di mettersi in discussione e di sperimentare.
Cobain Codeine si presenta come una trasposizione contemporanea e giovanile dell’ideale romantico. La magia del luogo incontaminato che si contrappone ad una società che impone “certe cose a tutti e le pretende da tutti”, senza sconti.
Visioni fluorescenti e tecniche di montaggio inusuali ed eccentriche, fanno di questo videoclip una vera rivelazione artistica.
Per l’occasione abbiamo avuto il piacere di fare quattro chiacchierata con loro: autodistruzione al servizio della realtà, è così che i Tauro Boys ci presentano il nuovo videoclip ufficiale di Cobain Codeine.
Intervista ai Tauro Boys
Ciao Tauro Boys, mercoledì 6 ottobre è uscito il videoclip ufficiale di Cobain Codeine, singolo contenuto nell’album TAUROTAPE 3, fuori da venerdì 17 settembre e ultimo capitolo di una trilogia uscita precedentemente. Come vi sentite?
Ci sentiamo alla grande, grazie. Fare uscire un album è sempre un mix di emozioni: è il lavoro di quasi due anni, fatto durante le pandemie, finalmente la gente può ascoltarlo.
Cobain Codeine parla di autodistruzione con una leggera malinconia. É prodotto da Machweo che, lavorando su melodia e beat, ne ha accentuato l’estetica. Come vi ha aiutato, nella vostra crescita artistica, la collaborazione con diverse mentalità nell’ambito musicale, come Machweo in questo caso o Carl Brave precedentemente, che vi ha supportato nelle prime fasi di sperimentazione?
Il lavoro svolto da Giorgio (Machweo) è stato fondamentale per noi. Il sound del disco è nato ed è stato definito con lui. Ha una visione musicale completa e complementare alla nostra, che ci ha permesso di dare una certa svolta al disco. Le idee che non venivano a noi venivano a lui, lavorarci insieme è stato provvidenziale. E alla fine abbiamo registrato (quasi) tutto a casa sua. Ci sentiremmo di dire che il lavoro con Carl Brave è stato differente, eravamo in una fase embrionale del nostro progetto, anche lui ci ha dato una certa visione e consigli utili su come portare a casa i primi pezzi forti, ci aiutava a registrarli.
“Ho amici che Kurt Cobain” è la frase che più spesso viene ripetuta nel ritornello e che più rappresenta il vostro singolo, un messaggio profondo e identificativo di ciò che è la società dei giorni nostri, nel quale lo stile di vita viene spesso messo al primo posto rispetto alla persona in sé per sé. Voi che rapporto avete con la società? Iniziate a sentirvi compresi o pensate che ad oggi sia un ostacolo per la generazione e quelle future?
La società di oggi è estremamente complicata. Ovvio che con la musica ci sfoghiamo, ogni tanto esce fuori un certo malessere che i nostri supporter sembrano capire in pieno, spesso sono paure condivise da molti perché la società di oggi impone certe cose a tutti e le pretende da tutti. Cobain parla di autodistruzione, nel senso che spesso sembra più facile fare uso di sostanze per scordarsi il presente, e questo accomuna tanti ragazzi anche da prima della nostra generazione. E tutto ciò continuerà per altre generazioni, vista la piega che sta prendendo il mondo di oggi.
Da dove nasce la scelta e l’esigenza di dar voce ai vostri scritti oltre che alle vostre anime e persone?
Siamo appassionati di musica da sempre, in particolare il rap permette di mettere in musica i pensieri, sia impulsivi che ragionati a fondo. La nostra idea non è tanto quella di raccontare la nostra storia personale, ma raccontare i punti di incontro con chi ci ascolta. É li che diventa interessante, cercare di fare immedesimare chi ascolta in modo che dica “la penso esattamente cosi” o “questa cosa l’ho vissuta anche io”. Ovvio che dopo quattro progetti chi ci segue inizia a conoscerci piuttosto bene…
Come nasce il vostro personale processo artistico di scrittura e composizione musicale? Come si incontrano i vostri talenti?
Ci piace pensare che siamo complementari l’uno con l’altro, con la voce e le intenzioni siamo diversi, e il singolo arriva dove gli altri due non arrivano. In ogni traccia cerchiamo di capire qual è il modo per amalgamarci meglio e di non tenere sempre la stessa struttura con le strofe e i ritornelli. In questo senso non abbiamo tracce monotone, cerchiamo di non appiattire i toni mantenendo tutti solo stesso stile. Spesso si parte da un’idea, che può essere condivisa o meno, oppure da un beat, una melodia, qualsiasi spunto. Poi si porta l’idea sul piatto, se convince si va avanti sennò si passa a quella dopo.
Il video di Cobain Codeine, si presenta come una trasposizione contemporanea e giovanile dell’ideale romantico. Lasciarsi alle spalle l’agglomerato urbano per la natura, simbolo di spensieratezza, solitudine e calma. La magia del luogo incontaminato, fatta di visioni fluorescenti enfatizzate da un’accelerazione nelle sequenze e nel montaggio dei fotogrammi, ci trasporta all’interno di un mondo che ogni giorno siamo costretti o meno a vivere. Dove nasce l’idea di utilizzare un linguaggio che unisca l’ideale di romanticismo e contemporaneità in maniera così eccentrico e travolgente?
Quello che si vede nei nostri video è il nostro modo di vedere la musica, è la nostra estetica che veicola i nostri messaggi. Nel caso di “Cobain Codeine” (e di “Colori”) abbiamo scelto la natura come sfondo per le nostre canzoni e sì, un paesaggio incontaminato lo preferiamo a un video in città. Romanticismo e natura è il nuovo paradigma!
Giorgio Cassano e Bruno Raciti hanno seguito la regia e curato l’aspetto estetico/stilistico del vostro videoclip. Come vi siete trovati a collaborare con due menti così eclettiche?
Il video vuole raccontare una giornata intera, a partire dal viaggio in furgone. Giorgio e Bruno sono stati fantastici, ci siamo trovati al volo, girare il video è stato piacevole, di fatto è stata una passeggiata (e un falò) in un posto fantastico che non avevamo mai visto, il tutto guidati dalle loro riprese.
Come definireste il vostro stile? Come vi piacerebbe evolvere la vostra arte? Ci sono artisti con la quale vi piacerebbe collaborare per esprimervi al meglio?
Definirci è difficile anche per noi, ovviamente come tutti abbiamo delle influenze chiare che a volte emergono. Sicuramente ognuno di noi si modifica leggermente a ogni disco. Lo stile ormai è ben fissato ma è anche volto all’evoluzione continua, non ci piace l’idea di fossilizzarci su uno stile, il disco lo può confermare. Ci piacerebbe collaborare di più con artisti esteri in futuro, potrebbe essere divertente e potrebbe essere un’altra scusa per cimentarsi in qualcosa di nuovo.
Quali sono i vostri progetti per questo 2021 ormai agli sgoccioli e per il 2022 alle porte?
Spingere l’album al massimo e organizzare un tour! I nostri fan hanno bisogno di sentire il disco live e noi non vediamo l’ora di salire sul palco, è la cosa che ci manca di più. Nuova musica in cantiere invece non manca mai.
Francesca Cerardi
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