Un grosso ritorno che ha segnato quest’inizio d’autunno contribuendo a dare il via alla stagione delle pubblicazioni è stato quello di Vacca con il nuovo album “Barroso”.
L’incipit visivo che abbiamo con la rivelazione di cover e titolo ci riconduce a quelle che poi scopriremo essere le fondamenta: il protagonista al centro dell’attenzione, circondato dai suoi uomini di fiducia con la strada sullo sfondo, l’habitat ideale del rapper cagliaritano. È questo l’ecosistema sociale attraverso cui ruotano ricordi, passioni e intenzioni personali nati dalle esperienze e le radici costruite nel percorso della vita, il viaggio dell’eroe che ci viene raccontato.
Un dubbio sorge quando mettiamo il disco in play e ascoltiamo l’intro: questo è il canto del cigno per Vacca? L’ultimo tassello di una carriera storica? I riferimenti al concetto di ultimo e di fine ricorrono, e la melodia nostalgica della tromba che compare a sprazzi a sottolineare solitaria proprio gli attimi in cui questo tipo di riflessione emerge contribuisce a pensare in una determinata direzione.
Proseguendo troviamo una coerenza e una coesione d’intenti omogenea per tutto l’arco del disco. Argomenti , produzioni e riferimenti si uniformano a costruire una visione d’insieme. Lo sguardo di Vacca è costantemente rivolto al passato, a voler rielaborare tutte le tappe e le situazioni che l’hanno formato come uomo, come rapper e come persona, rendendolo real e legato a quell’attitudine street sempre mantenuta dall’origine della sua carriera musicale.
Le produzioni forniscono un ulteriore conferma di questo, riportando caratteristiche proprie del bagaglio musicale che si porta dentro. Campioni e ritmi vecchio stile, con continui rimandi all’east coast a cavallo tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Esempi di questa prima influenza li troviamo in “Menzogne”, “Sangre de la Isla” e “Feeling Good”. Una seconda componente che sappiamo essere sempre stata importante per l’artista è quella originaria della sua altra isola, la Jamaica, in questa occasione rievocata grazie ad una sapiente scelta di linee vocali e modalità di pronuncia come in “Real Hustlers” che richiamano al reggae. Il tutto capace di non suonare datato ed affiancato ad elementi più recenti come le prime tracce del disco, “Barroso”, “Paranormal Activity” e “Miracolo”.
Un’altra presenza costante è rappresentata dal senso di appartenenza rispetto alle sue origini, in particolare alla Sardegna, come già detto terra natia e vera patria del rapper ora stabilito a Milano, e precedentemente in Jamaica, a Kingston. Un giramondo che, a 42 anni, torna a casa e trova la serenità, riconoscendo un unico posto come realmente suo. Ma le sue radici non si trovano solo nei luoghi, ma anche nelle esperienze. Ciò che l’ha convinto a vivere seguendo un determinato credo, con le sue ambizioni, passioni, componenti culturali che permettono lo sviluppo di una personalità unica legata alla strada e ciò che ne consegue, le cui sfaccettature ci vengono raccontate in tutto il disco e, in particolare, nell’outro “Bone Thugs”.
L’apice della riconoscenza verso la sua isola lo troviamo nel pezzo “Sangre De La Isla” in collaborazione con gli storici Sa Razza. Qui troviamo un omaggio a “Wessisla“, album del 1996 della crew sarda divenuto crocevia per il rap isolano in chiave westcoastina. Sono molteplici, infatti, i rimandi al disco, che vendette oltre 15000 copie, così come agli esponenti di punta del sottogenere quali gli stessi Sa Razza, ma anche i Sardo Triba di Maku Go (citato a sua volta qualche anno fa in “Rehab” dallo stesso Vacca), Zisto e Piraz. Nella terza strofa, invece, troviamo una panoramica di Cagliari, la capitale dell’isola, e dei props ad artisti come PayMe! e Lil Pin. Con questo l’artista dimostra di non avere mai dimenticato le proprie origini ma, anzi, di rafforzarle sempre di più, come vedasi dal titolo del disco (“Barroso” significa “testardo” in lingua sarda) e dalle espressioni tratte da quell’idioma all’interno del disco.
Arrivati alla title track troviamo la prima collaborazione, con Leslie, l’inizio di una lista di collaboratori fidati in grado di arricchire i brani pur mantenendo intatta l’atmosfera originale dell’artista ospitante che continua con Styles P, Inoki, Sa Razza, Jack The Smoker, Speranza e Artan. Nomi conosciuti e meno, giovani e storici, italiani e non, senza distinzione alcuna, con l’unico requisito di poter dare qualcosa al progetto, di portare qualcosa di proprio e di essere veri, da buona tradizione della streetlife.
Il risultato che consegue alla fine è quella di un uomo che ha vissuto a pieno la sua vita, perseguendo i propri ideali incondizionatamente, che ora sembra finalmente aver trovato la pace nonostante l’amarezza di non essere riuscito a raggiungere alcuni obiettivi. Rinato tirando le somme, studiandosi fino alla più piccola sfumatura.
Tutto ciò rende “Barroso” un prodotto di qualità indubbia, probabilmente uno dei migliori lavori di Vacca, maturo, completo e coeso.
Sarà effettivamente l’ultimo canto? Non possiamo saperlo con certezza. Di sicuro c’è che, se fosse realmente così, non avremmo proprio nulla da dire a riguardo, se non riconoscergli i meriti che gli spettano per essere comunque a far parte della storia del rap in Italia, mantenendo viva una fiamma che ora più che mai sta rischiando di spegnersi e rimanendo sempre, nel tempo, real.
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