Ho avuto la fortuna di vedere nascere una vita artistica, quella di blue27 e quella di “Cianotipia“. Credo valga la pena raccontare questa storia, qualora ci fosse qualche giovane artista in erba che voglia iniziare ma che non sa come fare.
Io e Carlo ci conosciamo da quasi una vita. Dico “quasi” perché ci siamo visti per la prima volta in primo superiore, a 15 anni circa, grazie ad un mio compagno di classe nonché uno dei suoi migliori amici. Tra gli argomenti da maschi medi su cui ci siamo sempre ritrovati, c’era anche quello della musica.
Ascoltavamo con un orecchio tutto il rap che andava negli anni 10, con l’altro tutta l’altra musica che trovavamo interessante, giustificando faticosamente il perché dei nostri gusti a chiunque ci dicesse che ascoltavamo pattume.
In quel tempo avevamo la fissa per ascoltare in anticipo le nuove promesse; Carlo apprezzava gli NSP (poveraccio) da un po’ prima di tutti, ma quando iniziarono a diventare leggermente più famosi si tolse la loro collana che aveva preso al loro instore per mettersi a cercare altri artisti semisconosciuti da millantare.
Ricordo benissimo tutta quella parte di adolescenza che abbiamo condiviso con la musica come comune denominatore. Ci ritrovavamo spesso insieme ai nostri amici in comune e ogni situazione era adatta a commentare le nuove uscite: al bar, negli spogliatoi delle partite di calcetto, a casa di Murk quando vedevamo le partite, alle serate in discoteca in cui ci appartavamo apposta solo per parlare di una musica diversa di quella che sparavano nelle casse, perché in fondo lì ci annoiavamo tremendamente, ma non lo volevamo ammettere.
Forse il seme di tutto si sparse nei primi imbarazzanti tentativi di freestyle che facevamo le sere d’estate in spiaggia. A questo punto penso proprio di sì. Facevamo veramente schifo, ma ci divertivamo con il nostro pubblico di amici (3 persone) e questo conta più di tutto.
Carlo poi il freestyle non lo faceva morire in spiaggia, ma ci riprovava anche a casa: scaricava da YouTube dei type beat divertenti e su di questi scriveva qualche strofa che registrava poi con il telefono. Puoi immaginare la qualità. Fece questa cosa anche con un type beat che aveva come tema una canzone di Spongebob. Poi le prime relazioni, la maturità e Carlo smise, per lo meno da quello che disse a noi.
Per anni non abbiamo più parlato di quei tentativi che avevano la bellezza di poter dire che un nostro amico “faceva rap”. Con le orecchie di oggi è difficile dire che ci fosse dell’effettiva bravura, c’era però la voglia di provarci e di raccontare. Di questo ne parlammo bene anche nella vacanza che facemmo insieme per il capodanno del 2019 a Copenaghen. Saremmo potuti stare ovunque, tanto di musica avremmo parlato. Tornammo a casa e qualcosa si era mosso nuovamente. Carlo, inaspettatamente, mi rimandò qualche nuova demo, qui iniziò la storia di “Cianotipia“.
Gli anni trascorsi tra i primi freestyle e le nuove demo si sentivano tutti, per lo più si sentivano le esperienze, meno piacevoli di quelle che abbiamo condiviso, che iniziavano a maturare. Nei nuovi tentativi di traccia di Carlo si sentiva la crescita di una persona che, oltre alla fotta giovanile, voleva condividere qualcosa di più con chi lo avrebbe ascoltato. Abbiamo fatto insieme una cernita di quello che poteva sembrare più interessante e lo abbiamo conservato, mancava solo registrare per davvero, non più con il telefono.
Tramite Francesco, un altro mio caro amico (che fra l’altro ha mixato “Solo Ferite“, “Exit Life” e “Il Mio Amico”) che ha offerto la sua casa e la sua strumentazione come studio di registrazione per gran parte dell’album, abbiamo contattato Nicola, polistrumentista tuttofare e una delle menti musicali dietro “Cianotipia”.
Parallelamente Carlo, invece, parlando della sua idea di musica nel suo gruppo di amici, ha attirato a sé Filippo, un malato di Oasis e classic rock, che aveva tanta voglia di suonare e mettersi alla prova.
Biologicamente serve un padre e una madre per procreare, ma alla fine “il figlio è di chi lo cresce”, credo infatti che i genitori di “Cianotipia” – mi ci metto anche io – siamo stati un po’ tutti quanti.
La “cianotipia” è un processo fotografico alternativo che utilizza una soluzione fotosensibile a base di ferro per creare immagini blu su carta o tessuto; l’intento di Carlo infatti è proprio quello di stampare delle istantanee sonore blu, associabili al colore accostato all’ansia e alla depressione. Il nome d’arte infatti si spiega tutto da qui: “blue” non a caso il suo nome d’arte riprende proprio da questo. 27 invece dal il numero 27 è un omaggio al celebre Club 27, noto per la sensibilità e la fragilità dei suoi membri.
Il blu infatti scorre per tutto il disco: “qua è tutto blu come cianotipia” (Intro Cianotipia), “mesi blu, blu come i miei testi” (Notturno), “il mio amico vede blu come sotto un’oceano” (Il Mio Amico), fino a “Capirà”. Da metà progetto in poi è come se il blu, colato così massicciamente giù, sia diventato il colore totalizzante, sia dei racconti che blue27 riporta sia per il groviglio di emozioni che vive nella strada principale per arrivare a Fermo.
I gusti musicali di tutte le teste che si sono radunate sotto questo progetto si uniscono dentro le produzioni musicali. “Cianotipia”, nonostante sia il progetto di un emergente, è davvero un lavoro corale: si può sentire la chitarra di Filippo che arpeggia o che ammicca, il gusto eclettico di Nicola tendente al prog rock, lo slancio di Carlo all’hyperpop, al punk rock, il background e l’approccio alla scrittura tendente al rap e molto altro ancora (che a me, forse più di chi non lo conosce) arriva tutto.
“Exit Life” è stata la prima traccia del disco, nata ad una festa mentre Filippo strimpellava e Carlo stava ascoltando. Il brano nasce come tributo a Lil Peep, infatti “exit life” è il tatuaggio che aveva dietro la schiena. Seguono “Il Mio Amico“, dedicato ad un cliente del bar in cui Carlo lavora tutti i giorni, “Guai (+ di un figlio)“, che parla dell’insostenibile leggerezza di fare musica essendo un signor nessuno, “Capirà“, “Solo Ferite” uno degli esperimenti ibridi – tra l’hyperpop, il pop punk e l’edm -, a mio parere, meglio riusciti dell’album.
Oltre a “Solo Ferite”, i miei brani preferiti sono “Colasangue” e “Ophelia“, l’outro del disco.
“Colasangue” racconta come i giochi di forza e di astuzia tipici dei primi tempi di una relazione creino in realtà delle piccole ferite e delle insicurezze che poi si trascinano nel rapporto. Ciò che mi ha colpito più di tutto, insieme alle sonorità che ho apprezzato sin da subito, è stato il modo ironico e iperbolico, tipico di Carlo, adottato anche da blue27. In “Ophelia” invece si cita “Amleto” di Shakespeare, del rapporto contraddittorio tra i due amanti, lasciando un bello spazio musicale a Nic e Filippo per potersi “scatenare”.
Ecco, all’inizio ho detto che lo spazio tra la prima demo e la prima seria di “Cianotipia”, tutto quello che ha passato Carlo, lo ha raccontato blue27. Probabilmente mancava e serviva proprio questo, un alterego, un tramite, per raccontare e raccontarsi, per rivedersi da fuori, per condividere ciò che tante persone intorno a lui non vedevano, per vivere tutto questo insieme ad altri che non conoscono l’esistenza dello stradone che collega Molini a Fermo, il teatro in cui si muovono i personaggi del disco.
Racconto tutto ciò come niente fosse, ma questo disco ha vissuto ben 5 anni di gestazione. Tra composizione del gruppo, scelta delle basi, mancanza di budget per la registrazione e tante altre peripezie che un artista di un piccolo centro capisce benissimo.
A Fermo, nelle Marche, non ci sono troppe strutture o hotspot per un emergente. Fare musica dalle nostre parti, come in altri punti dimenticati dall’industria musicale, è veramente difficile – di questo ne parleremo in un’altra sede -, ma come ha detto anche Alessio in redazione, se manca qualcosa dalle nostre parti, non dobbiamo vederlo per forza come un ostacolo, ma come uno stimolo per creare da zero.
Ad una certo punto, tra tutti noi, si era proprio diffuso il meme del fatto che questo disco non sarebbe mai uscito. Alla fine ce l’ha fatta: Carlo qualche spiccio, anche facendo il barista nel suo bar (che guarda caso si chiama “Blue Bar“) lo ha racimolato, abbiamo trovato quantomeno chi glie lo distribuisse ed eccoci qui.
Più difficile ancora, forse, gestire la promozione del progetto e organizzare una rete d’esposizione utile a far conoscere il disco; poche sono le realtà che accettano il rischio di prendere pochi like, di uscire dall’algoritmo, di “perdere” visibilità e di scommettere su un progetto che ha ancora pochi ascolti.
Sosa Priority in “Talento Sprecato” dice “quello che fa bello l’arte lega gli arti a loro“, credo che sia molto valido anche in questo caso. Proprio per questo “Cianotipia” è veramente “+ di un figlio”.
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