Aber è un rapper originario di Fondi, in provincia di Latina, classe ’97, ed è giunto al primo momento decisivo della sua carriera, il primo disco ufficiale.
C’è stato un periodo nel rap italiano (indicativamente tra il 2012 e il 2015) in cui i grossi nomi si sono trovati in un momento di stallo, o addirittura fermi come nel caso di Marracash, e nella cui assenza ha visto emergere una serie di rapper esplosi principalmente grazie all’aspetto tecnico, per esempio Gemitaiz, Nitro o Nayt. Oggi, in una scena sempre più assuefatta dalla ricerca della hit, che predilige ritornelli confezionati ad hoc e linee vocali studiate nel dettaglio, c’è anche chi sceglie di fare un passo indietro, percorrendo una strada anticonvenzionale ma allo stesso tempo già collaudata. Aber è uno di questi.
Fin dalle prime barre del disco si percepisce la passione per questo genere di rap, con un elaborato procedimento di scrittura ricco di incastri, extrabeat e punchline ad effetto, dove si percepisce in alcuni punti l’embrionalità della carriera di Aber, ma che ci restituisce anche una possibile crescita continua. Anche la selezione dei beat ci racconta l’affetto verso quel preciso modo di fare musica, con ricorrenti atmosfere epiche contraddistinte da un continuo sentore di archi, impreziosite da elementi metal con chitarre distorte piuttosto frequenti e batterie frequenti, capaci di mantenere il ritmo alto e di permettere ad Aber la massima espressione delle sue capacità. Ma tutto ciò non significa un’esclusività in questa direzione.
In “Mirror” troviamo anche brani più conscious, con ritornelli più melodici e tempi più dilatati, in cui tutto rallenta in corrispondenza dell’introspezione. Nei momenti in cui Aber decide di aprirsi con il pubblico tutto si rallenta quasi a fermarsi, come a voler concentrare l’attenzione negli episodi più importanti della sua vita resi in musica.
Le tematiche principali volgono verso quella che è la sensazione di disagio che molti giovani del nostro Paese sono purtroppo costretti ad affrontare, fatta di inadeguatezza, dubbi sul futuro e solitudine. È di questo che Aber parla, è di questo che si confida con il foglio, e di riflesso con chi deciderà di ascoltarlo e, perché no, di empatizzare con lui queste emozioni.
“Mirror” è quello che deve essere un disco d’esordio, capace di mettere in mostra i punti forti e i margini di miglioramento dell’artista in questione, parlando di sé stesso e di ciò che lo circonda ma senza esporsi troppo. Un album che ha l’intenzione di presentare Aber al pubblico pur non giocando subito tutte le sue carte, inculcando la curiosità nella testa dell’ascoltatore e lasciando in sospeso molto di se.
Una formula che ha già vinto in passato può vincere nuovamente, in un mondo e in una scena che in dieci anni è mutata drasticamente e radicalmente? Le basi ci sono, il tempo ci saprà dire se Aber sarà capace di confermarsi.
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