Introduzione
Il flusso dei sempreverdi e continui scambi musicali tra città degli Stati Uniti ha fin da subito trovato terreno fertile nella cultura hip hop (che forse sarebbe addirittura meglio scrivere interamente con lettere maiuscole, come il nome di MF DOOM, specificato da egli stesso in “All Caps”), fin da quando New York era, senza mezzi termini, La Mecca del rap. Questo perché dagli altri grandi centri del Paese era sempre più numerosa la curiosità di osservare da vicino i pionieri in azione e provare a creare un proprio modo di interpretare il tutto, cercando di fonderlo con elementi culturali del proprio Stato o addirittura della propria città.
Il Sud degli Stati Uniti, macroregione definita secondo lo U.S. Census Bureau, l’ufficio del censimento degli Stati Uniti d’America, non è mai stato esente da ciò. Gli Stati che rientrano nei cosiddetti Southern States sono 16, tutti quanti con un peso non indifferente nella storia della nazione a stelle e strisce. Lo stesso vale per il rap, dato il grande interesse per l’hip hop e il rap fin dalla seconda metà degli anni Ottanta: città come Miami, per esempio, hanno avuto un ruolo cruciale nella traslitterazione e reinterpretazione di quanto si faceva nella Grande Mela. In passato, abbiamo già parlato dell’importanza del Southern Rap a livello storico, ma non avevamo ancora esplorato il lato squisitamente artistico, utile per comprendere anche il peso di Future nella scena attuale.
Retrospettiva sul Southern Rap e Atlanta
Le origini
Un esempio concreto di quanto detto su Miami è il terzo album ufficiale dei 2 Live Crew “As Nasty As They Wanna Be”, ritenuto dalla Corte d’Appello della Florida ben oltre la legalità in termini di oscenità raccontate dagli stessi artisti. Questa può essere considerata una prima pietra miliare se si parla di libertà di espressione nel rap, andando addirittura a scontrarsi con la legge della cosiddetta “Land of the Free”. La traccia che può rendere meglio l’idea è senza dubbio il singolo “Me So Horny” ma, a dire il vero, tutto il progetto è variegato e anche a livello musicale si passa da influenze go-go e arrivando fino al rock.
Allo stesso modo, altri artisti come il texano The D.O.C., considerato da André 3000 uno dei più importanti per lo sviluppo del rap nel Sud, ma anche gli stessi Mannie Fresh e Gregory D che da New Orleans hanno dato un’impronta ancora diversa rispetto ai precedenti. Iniziare a fare tutti i nomi che hanno contribuito a rendere il Southern Rap quello che è oggi richiederebbe un articolo ad hoc e anche parecchio dettagliato. In ogni caso, è questo il terreno in cui sono stati piantati i semi che hanno dato i frutti a cavallo tra la seconda metà degli anni Novanta e il nuovo millennio. Si commetterebbe un errore, tuttavia, a pensare che tutti e 16 gli stati del Sud siano omogenei a livello stilistico. Trattandosi di una decostruzione di Atlanta e nello specifico del rapper Future è d’uopo focalizzarsi sulla riproposizione georgiana.
Il punto di svolta arriva in piena faida tra East Coast e West Coast perché, nonostante il mercato stesse iniziando a premiare anche artisti da un polo che non fosse Los Angeles o New York, le prime pagine delle riviste di settore non dedicavano abbastanza attenzione a mostri sacri come i Goodie Mob, gli OutKast e tutta la Dungeon Family. Difatti, dal 1995 anche il resto degli USA smette di fare finta che il Southern Rap non esista e ciò lo si deve al celeberrimo discorso, non senza fischi del pubblico, di André 3000 ai Source Awards dello stesso anno: “I’m tired of them closed-minded folks, it’s like we gotta demo tape but don’t nobody want to hear it. But it’s like this: the South got something to say, that’s all I got to say”.
Dalla Dungeon Family a Future
Facciamo finta che, come per i video, ci sia la possibilità di mandare il video in avanti e facciamo altrettanto con il resoconto per arrivare a Future. Siamo ancora negli anni Novanta ma mentre il Southern Rap fa ancora a botte per lo spazio e il rispetto di cui dovrebbe godere, proprio ad Atlanta si crea la Dungeon Family, grande collettivo che raggruppa la scena locale, un po’ come avviene per i Soul Assassins in California.
La crew deve il suo nome a “The Dungeon”, il nome dello studio di Rico Wade, da cui hanno iniziato a prendere vita diverse tracce. Al The Dungeon gravitano diversi artisti in questo periodo ed è proprio qui che è nato il gruppo di produttori Organized Noize (composto da Rico Wade, Ray Murray e Sleepy Brown) che produrranno alcune tra le più celebri hit degli OutKast come “So Fresh, So Clean”. In un certo senso, per rendere meglio l’idea, si potrebbe quasi paragonare, chiaramente con le dovute proporzioni, al contributo di Demo e del suo Studio Ostile a tutta la scena di Genova venuta fuori negli ultimi 7-8 anni. La Dungeon Family passa spesso in sordina quando si parla di Atlanta ma il suo contributo è incommensurabile. Tra i membri più importanti troviamo chiaramente gli OutKast, i Goodie Mob, i Parental Advisory. Quando il Southern Rap stesso ha iniziato a diversificarsi ulteriormente accogliendo anche artisti come Killer Mike o Bubba Sparxxx.
C’è un particolare che finora è stato omesso ma che collega tutta questa enorme premessa a Future, nome d’arte del classe 1983 Nayvadius DeMun Wilburn: Rico Wade, fondatore della Dungeon Family, è cugino di sangue di Future. In realtà, il primo nome d’arte di Nayvadius non è stato Future, bensì Meathead, come verificabile anche dalla didascalia di una copia del 2003 di XXL Magazine in cui compariva un ignaro ragazzo che avrebbe portato Atlanta sulle sue spalle solamente un decennio dopo. L’attuale pseudonimo del rapper Future deriva dal nomignolo “the Future” che gli era stato affibbiato una dopo aver iniziato a frequentare la Dungeon Family. Rico Wade, avendo intravisto il suo talento, ma soprattutto a causa della situazione precaria di tante città del Sud e della sempre più grande presenza di trap house, consigliò a suo cugino minore di non lasciarsi trascinare nell’abisso della vita di strada ma di perseguire una carriera d’artista. Consiglio più che mai azzeccato, tanto che lo stesso Future, in seguito, definirà Rico Wade la vera mente dietro al suo stile e a tutta la sua carriera.
Dai primi passi al successo
Come quasi chiunque provenga dalla scena Southern, anche Future ha iniziato, tra il 2010 e il 2011, con una serie di mixtape “per le strade” (un concetto che verrà ripreso meglio in seguito). A dare una grande spinta iniziale alla carriera del rapper Future sono state due cose: il mixtape in collaborazione con un pioniere della trap come Gucci Mane e, come spesso è accaduto ad Atlanta, la spinta di Dj Esco che ha spinto la sua musica al Magic City, un club cruciale per la carriera di tanti artisti e a cui in futuro si potrebbe riservare un approfondimento.
Dopo l’esperienza nella A1 Recordings di Rocko, arriva il momento della grande firma in major con Epic Records sempre nel 2011. La scia dei mixtape prosegue ma è proprio qui che Future forgia il suo stile e si differenzia da qualsiasi altro artista di Atlanta e non solo. Oggi sembra scontato quasi quanto il pianoforte ma fino a non troppi anni fa, l’uso dell’autotune era completamente diverso e Future è una di quelle figure che lo ha portato su un altro livello. La critica però non è sempre stata benevola con la sua musica, spesso categorizzata come troppo “poco hip hop” per via dei ritornelli spesso pop e di un flow così singolare da venire spesso deriso. Sono gli anni della swag era e, come sappiamo, gli utenti su Internet sanno essere molto più cinici che comprensivi: “non sa rappare”, “non è hip hop”, “non si capisce cosa dice” sono solo alcuni dei commenti che sovente erano associati a Future. Ciononostante, dopo l’esordio con “Pluto” (il suo primo disco ufficiale con le collaborazioni di Drake, Juicy J, T.I., R.Kelly, Snoop Dogg e Trae tha Truth) viene inserito nella lista dei “Freshmen” dalla rivista XXL, che ogni anno inserisce in questa categoria gli emergenti che si sono distinti per qualità artistiche.
La discografia del rapper Future è sconfinata ed è un continuo aggiornarsi di successi, un po’ come la bacheca del Real Madrid al termine di ogni stagione calcistica. Si possono segnalare due momenti salienti: il successo del singolo “Karate Chop” (2013), d’ispirazione per lo stile di tanti artisti anche italiani (Madman su tutti) e l’inizio del sodalizio con Metro Boomin a partire dal mixtape “Monster”, del quale il beatmaker è anche produttore esecutivo, e in cui sono contenute alcune tracce manifesto del rapper di Atlanta tra cui “Codeine Crazy”, “Fuck Up Some Commas” e la stessa “Monster”.
Il pubblico da qui inizia ad apprezzare, o meglio a convivere, con un inarrestabile artista che non solo inanella un successo dopo l’altro ma è anche d’ispirazione per una intera generazione di rapper. Doveroso citare anche progetti quali “DS2”, “What A Time To Be Alive” (album in collaborazione con Drake) e “Evol”. Dal 2017 però si nota che a livello di percezione qualcosa è cambiato e bisogna farci i conti: il rapper Future è ormai seduto definitivamente al tavolo dei più grandi della storia. Si susseguono progetti come “Future” ed “Hndrxx” che rivelano anche facce diverse dello stesso artista, non più solo scanzonato ma talvolta consegna anche versioni intime di sé, e addirittura un Grammy nel 2019 come Best Rap Song per “King’s Dead”, traccia della colonna sonora del film “Black Panther”, in collaborazione con Kendrick Lamar, James Black e Jay Rock. Nello stesso anno, diventa anche l’artista con più canzoni tra le prime dieci posizioni nella Hot 100 di Billboard. Gli album e i progetti che sono, senza ormai più nessuna sorpresa un successo dopo l’altro ma fare una monografia non è l’obiettivo di questo articolo.
Capire il rapper Future
Singoli, personalità e meme
Finora è stata analizzata, seppur in maniera macroscopica, la discografia di Future ma tra chi legge probabilmente ci sarà qualcuno che, forse a ragion veduta, avrà alzato la mano per dire che il biglietto da visita del nativo di Atlanta sono soprattutto i singoli e le collaborazioni. L’osservazione è corretta, fino a un certo punto, ma è senza dubbio corretta. Gli album sono spesso lunghi, talvolta con più di venti tracce, ma è un modo di fare che si porta dietro pressoché qualsiasi artista che ha fatto dei mixtape la propria palestra, Gucci Mane su tutti, anche se a questo poi si aggiunge un piegamento a proprio favore dell’algoritmo delle piattaforme digitali come Spotify per fare generare più numeri a tutto il disco. I singoli per Future sono, dunque, il mezzo per arrivare ovunque, penetrare ogni club; gli album, invece, il regalo per i fan e l’atmosfera in cui esprimersi e in cui capirlo al meglio. Il killer istinct arriva però quando un rapper chiama Future nel proprio pezzo: il risultato è che quel singolo diventa di Future e, senza nessuno stupore, diventa un successo in men che non si dica.
Gli stilemi di Future sono quelli della maggior parte dei rapper di Atlanta ma è l’originalità a fare da padrona, anche in termini di alter ego, che non sono mai scelti a caso ma rappresentano parte dell’eccentrica personalità dell’artista. Non è certamente un caso se poi è diventato un fenomeno della cultura internettiana e oggetto di meme. Quest’ultimo aspetto probabilmente delinea uno dei punti di arrivo in quanto a fama, dato che le due cose spesso vanno di pari passo. Future sembra silente o ignorare tutto questo, in realtà è assai probabile che sia egli stesso a piegare il suo immaginario e farlo diventare un meme agli occhi di ascolta. D’altronde è così dai tempi di Soulja Boy e della già menzionata swag era, in cui Future ha ottenuto la prima parte della sua fama, dove le critiche atte a screditare non fanno altro che accrescere la popolarità col tentativo di danneggiare l’artista ma se hai davanti il re dell’opulenza ciò non farà altro che lusingarlo.
Rimettiamo assieme i pezzi
A differenza di quanto si diceva in passato sul suo conto, la formazione di Future è assolutamente hip hop, addirittura a livello sanguigno. Qualche anno fa, in questo clima, Murs fu uno dei pochi, in un approfondimento presente nel canale YouTube di XXL Magazine, ad aver spiegato che non ci fosse una particolare differenza tra l’attitudine dei Das EFX e quella di Future, nonostante fossero espressioni del rap quasi agli antipodi. Ad accomunarli è la capacità di coinvolgimento delle folle, ovvero una delle caratteristiche fondanti della cultura hip hop e una delle cose più interessanti della musica rap in generale.
L’influenza del rapper della Georgia è inquantificabile e non solo per quanto riguarda la trap, dato che è proprio un certo tipo di attitudine a essersi sdoganata sempre di più e anche oltre il rap. La linea di successione dopo Gucci Mane, T.I. e Lil Wayne è ben chiara e proprio ora, dopo tanti anni, diversi artisti riconoscono in Future una figura quasi paterna a livello di ispirazione. Tuttavia, probabilmente è ancora la stampa stessa a non essersi fatta una ragione dell’importanza che il rapper Future ricopre, relegandolo spesso al filone del mumble rap che però porta con sé una intrinseca connotazione negativa ogni qual volta viene tirato in causa, senza mai decostruire del tutto il suo stile. Per questo motivo, qualche anno fa, probabilmente tra il serio e il faceto, egli stesso si definì più importante di Jay-Z “per le strade”. Un po’ per dire che, volenti o nolenti, c’è tanta gente che ha riconosciuto che il suo talento va ben oltre un singolo nuovo ogni sei mesi che rompe i record stabiliti da quello precedente.
Conclusione
Nel marzo del 2023, Future è diventato il quinto artista della storia del rap per certificazioni ottenute, superando proprio Jay-Z, venti anni esatti da quando Nayvadius DeMun Wilburn per i ragazzi della Dungeon Family era il “futuro” anche solo concettualmente.
Venti anni prima, quel ragazzo cresciuto tra l’epidemia del crack degli anni Ottanta che imperversava negli Stati Uniti, non era altro che “il futuro” della Dungeon Family. Dalla dissoluzione della stessa, nel 2011, anno in cui Future iniziò a diventare noto a livello nazionale, ne porta il peso sulle spalle, un po’ come di tutta la città di Atlanta. Oggi, nel 2023, Nayvadius è ben oltre che il presente e non fatichiamo a dire che negli anni nessuno metterà in dubbio la sua importanza a livello artistico. Un’importanza che qualcuno ancora oggi non vuole riconoscergli quanto meriterebbe.
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