ANTEFATTI
La storia di “American Dream”, il nuovo album di 21 Savage, non comincia nel 2024 bensì un po’ di anni addietro. Nella carriera di Shéyaa Bin Abraham-Joseph, infatti, c’è una data che ne ha cambiato completamente il corso: il 3 febbraio 2019.
Tutta l’attenzione dei media staunitensi è concentrata verso la 53° edizione del Super Bowl, la finale del campionato di NFL, che proprio quella stagione si è tenuta ad Atlanta, la città che ha formato 21 Savage, per la terza volta nella storia della lega. È una partita senza storia, quella tra i New England Patriots di Tom Brady e i Los Angeles Rams di Jared Goff: un 13-3 senza troppi patemi che consegna ai Pats di Foxborough (Massachussets) il loro terzo anello in cinque anni.
Quel giorno però ad Atlanta si verifica qualcosa di insolito che collega lo stato della Georgia al Regno Unito. La prima cosa è la vittoria straripante dei New England Patriots, in una cornice straordinaria del Mercedes-Benz Stadium, una franchigia che, come dice il nome, proviene da Est e più precisamente dal New England.
Per i meno avvezzi alla storia degli Stati Uniti, il New England è una regionale nordorientale del paese, composta da Connecticut, Maine, Massachussets, New Hampshire, Rhode Island e Vermont. Il New England, il cui centro culturale, economico e politico è Boston, ha giocato un ruolo fondamentale nella storia degli USA, in quanto è stato la prima regione del paese a definire una propria identità con l’impulso dei Padri Pellegrini inglesi che fuggivano dalle persecuzioni religiose in atto nell’Europa del XVII secolo.
Proprio nel New England, in cui sorgevano le prime colonie britanniche nell’America settentrionale, infatti, sono sorti i primi movimenti per l’indipendenza dalla corona britannica. Inoltre, anche nei secoli successivi ha continuato a essere uno snodo importantissimo per gli Stati Uniti, contribuendo in maniera significativa ai movimenti per l’abolizione della schiavitù ed essendo la culla della letteratura e della filosofia statunitense.
La seconda, invece, ci ricollega proprio a Shéyaa Bin Abraham-Joseph, in arte 21 Savage, perché proprio quel giorno l’ICE (United States Immigration and Customs Enforcement) comunica di aver arrestato il rapper, con l’accusa di essere un immigrato irregolare e rivelando al mondo intero che fosse un cittadino britannico.
La notizia ha scosso tutti perché da 21 Savage ci sarebbe aspettati qualsiasi notizia tranne questa. Nei giorni successivi, si scoprirà infatti che Shéyaa Bin Abraham-Joseph è arrivato negli Stati Uniti assieme a sua madre con un visto temporaneo, scaduto nel luglio del 2006 e che avrebbe rischiato l’espulsione dal paese, mettendo a repentaglio la sua carriera artistica.
Dopo diverse peripezie e rumour, il rapper è stato liberato il 13 febbraio 2019, dieci giorni dopo il suo arresto. La vicenda è proseguita con meno attenzione da parte degli organi di informazione ma si è conclusa positivamente per l’artista, anche grazie all’aiuto di Jay-Z che si è offerto di fornirgli degli avvocati e di pagarli per lui.
A rivelarne per primo l’esito è stato però Drake nel pezzo “8AM in Charlotte”, contenuto nell’album “For All The Dogs” (2023), dicendo che 21 Savage avesse ottenuto una green card (notizia poi confermata dai legali di Abraham-Joseph).
Savage got a green card straight out of the consulate
Ed è proprio qui che l’American Dream di 21 Savage diventa ufficialmente realtà, anche a livello legale. Una volta scongiurato il possibile incubo giudiziario, si scopriranno anche altri retroscena dello stesso artista. Primo su tutti è il suo luogo di nascita, ovvero Newham, un quartiere della parte orientale di Londra, e le sue origini caraibiche di Saint Vincent dalla parte paterna e di Dominica da quella materna.
“American Dream”, il disco
L’ultimo disco solista di 21 Savage, escludendo quindi gli album in coppia come “Savage Mode 2” con Metro Boomin (2020) e “Her Loss” con Drake (2022) in cui 21 Savage contava a malapena il 30% delle parole, è “I am > I was” e risale al 2018.
Già in questo disco, infatti, si nota una direzione diversa dai progetti a cui ci aveva abituato in precedenza, tutti prevalentemente improntati sulla vita e la violenza di strada, ma talvolta anche sul lato oscuro del successo, non sempre rose e fiori. “I am > I was” ci aveva già mostrato mai come in quel momento un 21 Savage maturo, adulto e deciso a plasmare lui la sua realtà invece che esserne completamente succube e ingranaggio, come era in precedenza.
Dal 2018 però l’estro di 21 Savage si è ulteriormente diversificato e ci ha regalato diversi lati della sua personalità, senza mai abbandonare i suoi stilemi e la sua poetica di strada, anzi! La ha elevata ed è riuscito a renderli anche un prodotto di intrattenimento, grazie al coinvolgimento di vere e proprie leggende come Morgan Freeman in “Savage Mode 2”, che ha dato un tocco cinematografico al disco.
“American Dream”, il terzo album solista di 21 Savage, prosegue su questa linea ma arriva, ancora una volta, sorprendendo tutti. Sui social dell’artista, nei giorni precedenti all’uscita del progetto è stato annunciato un film sulla sua vita, chiamato proprio “American Dream” e in uscita il 4 luglio 2024, diretto da Donald Glover, Stephen Glover, Jamal Olori e Fam Udeorji. Come si può notare dal trailer, si vede l’evoluzione di 21 Savage, interpretato da sé stesso, Donald Glover e Caleb McLaughlin per tre età epoche diverse. Contestualmente all’annuncio del film, è stato annunciato anche il disco ma, al contrario di quanto possa sembrare, non è banalmente la sua colonna sonora quanto un cammino parallelo dei due prodotti artistici. “Music inspired by the film”, si legge al termine del trailer, ma in realtà entrambi hanno in Abraham-Joseph e la sua vita come ispirazione.
Il disco, infatti, si apre con la title-track “American Dream”, in cui sua madre, Heather Joseph, racconta l’emigrazione dal Regno Unito e il desiderio di cambiare vita una volta arrivati negli Stati Uniti. Proprio le parole della madre sono il filo rosso che collega tutto l’album, tra le contraddizioni degli USA, la determinazione nell’andare avanti e ripagare le persone che ti hanno teso la mano durante il percorso. Da una parte il successo e dall’altra la vita di strada, da sempre compagna di viaggio di 21 Savage, che non abbandonerà mai del tutto chi l’ha vissuta.
La verità però è che il successo rivela sempre chi siamo davvero e amplifica i problemi, ma il sogno americano è allo stesso tempo cinico e pronto ad accoglierti per stravolgerti la vita. Questa è la poetica del disco, così come la filosofia di vita di Shéyaa Bin Abraham-Joseph: un uomo, padre di tre figli, che fino a pochi anni fa rischiava di essere espulso dagli Stati Uniti, con tanti amici in carcere o che lo proteggono dal cielo, e che, grazie al successo della sua musica cerca di ispirare le nuove generazioni e fare della filantropia con la fondazione Leading By Example. Il tutto, ovviamente, senza mai abbandonare quella vena opulenta e gangsta che lo ha sempre contraddistinto, pur riconoscendone le diverse contraddizioni tramite uno sguardo da adulto, e che forse lo rende bloccato a metà tra i rags e i riches del modo di dire inglese.
“American Dream” è frutto di una maturazione artistica e di un profondo cambiamento personale che si percepisce nei 50 minuti di musica. Il sogno americano raccontato però ha delle tinte noir e, per certi versi, sembra quasi più un incubo. Non viene raccontato solo il risultato, bensì tutto il processo che gli ha consentito di arrivarci.
Per questo motivo, il lato introspettivo e personale risulta piuttosto interessante, bilanciato da quello visceralmente trap. Non mancano infatti riferimenti e omaggi a quel mondo, sottolineando di non avere dimenticato i suoi codici, come in “Redrum” che è uno dei pezzi trainanti del disco. Gli ascoltatori più attenti avranno certamente notato anche l’evoluzione della scrittura come nella stessa “Redrum”, in cui 21 Savage offre una serie di punchline che, per certi versi, ricordano un punchliner di eccellenza come Lil Wayne. Interessante anche il video, nel quale lo stesso 21 Savage si avvicina alla sua Inghilterra, raccontando che le difficoltà delle periferie e dei quartieri parlano la stessa lingua in ogni angolo del mondo.
Non mancano nemmeno riferimenti ad argomenti caldi, come l’utilizzo dei testi dei rapper come prove di colpevolezza in tribunale, dicendo di voler proseguire sulla sua strada indipendentemente da ciò. Un processo che va assolutamente seguito coinvolge Young Thug, uno degli ospiti del disco, che regala una strofa inedita in “Pop ur shit” dopo mesi in cui le uniche notizie ricevute sono state solo delle foto davanti ai giudici o dei video in cui vengono esaminate le sue rime. Una situazione paradossale ma che rischia di essere un precedente che potrebbe cambiare il futuro del rap.
Gli altri ospiti del disco sono Brent Faiyaz, Burna Boy, Doja Cat, Lil Durk, Mariah the Scientist, Summer Walker e Travis Scott. Non fatichiamo a dire che probabilmente “American Dream”, anche grazie alle collaborazioni, sarà uno degli album più apprezzati di quest’anno. Tra le note da segnalare, c’è un’inaspettata Doja Cat in “N.H.I.E” e un Travis Scott in ottima forma in “Nèe-nah”, così come Lil Durk in “Dangerous”.
Doveroso sottolineare anche la presenza di Metro Boomin in tre tracce: “Pop ur shit”, “Née-nah” e “Just Like Me”. Se le prime due sono state funzionali al disco, l’unica nota stonata del disco forse è proprio “Just Like Me”, con anche Burna Boy, un pezzo pop-rap che snatura più del dovuto 21 Savage e lo allontana dall’atmosfera del disco, costituita da delle strumentali cucite su misura e sample interessanti tra cui “Serenata Do Adeus” di Elza Laranjeira in “Redrum” o “I don’t want to do anything” di Mary J. Blige, presente in “Should’ve wore a bonnet”. Il disco si chiude con “Dark Days”, esprimendosi in seconda persona raccontando la realtà di tanti ragazzi afroamericani, quasi come se si stesse rivolgendo direttamente a un ascoltatore guardandolo negli occhi.
21 Savage è questo e molto altro, una figura complessa, in costante evoluzione e alla ricerca della piena maturità con cui affrontare la vita e le sue contraddizioni. “American Dream”, come sottolineato dal trailer del film, è la colonna sonora non di una semplice opera artistica ma della vita di Shéyaa Bin Abraham-Joseph e apre degli scenari interessanti per il proseguo della carriera del rapper, ormai consacratosi come una delle figure più interessanti degli Stati Uniti.
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