Il senso della nostra esistenza è strettamente collegato al tempo, poiché è la principale istanza da cui dipendiamo. Veniamo al mondo come se fossimo gettati di punto in bianco in una traiettoria, la scelta della nostra genesi non dipende da noi, ma dai nostri genitori. All’improvviso ci troviamo immersi in una dimensione che si perpetua da tempo immemore e che quindi esisteva già prima della nostra comparsa. Ci troviamo in un determinato ambiente storico, materiale e spirituale. Tramite nozioni e preconcetti installati in noi fin dalla tenera età, ci apprestiamo a ricevere un’istruzione, cerchiamo disperatamente la nostra anima gemella e tentiamo di porre delle basi più o meno solide per il nostro futuro. L’impiego materiale del tempo in questi e molti altri progetti ci proietta verso il futuro, fino ad un termine che non ci fa decidere se ciò che abbiamo realizzato sia completo o incompleto: la morte.
Nel tentativo di dare un senso al trattino che dividerà le due date nella nostra lapide, l’uomo, ideatore e demolitore dei limiti, resta affascinato e allo stesso tempo intimorito dal massimo limite che gli si pone davanti. Tentare di scavalcare il massimo limite per gli esseri umani è impensabile, per gli artisti un po’ meno. L’unico sentimento tanto forte da poter spingere a travalicare certi confini può essere solo ed esclusivamente l’ambizione, forse interamente sfamata solo se il proprio nome sarà destinato a rimanere per sempre; è però triste realizzare che se tutto ciò accadrà, nessuno sarà in grado di saperlo né tanto meno di raccontarlo. Molti personaggi arrivati ad un certo picco di popolarità muoiono. C’è chi di morte naturale e, molte volte purtroppo, per mano propria.
Molto probabilmente per un musicista la vita è solo un lungo preludio perché la vera carriera e la vera notorietà inizia tre metri sotto terra, mente il corpo umano inizia i suoi processi di disfacimento e di putrefazione; per poter parlare dei Sxrrxwland bisognerebbe fare un discorso simile, anche se i componenti del gruppo sono tutti vivi e vegeti, anche se non sono arrivati all’apice del successo, ma il loro scioglimento racchiude una particella dell’orrido sentimento sublime che si prova davanti alla scomparsa di qualcuno.
I Sxrrxwland (o Six Row Land, dipende da come si pronuncia il nome) erano un collettivo romano formato da Osore, Gino Tremila e Vipra, rispettivamente producer, creative director e voce. L’intento del collettivo, che riusciva a curare minuziosamente alcune componenti sensoriali quali l’aspetto visivo (tramite grafiche originali, particolari ed accattivanti) e l’aspetto sonoro (grazie a delle produzioni di grande spessore e testi anch’essi molto profondi), era quello di portare l’ascoltatore in una terra (“land”) fatta dalle mille mila sfumature di colori e forme che la tristezza può assumere, non con il fine di contagiare negativamente chi le ascolta, ma con l’intento di aiutare ad esorcizzare i demoni dell’utente musicale del ventunesimo secolo.
Le sonorità del gruppo non potevano essere classificate con una semplice etichetta, bensì, come anche loro si auto-descrivevano, erano più facilmente assimilabili ad un crossover tra emo, trap, noise, con richiami a musica classica e pop d’avanguardia, fino a sfociare nelle ambientazioni rarefatte tipiche della cupa musica elettronica.
Il gruppo ha realizzato un EP (“Buone Maniere per Giovani Predatori”) composto da 6 brani, 4 singoli, e alcune collaborazioni (una di queste per il duo Frenetik & Orange).
Nel post-futuro immaginato dal gruppo (un futuro distopico posteriore al futuro che immagina) la gente fa figli non più per amore ma per “cannibalismo” di attenzioni sui social, i sociopatici sono figli di famiglie tradizionali traumatizzati in tenera età. Chi vive in questo contesto continua a perdere parte della sua vita come fossero i cuori di Super Mario 64, l’unico via di fuga da loro proposta è quella di prendere le proprie insicurezze per costruire una zattera di salvezza utile a solcare il mare costituito dalle deludenti insidie quotidiane.
La terra creata dal gruppo prendeva le sembianze di un mondo parallelo in cui lo sfigato che non esce il fine settimana per fare una maratona di telefilm su Netflix lì diventava un figo, nel mondo dei Sxrrxwland ad entrare sono pochi eletti malinconici che rifiutano di passare tanto tempo in gruppo per potersi rifugiare nella loro dimensione. L’ambientazione verniciata da tinte viola, nere, blu scure deformata da sostanze psicotrope diventava lo sfondo di testi che richiamano figure della cultura pop nostalgica. L’innocenza e la spensieratezza dei Pokémon (“Io sono uno spettro come Gengar”) vengono svuotate della loro funzione intrattenente e lì, come tutte le altre immagini pop evocate, diventano emblema di un tempo passato ormai lontano e irraggiungibile, esse vengono utilizzate come dei mezzi descrittivi delineanti una triste situazione (l’essere invisibili) pigmentata però da colori infantili che riescono a rendere meno infelice l’accaduto. Gli scambi di figurine diventano scambi di mostri, il corpo di Exodia (mostro di Yu-Gi-Oh, celebre manga e gioco di carte collezionabili) non simboleggia l’imbattibilità ma una gabbia d’oro, i Rolex non sono più orologi costosi ma la somma del tempo perso nel mettere da parte del denaro per poterli acquistare.
L’11 Novembre, di soppiatto, dopo un ottimo tour anche in termini di numeri, il collettivo ha deciso di sciogliersi. Nessuno se non loro sa bene cosa sia successo, ma questo poco importa; scoprire le dietrologie ora, dopo che il gruppo è sciolto sarebbe solo una magra consolazione alle mille mila domande.
Perché parlare metaforicamente del suicidio dei Sxrrxwland
Il suicidio probabilmente è l’atto estremo che diventa il monumento funerario transeunte di una personalità. Il suicidio arreca un dolore infinito nelle persone che sono in stretta relazione con l’individuo in questione, questo gesto estremo è la massima esaltazione di qualsiasi tipo di emozione; è una fine innaturale tranquillamente evitabile. La nostra smania di voler possedere qualsiasi cosa ci fa dannare al solo pensiero che un artista si è tolto la vita e che di lui non avremo più nulla, automaticamente si cerca di tessere legami con il soggetto scomparso in modo tale da illudersi di possedere ancora qualcosa. Il suicidio è la cessazione dei mali per la persona che non riesce più a sopportare una vita, ma è il presunto inizio di una carriera postuma di cui l’artista gode solo nel momento in cui premedita l’estremo gesto. Nei suoi pensieri, forse quel gesto lo consacrerà per sempre, probabilmente crederà che anche la persona che più lo ha odiato lo amerà, nei suoi set mentali tutto si allinea: il realizzatore del gesto estremo in quel momento si sente pervaso di un amore di cui potrà godere solo idealmente. La scelta preferita è quella di abbandonarsi all’ignoto, allo sconosciuto piuttosto che vivere le insicure certezze presenti. Così l’artista se ne va, credendo di chiudere il sipario della sua vita e sperando di aprire nel contempo il sipario della sua fama.
Il suicidio dei Sxrrxwland suona tanto come una loro ultima sinfonia, probabilmente questo è stato l’unico modo per far sì che l’ascoltatore non fruisca del loro materiale in maniera ossessivo compulsiva: la scomparsa genera un nuovo modo di ascoltare la musica poiché consciamente e inconsciamente si sa che non ci saranno più prodotti targati “Sxrrxwland”, quindi è bene ascoltare gelosamente e attentamente ciò che ci hanno lasciato. Anche una futura reunion sarebbe del tutto inutile, l’uomo è in costante cambiamento, minuto per minuto, se tornassero insieme non sarebbero più gli stessi dopo le loro carriere soliste, sarebbe come cercare di rimodellare un pupazzo di neve dalla neve sciolta.
L’ultima grande emozione che ci hanno rilasciato è il dolore e la metabolizzazione del lutto (in questo caso ideologico). Cambiano le epoche, l’uomo contemporaneo si disumanizza, ma è certo che il bipede umano davanti alla morte resta ancora sconvolto. Vipra potrà finalmente rapinare i supermercati chiedendo alla cassiera, in maniera poco cortese, di tirare su le mani (“Lasciami Qui”) ma noi ora non riascolteremo tanto più quella frase en passant. I Sxrrowland sono riusciti mettere un parziale freno all’istinto consumistico dell’ascoltatore, la loro musica, nemmeno i testi più banali (ammesso che ce ne siano) risulteranno di plastica perché sono le loro ultime testimonianze che ci hanno lasciato come gruppo e se vorremo ancora farli vivere, dovremo cibarci esclusivamente di quelle.
Di Riccardo Bellabarba
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