Quando a parlare sono le mani.
Ormai a decenni di distanza dagli anni in cui i dj rappresentavano la figura di riferimento negli house parties nel Bronx, oltre che a coincidere con i padri fondatori che hanno gettato le fondamenta dell’hip-hop, i producers stanno da tempo vivendo una nuova primavera.
Ad oggi, il co-sign o anche soltanto il loro tag, rappresenta un certificato di garanzia sulla qualità della traccia, almeno nella sua musicalità, tanto che si continua a stampare e pubblicare dischi esclusivamente strumentali, estrapolando il lavoro sopraffino che le menti dietro al beat hanno compiuto.
Nomi come DJ Premier, TheAlchemist, Hit-Boy e Metro Boomin’ sono nella testa di chiunque abbia, anche soltanto per sbaglio, cliccato su una qualsiasi playlist hip-hop di Spotify, eppure non mancano personalità (note e non) dall’enorme bagaglio musicale e tecnico, capaci di reinventare delle tracce già pubblicate e così il modo di “produrre” musica.
A questo punto, se la mente porta alla parola “remix”, c’è da dire che non si hanno tutti i torti, ma quasi. Quello che artisti come Knxwledge, Cookin’ Soul e altri emergenti stanno compiendo, è il frutto di un processo creativo che vede più discipline fondersi, fornendo agli ascoltatori un prodotto assolutamente fresco, seppur vogliamo, riciclato.
Campionare, riarrangiare, ma soprattutto dare un’altra identità a delle barre che hanno già una delivery ed un’atmosfera messe in piedi dal loro stesso ideatore, non è esattamente un’opera da tutti.
Tra quelli nominati poco fa, a spuntare è sicuramente Knxwledge – al secolo Glen Boothe – dal quale catalogo di oltre 100 tapes su Bandcamp sfido a sfuggire. Il mondo che il producer di Los Angeles è riuscito a mettere su, rischia di diventare, per chiunque sentisse il bisogno di sonorità che rimandano a pilastri come J Dilla e Madlib, una spirale difficile da scansare.
I loro dischi sono zeppi di tracce con sample che i migliori crate diggers pagherebbero milioni per accaparrarsi, scoprendo solo più tardi che alcuni di questi sono semplicemente estratti di dialoghi rarissimi o di scene che il web ha archiviato da qualche parte.
Il punto è che, oltre ad un catalogo di beats invidiabile, Knxwledge trova tutt’oggi il tempo di “cucinare” edits estremamente prolifici ed intriganti.
Il suo lavoro si concentra sullo scovare vecchi video, spesso dalla bassa risoluzione che, tra tutto, svela l’elevato grado di difficoltà di reperimento degli stessi; per poi lavorare a parte su una strumentale inedita, finendo per dare vita ad un pezzo a sé. Il risultato è un insieme di originalità, interpretazione e creatività che riconnette il passato e il “già sentito” con il futuro, e quindi nuovo.
A fare la differenza è anche il totale anonimato da cui arrivano molti dei protagonisti degli edits: rappers di zona che non avresti mai avuto modo di ascoltare o addirittura, dei casuali NPC i quali, una volta interagito, sputano le migliori 16 barre che tu abbia sentito nell’ultimo periodo.
Di prodotti del genere, il suo canale YouTube è stracolmo – oltre che ad essere costantemente aggiornato – ma come se non bastasse uno dei suoi lavori più mastodontici, è consistito nella produzione di una serie di tapes che avevano come “materia di partenza” dei vecchi freestyle o tracce di Meek Mill.
Sì, sono SEI album di tapes che contano tracce da dover incorniciare in un museo. Qui l’opera di riadattamento del parlato è alla sua quintessenza, riuscendo, Knxwledge, a creare verosimilmente delle tracce che garantiscono un’esperienza di ascolto del tutto nuova, sebbene il punto di partenza sia lo stesso.
In questo, Knxwledge è un maestro, i campionamenti soul e le batterie sporche aiutano a sottolineare e in qualche modo a romanticizzare il dolore e lo struggle che trasuda da barre crude e reali, e che senza quel beat non avrebbero probabilmente suscitato lo stesso clamore. Le melodie non sono la ciliegina sulla torta, ma la chiave di lettura indispensabile per entrare nell’oscuro mondo raccontato dal rapper.
Non tutto però ruota intorno a strumentali tipicamente hip-hop o lo-fi. A testimoniare la portata universale di questo modo di intendere i remixes, esistono diversi esempi di edits che in virtù del flow estremamente flessibile di alcuni MC’s, fanno affidamento a strumentali elettroniche o dubstep creando piacevoli e popolari fusioni di generi, così da regalare ai vari clubs delle hit inaspettate e a chi ascolta, una nuova traccia da consumare.
Di questa cultura del remix tape non si contano ancora molti ambasciatori, eppure è stato incredibilmente rassicurante scoprire che almeno in Italia, possiamo contarne uno di tutto rispetto.
A rendere ciò ancora più piacevole, la chiacchierata con lui: [ggm], producer classe 99’ che di questa dimensione underground ne ha fatto un vero e proprio biglietto da visita, oltre che focus per il suo sound, promosso da ultimo con un edit tape dedicato ad archiviati freestyles di Fabri Fibra: “[edits] Vol. IV”.
“Direttamente da Amsterdam”, come profeticamente “ricordato” dal Fibroga del passato nella terza traccia: “qualche_cuore”, [ggm] ci ha raccontato di come l’ispirazione fornitagli dalle barre malinconiche e affamate dei rapper da lui “trattati”, sommate alla creatività di Knxwledge e un ricco archivio di sample anni 70’, lo abbiano spinto fino a qui.
L’influenza e l’attitudine americana hanno innegabilmente programmato il suo stile di produzione, ma la necessità di dare vita ad un sound identitario lo hanno portato da subito a lavorare su artisti italiani, a lui molto più vicini e per questo più sensati da “rimodellare”.
Per ora, la serie di tapes reperibile su YouTube conta tre artisti: Baby Gang, Kid Yugi, e Massimo Pericolo, mentre, disponibile sulle principali piattaforme, Fabri Fibra.
Questi remix rappresentano, per [ggm]: “un ponte per la promozione del mio sound”, che per lui ha uno swing decisamente diverso dal classico beat lo-fi da Spotify e che al contempo si pone l’obiettivo di distanziarsi dalla tendenza a proporre trap-beats facilmente confondibili.
All’infuori delle tracce campionate nell’edit di Yugi, tutte le altre hanno come base dei vecchissimi freestyles, risalenti ad una fase della carriera di questi artisti in cui “la fame veniva prima della fama”.
E’ forse proprio questo l’ingrediente segreto che rende questi tapes così interessanti. La rabbia e il dramma narrati dalle rime trovano nelle produzioni di [ggm] il luogo perfetto in cui compiersi, e soprattutto impregnarsi di una carica emotiva e nostalgica del tutto rinnovata. Piatto stellato, perfettamente condito dall’aspetto decadente dei video associati alle tracce, che completano l’aria e l’estetica mesta del progetto.
[edits] vol.IV era nato prima del divisivo programma “Nuova Scena”, e la paura “di toccare un mostro sacro” era tanta, al punto da generare diversi dubbi sul prosieguo del tape. Il tempismo però non poteva essere più adatto per [ggm] e i fan del primo Fibra, al punto che quella che poteva mostrarsi come un’idea autodistruttiva si è rivelata un’occasione per “farlo rappare di nuovo” e resuscitare “quello” di Turbe giovanili. Il trucco che [ggm] è riuscito a mettere in piedi è stato decisamente efficace, e di questo gliene saremo sempre grati.
Delle sei tracce, quelle che più delle altre colgono questo aspetto sono per noi: ricordati_di_me e stobenequando_stoconte.
Nella prima, strizzando l’occhio a Knxwledge, [ggm] sfrutta un pattern di musicalità minimalista, una strumentale drumless che solo verso il termine introduce le strofe finali con dei kick “timidi” ma distinti.
In “ricordati_di_me”, Fibra rappa “Ho il diavolo in corpo e la testa di un bambino/io non ti presto un soldo perché sono un rabbino/abbino, sfiga e disgrazia quando rimo”; le barre malinconiche e deprimenti del rapper “che viene dalle spiagge di velluto” acquistano un carico emotivo ancora più forte solo e grazie al tono fidente e disperato delle strumentali prodotte da [ggm].
Così, il messaggio che implode di contenuti personali, a seguito del ri-arrangiamento acquisisce un nuovo e più forte “sense of soul”, catapultando chi ascolta nel groviglio di dubbi e pensieri che attanagliano un giovanissimo Fibra, rimasto vittima del gran vento che tira “nei meandri della testa”.
“stobenequando_stoconte” è la prima traccia del tape, e ha il merito di contare su una strumentale che sinuosamente e con dolcezza, fa entrare chi ascolta in una dimensione in cui il l’orizzonte non è chiaro, tutto è avvolto dalla nebbia e l’unica cosa che rimane da fare è affidarsi completamente a Fibra, e al suo immaginario.
Le lyrics sono estratte da un vecchio freestyle reso ad “MTV Spit” nel 2011. L’iconica gabbia nella quale gli MC arrivavano a strapparsi la pelle a forza di punchlines, diventa d’un tratto una stanza chiusa a chiave dove il rapper si rifugia, per lasciar andare un flusso di coscienza fino a quel punto represso.
La cosa curiosa è che l’aria poetica che dà respiro a questa traccia, è dovuta in gran parte alla strumentale prodotta, che con una melodia ipnotizzante finisce per creare un’atmosfera unica con propri colori e sfumature, del tutto distinta da quella “originale”.
Tutto sommato, sebbene il tape debba molto alla spiccata identità di uno degli artisti che ha influenzato maggiormente la crescita musicale di questo genere nel nostro Paese, tutto questo non sarebbe mai accaduto se non grazie alla profondità artistica che [ggm] ha dimostrato nella produzione, forgiando tracce che dopo il primo ascolto lasciano attaccati allo schermo, e soltanto una volta tolte le cuffie finiamo per accorgerci che il globo sta continuando a girare.
[edits] vol.IV è un grandissimo prodotto dell’undergound, capace di stravolgere in pieno le regole della produzione di un contenuto musicale, il cui genere di appartenenza ha sempre visto, e messo, il “parlato” al primo posto.
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